Se la notte sparisse gli equilibri ecosistemici ne soffrirebbero in modo irreversibile, eppure l’uomo illuminato del ventunesimo secolo pare non preoccuparsene. Protege Noctem di Mattia Balsamini è un "faro" puntato sul problema dell'inquinamento luminoso.
Protege Noctem – If darkness disappeared è un articolato progetto fotografico valso a Mattia Balsamini il titolo di vincitore dell’Open Call di Fotografia Europea 2023 insieme a Camilla De Maffei, autrice di Grande Padre. Coerentemente con il tema della diciottesima edizione del festival – Europe matters: visioni di un’identità inquieta – il fotografo si è concentrato su un argomento che suscita preoccupazione per tutti gli esseri viventi: l’inquinamento luminoso. Nella presentazione del suo lavoro Balsamini elenca dati e informazioni che fanno riflettere: l’83% della popolazione mondiale non ha mai visto la Via Lattea; in megalopoli come Shanghai, sede del più grande museo astronomico del mondo, il 95% delle stelle è invisibile a occhio nudo.
Ancora, le luci artificiali rilasciano uno spettro di colore blu che abbaglia l’ecosistema notturno e danneggia il ciclo circadiano dell’uomo (il ritmo del sonno e della veglia gestito dal sistema endocrino); gli uccelli migratori volano fuori rotta e intere specie di insetti rischiano l’estinzione.
Abbiamo intervistato l’autore per chiacchierare del suo modo di fare fotografia e del suo scrupoloso progetto poi divenuto un libro dall’omonimo titolo.
Come possiamo definire il tipo di fotografia che pratichi?
Utilizzo la fotografia, e più in generale le immagini, con una particolare attenzione e fascinazione nei confronti della tecnologia e delle sue implicazioni e ripercussioni sul singolo individuo e la società. Penso sia una delle chiavi di lettura più efficaci per descrivere non solo il nostro tempo, ma qualsiasi tempo. Il mio lavoro si articola in due filoni: i commissionati per istituzioni, brand e musei e i progetti di ricerca, ai quali dedico i mesi dell’anno in cui non devo occuparmi di lavori per i miei clienti. In entrambi i casi cerco coerenza contenutistica e formale.
Qual è il tema di Protege Noctem?
Da anni concentro la mia ricerca sulla penombra, il crepuscolo e il buio, centro di tutti i miei lavori poi divenuti libro. Per me i luoghi scarsamente illuminati sono i posti ideali in cui muoversi. Ho un’idea di fotografia a cavallo tra il funzionale ed il surreale: ambisco a creare immagini informative e didattiche rispetto ai temi portanti della mia ricerca sulla tecnologia ma cercando di fare in modo che queste, prese singolarmente, possano vivere di un’impalpabile magia sospesa. È un desiderio che deriva dalla mia visione di tutte le cose, dalla voglia di capire ma non necessariamente fino in fondo, altrimenti quella magia potrebbe scomparire.
Com’è nato il progetto?
Per Protege Noctem ho lavorato in collaborazione strettissima di totale co-autorialità con il giornalista Raffaele Panizza, per raccontare un baluardo ecologista. La ricerca è nata da una sovvenzione che ci ha permesso di occuparci insieme di alcune proposte che avevamo da tempo nel cassetto. Le problematiche legate all’inquinamento luminoso da subito sono risultate le più urgenti e abbiamo deciso di procedere investendovi tutto il nostro tempo e le nostre risorse. La sovvenzione permetteva di lavorare con tempistiche ragionevoli almeno ai capitoli iniziali di questa idea, e per me rappresentava l’ennesima opportunità di confrontarmi con il mistero, nonché l’occasione di mettere assieme tutti gli aspetti contenutistici e formali della fotografia che mi interessa sviluppare: dalla concretezza del reportage, all’astrattismo, al ritratto, alla natura vista attraverso uno sguardo empatico.
Raccontare per immagini la scomparsa del buio non sembra cosa facile. Su quali soggetti hai puntato?
