Fotografia civica e militante di Mario Dondero
Milano rende omaggio a uno dei suoi figli, Mario Dondero, quel fotografo che più di tutti seppe raccontare la gente, o meglio le storie che risiedono dietro e dentro le persone, spinto da una pulsione civica, militante, dalla necessità di fermare quel sentimento come patrimonio di una comunità. La mostra Mario Dondero. La libertà e l’impegno, a cura di Raffaella Perna, a Palazzo Reale di Milano fino al 6 settembre, riproduce fedelmente lo spirito girovago di Dondero, il suo costante viaggiare, il suo eterogeneo amore per la vita, per le storie che incontrava accidentalmente per strada, ma anche per quelle che mostravano la vicinanza a suoi amici, agli ambienti intellettuali che era solito frequentare come al Bar Jamaica di Milano.



Documentare l’umanità
È come se in giro per il mondo – che fosse in Irlanda, in Francia o in Italia – usasse costantemente la sua macchina fotografica come rilevatore e rivelatore di umanità, palpitante e affettiva. Raffaella Perna ci racconta una delle immagini della mostra, una, forse, delle più iconiche di Mario Dondero, quella scattata a Parigi nel 1959, che immortala gli esponenti della corrente letteraria Nouveau Roman.
Mario Dondero: lasciarsi coinvolgere dalla storia
Il particolare strabiliante delle immagini di Dondero, di tutte le immagini di Dondero, è sicuramente la sua partecipazione umana allo scatto, il suo trasmettere alla rappresentazione di ciò che gli si manifestava davanti un coinvolgimento emotivo ed emozionale, ancora più il suo essere nella storia, in quella storia. Le immagini esposte a Palazzo Reale sono varie ed eterogenee, abbracciano uno spettro temporale molto vasto – dagli anni Cinquanta fino ai primi anni Dieci del XXI secolo – ma in tutte emerge lo stesso tentativo, da parte di Dondero, di caricare le fotografie di un sentimento di appartenenza e di intimità.
Raffaella Perna ci racconta di questa sua particolare modalità di narrazione attraverso una specifica immagine: Alberto Giacometti e Carlo Bavagnoli alla Biennale di Venezia del 1962.
Un reportage sociale intimo e sensibile
L’”aria di famiglia” – di cui parla Raffaella Perna e che la curatrice teoricamente e visivamente applica, come una sottotraccia, all’intera produzione di Mario Dondero – si manifesta anche in uno specifico ritratto, Pier Paolo Pasolini con la madre Susanna, Roma 1962, con cui il fotografo colse non solo figurativamente Pier Paolo Pasolini con la madre, ma anche simbolicamente la dimensione privata di un intellettuale che riversava nel legame materno la sua forza umana.
Mario Dondero ha reso il reportage sociale il suo modo per raccontare, oltre al mondo di cui era spettatore, anche la sua sensibilità e proprio tramite il suo sguardo carico di empatia ed emozione è riuscito a raccontare un’umanità non ideale, ma viva, animata dalla complessità del reale.

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