In passato avevamo già chiacchierato con Francesco Zizola a proposito del suo progetto in corso d’opera intitolato Hybris, che indaga il rapporto tra uomo e natura secondo i quattro elementi naturali dell’acqua, dell’aria, del fuoco e della terra. In quell’occasione Francesco aveva già prodotto i capitoli sull’acqua e sull’aria, secondo un’estetica straniante ben precisa e impostata, applicando alle immagini un valore enigmatico. Zizola, infatti, in Hybris riflette sulla natura dell’immagine, facendo leva sulla sua ambiguità.
Lo stesso processo viene usato anche per il suo nuovo progetto Ignis Custodes, risultato di una residenza d’artista ad Agnone, in provincia di Isernia, che sarà esposto nella stessa città molisana, dal 13 dicembre a settembre 2025, a Palazzo San Francesco, a cura dell’associazione culturale Il Cavaliere di San Biase.
Agnone è una città famosa per il suo stretto legame con l’elemento del fuoco, qui infatti va in scena una manifestazione molto importante legata al fuoco, la ’Ndocciata.
Proprio ad Agnone, inoltre, c’è una delle fonderie più antiche al mondo, la Fonderia Marinelli. Sfruttando il patrimonio culturale e rituale della città, Zizola ha portato avanti una residenza d’artista che gli ha concesso di produrre delle immagini che, in parte, andranno a comporre il suo terzo capitolo di Hybris, per l’appunto, il capitolo sull’elemento del fuoco.
Abbiamo ristabilito il contatto con Francesco per sapere come il suo lavoro sta evolvendo.
La tua mostra Ignis Custodes, le cui immagini faranno parte del terzo capitolo del tuo progetto Hybris, è il risultato di una residenza d’artista fatta ad Agnone. Cosa congiunge questa cittadina alla tua ricerca?
Ignis Custodes è frutto della ricerca che sto effettuando da qualche anno sul tema della “hybris” dell’essere umano contemporaneo nei confronti della natura. L’elemento fuoco nel mio progetto rappresenta l’energia e ha una valenza positiva quando viene usato, con misura e scienza, per migliorare le condizioni di vita della comunità degli umani senza compromettere in modo irreversibile l’ecosistema. Viceversa, quando l’energia cercata nel fuoco libera forze distruttrici è piena espressione della “hybris contemporanea”, dell’oltrepassare i confini, non riconoscendo i propri limiti.
La residenza ad Agnone è stata un’opportunità di sviluppare una ricerca nel senso positivo. Se alcune immagini realizzate ad Agnone andranno a comporre un tassello del mio progetto lo dirà il tempo, è parte del mio metodo, infatti, lasciare “decantare” le immagini prodotte alcuni mesi se non anni, prima di decidere di portarle dentro la versione ultima del progetto.
Agnone in questo senso ha rappresentato un laboratorio ideale perché molte delle sue attività economiche e delle tradizioni sono strettamente connesse al fuoco.
Il fuoco di Agnone è utilizzato da artigiani, artisti e contadini che, sin dalla notte dei tempi, hanno imparato a sfruttare il potere trasformatore del fuoco, manipolandolo con rispetto e timore. Il fuoco ad Agnone ha dei veri e propri custodi che tramandano queste antiche conoscenze di generazione in generazione. Da qui nasce, infatti, il titolo della mostra Ignis Custodes. In un mondo che sembra non conoscere rispetto per l’ecosistema, piegato sempre più alle ragioni del profitto illimitato, è stato emozionante incontrare una comunità che si ostina a tramandare il rispetto per gli elementi della natura, senza rinunciare a godere dei benefici che essi elargiscono.
Come per Mare Omnis e per Consequentia Mirabilis, anche per Ignis Custodes hai continuato a creare delle “trappole visive” che lasciassero allo spettatore l’interpretazione delle immagini. Puoi rivelarci con che materiali hai lavorato e cosa volevi che rappresentassero?