Verissimo, in questo è stato decisivo Raffaele, che non è solamente un autore di testi e saggi (contenuti nel libro ed in mostra), ma anche un produttore, un fixer (mediatore, n.d.r.) e in qualche modo un procacciatore di opportunità. Abbiamo lavorato in sinergia per immaginare quali fossero le immagini, i luoghi, le professionalità che potessero riassumere e spiegare al meglio un tema così impalpabile. Questo lavoro è stato costruito sulla base di scenari pianificati. Ci siamo chiesti ‘Come possiamo rappresentare i problemi legati al sonno?’ e siamo finiti in un bunker in Svizzera esclusivamente dedicato allo studio dei pattern del riposo. Alla domanda ‘Come possiamo raccontare e dimostrare che l’inquinamento luminoso sta di fatto sterminando gli insetti?’ abbiamo provato a rispondere recandoci nel più efficace laboratorio di citizen-science europeo, nella Germania centrale, in cui abbiamo potuto vedere coi nostri occhi le sterminate e calcolabilissime quantità di falene, lucciole ed altri insetti notturni che muoiono a causa del nostro stile di vita. È un lavoro che si articola così, su occasioni ricercate e poi valorizzate.
Quali sono esattamente gli effetti negativi che l’eccesso di luce artificiale può avere sulla fauna?
Così come gli esseri umani, anche gli animali – se esposti a dosi eccessive di luce artificiale – possono sviluppare patologie tumorali del seno, della prostata, della pelle e del sistema endocrino. Gli studi epidemiologici più avanzati concordano nel considerare le Artificial Lights At Night (luci artificiali notturne, n.d.r.) come fattore di rischio e utilizzano fotografie satellitari notturne per individuare le fette di popolazione maggiormente esposte.
A Mantova, un gruppo di speleologi ha chiesto alle autorità comunali di spegnere l’illuminazione del Castello di San Giorgio, che aveva causato l’ingresso prematuro delle femmine di pipistrello nel loro periodo di fertilità. A Udine, lo zoologo Luca Lapini del Museo Friulano di Storia Naturale si adopera per proteggere i mammiferi notturni, mentre la città olandese di Nieuwkoop ha sostituito tutta l’illuminazione stradale, facendola virare verso i toni del rosso. In questo modo si proteggono le colonie di pipistrelli da eventuali danni alla retina.
Nella presentazione del lavoro scrivi dell’“alleanza che scienziati e cittadini hanno formato per mobilitarsi contro la scomparsa della notte e delle sue creature”. Ce ne parli?
Te ne posso citare alcuni. C’è Stefano Macchetta, guida ambientale ed escursionistica, che si comporta come un partigiano del buio e combatte la sua battaglia contro un incomprensibile faro che una struttura ricettiva ha deciso di puntare sul proprio edificio, rischiando di annebbiare l’orizzonte; poi ci sono l’astrofisico Alberto Cora dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Torino e il fisico e astrofilo Federico Pellegrino, consapevoli che oltre ad avere valore simbolico e scientifico, un cielo incontaminato può servire da importante richiamo turistico. Hanno lottato assieme, scritto report e fatto rilevazioni, finché le cinquemila stelle visibili dal Santuario di San Magno, nel cuore della Val Grana, in provincia di Cuneo, sono state attenzionate dall’UNESCO che intende includere il luogo tra quelli considerati Patrimonio astronomico dell’Umanità.
In cima al colle Fauniera (valico delle Alpi Cozie, in provincia di Cuneo, n.d.r.), a un’altitudine di 2400 metri, lo Sky Quality Meter ha dato risultati pari a 21.90 mag/arcsec², vale a dire gli stessi livelli riscontrabili in Namibia, patria dell’astrofotografia, o nel deserto del Cile, dove entrerà in funzione il più grande telescopio mai costruito dall’umanità.
Lo Sky Quality Meter (SQM) è uno strumento che consente di registrare nel tempo, a brevi intervalli, il valore della luminosità del cielo tramite il rapporto tra la magnitudine e una data superficie (magnitudine / arcosecondo al quadrato). Il dispositivo consente di analizzare diverse serie temporali rendendo confrontabili i risultati ottenuti in siti a differente inquinamento.
Certamente l’illuminazione è fondamentale per un fotografo. In questo delicato lavoro in cui la luce ha anche un’importanza contenutistica ti sei trovato a ragionare più del solito su come utilizzarla per produrre le tue immagini?
