Adele Marini ci racconta l’acquisizione dell’archivio di Luciano D’Alessandro e la figura del fotografo partenopeo
La dispersione degli archivi fotografici, alla morte dell’autore, è un argomento molto caldo nel panorama della conservazione e della valorizzazione del patrimonio fotografico nazionale. Lo è al punto da portare all’ideazione, nel 2017, di un piano strategico ministeriale, denominato Stati Generali della Fotografia e coordinato da Lorenza Bravetta, consigliere del MIBACT. Il piano aveva, tra le altre cose, lo scopo di mappare il patrimonio fotografico sparso in giro per lo “stivale”, tra istituti, fondazioni ed enti pubblici, ma anche soggetti privati che detengono, magari per eredità, interi e importanti corpi fotografici di autori scomparsi. Il rischio infatti è che in mani non troppo avvezze quel grande patrimonio fotografico possa finire, come il suo autore, nell’oblio del tempo.
Per questo motivo, storie come quella dell’archivio di Luciano D’Alessandro, grande fotografo e fotoreporter del XX secolo fanno bene al cuore e anche al nostro patrimonio nazionale. A raccontarcene le vicende Adele Marini, proprietaria dell’omonima Libreria Marini di Roma, ora detentrice e unica responsabile dell’immenso archivio del fotografo partenopeo.
Proprio in virtù di un lavoro di valorizzazione e promozione dell’archivio di Luciano D’Alessandro risulta importante la mostra Il tempo sospeso. Focus su Luciano D’Alessandro, fino al 2 aprile presso Magazzini Fotografici a Napoli, a cura di Yvonne De Rosa, con la collaborazione di Adele Marini. Focus dell’esposizione, oltre a progetti già noti al panorama fotografico italiano, come Dentro le case o Gli Esclusi, molti scatti e provini a contatto inediti, racchiusi da D’Alessandro, prima della sua morte, in un faldone denominato LOVE, contenitore dei suoi momenti più intimi, del suo universo privato che difficilmente mostrava.
La sua fotografia, quella che tutti abbiamo imparato a conoscere nei decenni, è, infatti, una fotografia sociale, militante, che spesso porta alla luce per prima cosa la condizione dell’uomo. D’Alessandro amava, infatti, perdersi nel magma dell’esistenza umana, vagare per le città e trovare, “per caso”, il momento decisivo bressoniano, come nel caso del famoso scatto con cui colse, a Capri negli anni Settanta, una coppia mentre faceva l’amore tra gli scogli. Adele ci accompagna, con il suo racconto, alla scoperta di quell’immagine.
Luciano D’Alessandro aveva una specifica tensione verso gli ultimi, più volte ripresi nella sua Napoli, verso coloro che erano socialmente ai margini del paese, come all’ospedale psichiatrico di Nocera Superiore a Salerno nella metà degli anni Sessanta, verso i soprusi e le ingiustizie, come dimostra la sua “foto manifesto” del disoccupato con accanto un bambino (Il disoccupato, Gragnano, 1956), dopo la quale il suo percorso di fotografo non poté far altro che continuare su quella strada.
Ed ancora: manifestazioni, dignità, lavoro, proteste operaie. Il suo idealismo, il suo spirito umanista, la sua visione partecipativa che congiungeva ogni storia immortalata con la Storia. Adele Marini condivide con noi un ricordo indiretto di Luciano D’Alessandro, nato dalla diretta voce di Lisetta Carmi, sua amica fraterna e fotografa con cui condivideva progetti e un’attenzione particolare nel raccontare quelle storie che altrimenti sarebbero rimaste nella zona d’ombra del nostro sguardo.

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