Sì, anche in questo caso ho privilegiato una ricerca che propone l’estetica interrogativa come metodo di conoscenza. Nella mostra però cerco di inserire anche un omaggio al territorio che mi ha ospitato e quindi, in alcuni polittici o sezioni del percorso espositivo, svelo l’oggetto che ha guidato la ricerca e da cui sono partito originariamente. Ad esempio, quando siamo di fronte al polittico dedicato al fuoco in relazione alla trasformazione del latte in latticini questi ultimi diventano forme che rimandano all’origine dell’Universo, con diversi pianeti e lune perse nel profondo buio del cosmo. Il polittico, inoltre, ha al centro un’immagine che lascia intravedere come la materia visiva viene generata da una forma di un latticino tipico della zona. Oppure quando l’allestimento espositivo ci porta davanti a forme fantasmagoriche di materia liquida, al centro dell’installazione troviamo una bocca di fusione che però vuole essere anche allusione all’origine del mondo.
Chi sono le persone che hai ritratto?
Il titolo scelto, Ignis Custodes, viene proprio da questa sezione, quella dei ritratti. Sono tutte persone che ho incontrato durante i sopralluoghi nelle realtà che ad Agnone hanno a che fare con il fuoco, sia sotto l’aspetto produttivo che per l’aspetto rituale. Ho creato un set di ripresa in cui controllare non solo l’illuminazione ma anche la resa simbolica. Ho infatti usato, sia per i ritratti che per la ricerca sulla materia, una macchina del fumo per simulare l’effetto della nebbia, che rappresenta la diacronia, la linea del tempo.
E quanto ha influito la postproduzione sul lavoro?
Per il progetto ho deciso di usare il bianco e nero come paradigma interpretativo del tema. La sottrazione dei colori, per via della postproduzione digitale, mi consente di chiarire subito che le opere che produco hanno a che fare con il pensiero sulla realtà e non con la realtà medesima. Questa è la premessa a cui segue poi un accorto equilibrio tra visibile ed invisibile nel dosaggio delle luci e delle ombre.
Per quanto riguarda la strumentazione fotografica, quanto è cambiata dal passaggio da fotoreporter a una fotografia maggiormente autoriale?
Ho sempre scelto gli strumenti in base alle necessità e anche per Ignis Custodes è stato lo stesso. Quando operavo in ambienti che lo richiedevano, come all’interno delle Fonderie Marinelli ad esempio, ho usato macchine pratiche ed leggere, sempre di qualità, mentre, per le immagini prodotte in studio, mi sono servito di strumenti più completi e dotati, ma anche più pesanti ed ingombranti.
I primi due capitoli li hai sviluppati con piena libertà artistica, il fatto di aver avuto una commissione, in questo caso, che apporto ha dato alla resa del tuo lavoro?
Questa residenza l’ho portata avanti come un’indagine sul territorio di Agnone, quindi le opere dovevano essere in qualche modo legate ad esso, alla sua storia e alle sue tradizioni. Il progetto di residenza però, originariamente, è nato da un confronto con l’associazione culturale Il Cavaliere di San Biase e la professoressa Bindi, antropologa, proprio in relazione al tema del fuoco, su cui stavo già lavorando. Entrambe, sia l’associazione che la professoressa, si sono fidate delle mie idee e mi hanno lasciato totale libertà. Ho potuto così sperimentare soluzioni creative inedite.
L’ultimo capitolo sarà sull’elemento della terra. Hai già qualche idea? Ci puoi anticipare qualcosa?
Diciamo che, per ora, sto continuando a lavorare sull’elemento del fuoco, soprattutto sulla rappresentazione della distruzione dell’ecosistema. Per la terra ho iniziato una ricerca, di cui sono abbastanza soddisfatto, ma dovrò ancora lavorarci e ci vorrà del tempo per vederne i frutti.
Francesco Zizola. Ignis custodes
- A cura di Associazione Il Cavaliere di San Biase APS
- Palazzo San Francesco, via Beato Antonio Lucci – Agnone (SI)
- dal 13 dicembre 2024 a settembre 2025
- lun-gio 9-13, ven-sab 9-18
- ingresso gratuito