Lavorare in condizione di scarsa luce è molto stimolante, personalmente adoro la morbidezza della luce primaverile ed estiva al crepuscolo e di notte. Sicuramente è una sfida dal punto di vista tecnico, ma in questi anni ho imparato ad abbracciare tutta una serie di errori, difetti e a gestirli come dei valori. Mi piacciono il rumore, la grana, il nero pieno e l’imprevisto di una lunghissima esposizione. È stato interessante prendere in prestito tecniche della fotografia naturalistica, ma senza volerle rubare fino in fondo e mantenendo, appunto, l’imprevedibile. Ho cercato di alternare immagini con poca o troppa luce per rimanere coerente al racconto. Ci sono immagini al limite del visibile in entrambi gli estremi a mio avviso.
Di quale attrezzatura ti sei servito?
Spesso ho usato solo la luce naturale a disposizione, ma in molti casi ho scelto di ‘accecare’ i miei soggetti utilizzando una luce flash molto potente che potesse farli emergere dello sfondo notturno. Ho scelto quindi un atteggiamento quasi predatorio che stridesse completamente con l’illuminazione notturna. Ho lavorato con una fotocamera reflex digitale e una medio formato analogica, a colori e in bianco e nero, servendomi anche di attrezzature da laboratorio specifiche del campo della microbiologia. Ma soprattutto ho commissionato immagini a biologi ed astrofotografi, con cui ho lavorato a stretto contatto per ottenere i risultati che immaginavo, impossibili da ottenere con i miei mezzi. Non credo di aver mai usato una varietà così ampia di mezzi fotografici.
Hai lavorato a Protege Noctem con il chiaro intento di farne un libro o è stata una decisione successiva?
È nato tutto con l’idea di creare un long form destinato all’online. Mentre poi il lavoro cresceva, si espandeva e diventava sempre più complesso da narrare in poco spazio, è apparsa evidente la necessità di dare a tutto maggior respiro. Abbiamo iniziato a ragionare dopo qualche mese di lavorazione e viaggi.
Titolo Protege Noctem
Formato 21×28,5cm
Immagini in bianco e nero e a colori
Pagine 200
Lingua inglese
Prezzo 40 euro
Editore witty-books.com
Bio
Mattia Balsamini (Pordenone,1987) si trasferisce a Los Angeles nel 2008, dove inizia i suoi studi al Brooks Institute of California con specializzazione in fotografia pubblicitaria. Nel 2010 inizia a lavorare presso lo studio di David LaChapelle come assistente di studio e archivista. Nel 2011, dopo aver conseguito un BA con menzione d’onore, torna in Italia. Da allora insegna fotografia all’Università IUAV di Venezia oltre a fotografare ampiamente la tecnologia e le sue implicazioni sociologiche, concentrando la sua attenzione sul lavoro come fattore di identità dell’uomo. Negli anni ha realizzato progetti personali ed editoriali per istituzioni come MIT, NASA e Institute of Forensic Medicine University of Zurich. Le sue immagini rivelano un interesse per le persone e le loro storie, gli aspetti funzionali della tecnologia e gli elementi grafici dell’ordinario. Ha esposto alla Triennale di Milano, al MAXXI, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e all’Istituto Italiano di Cultura di San Francisco. Attualmente è rappresentato dall’agenzia fotografica Contrasto.
Sta per arrivare la diciottesima edizione del Festival Fotografia Europea, fresco vincitore dei Lucie Awards 2022 come miglior festival della fotografia dell’anno.
Promosso e prodotto da Fondazione Palazzo Magnani insieme al Comune di Reggio Emilia, l’evento ruota quest’anno attorno al tema “Europe matters: visioni di un’identità inquieta”, che invita a una riflessione sull’idea di Europa e sugli ideali che la costituiscono. I lavori dei fotografi, dunque, raccontano incertezze identitarie e dilemmi sulle attuali condizioni del mondo multiculturale in cui viviamo.
Dal 28 aprile all’11 giugno, oltre alle mostre degli autori coinvolti è previsto un programma di incontri, conferenze, presentazioni di libri e attività legate al mondo della fotografia.