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Home CULTURA INTERVISTE

Ernst Scheidegger, il fotografo polivalente che ritrasse i grandi artisti internazionali del Novecento

In mostra il dialogo stretto e inedito tra il fotografo svizzero e gli artisti che divennero, negli anni Cinquanta, i soggetti dei suoi ritratti più famosi.

Francesca Orsi di Francesca Orsi
20 Febbraio 2024
in INTERVISTE
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Ernst Scheidegger, Salvador Dalí nel suo atelier a Portlligat, ca. 1955. © Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zürich
Salvador Dalí nel suo atelier a Portlligat, ca. 1955. © Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zürich

Lugano (Svizzera)

Dal 18 febbraio al 21 luglio 2024

Il MASI di Lugano indaga da tempo gli archivi sommersi, soprattutto quelli di autori svizzeri. È stato così, ad esempio, l’anno scorso per la mostra Werner Bischof. Unseen colour, un’esposizione che ha portato agli occhi del pubblico, per la prima volta, il patrimonio inedito del fotografo Magnum nato a Zurigo. Con lo stesso approccio di ricerca è stata affrontata anche quella parte dell’archivio di Ernst Scheidegger finora mai vista, o comunque poco conosciuta, che include il decennio 1945-1955.

Ernst Scheidegger, Max Bill insegna teoria delle forme alla Scuola di arti applicate di Zurigo, ca. 1946. © Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zürich; 2024, ProLitteris, Zurich
Max Bill insegna teoria delle forme alla Scuola di arti applicate di Zurigo, ca. 1946. © Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zürich; 2024, ProLitteris, Zurich

Nato a Rorschach nel 1923 e morto a Zurigo nel 2016, Ernst Scheidegger divenne famoso, nella metà degli anni Cinquanta, per i suoi ritratti di artisti internazionali, Chagall, Arp, Giacometti, Max Bill, Dalì, colti nei loro studi a Parigi, in Svizzera e in altre parti del mondo. La mostra Faccia a faccia. Omaggio a Ernst Scheidegger, ospitata al MASI di Lugano fino al 21 luglio, a cura di Tobia Bezzola, direttore del Museo, e Taisse Grandi Venturi, si concentra, per l’appunto, su questa serie di ritratti e su quelle immagini, prodotte dal collaboratore dell’agenzia Magnum, tra il 1945 e il 1955, finora celate ai più. L’esposizione mette in rilievo l’eterogeneità del linguaggio di Scheidegger, la sua evoluzione nel tempo e, inoltre, le influenze che gli artisti del Novecento ebbero sul suo pensiero creativo. Ne abbiamo parlato con i due curatori della mostra.

Ernst Scheidegger, Hans Arp nel suo atelier di Meudon, Parigi, ca. 1956. © Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zürich; 2024, ProLitteris, Zurich
Hans Arp nel suo atelier di Meudon, Parigi, ca. 1956. © Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zürich; 2024, ProLitteris, Zurich
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Quale fu l’evoluzione dell’opera di Ernst Scheidegger?

TGV: Uno degli aspetti più interessanti della figura di Scheidegger è che la sua opera fotografica si inquadra in una concezione più ampia della creazione visiva, includendo, secondo l’insegnamento del Bauhaus, non solo la fotografia di architettura, oggettuale e pubblicitaria, ma anche la grafica, la progettazione di mostre e di libri, l’impaginazione di riviste e la produzione di film. Questa polivalenza emerge anche quando ci si confronta con la sua sola produzione fotografica che, di volta in volta, risente delle sue diverse destinazioni. Stilisticamente, dal percorso espositivo, emerge il forte impegno sociale delle prime fotografie, l’approccio più da fotoreporter, successivamente le sue composizioni si rendono più ariose, chiare ed elegantemente calcolate, come nei suoi famosi ritratti d’artista.

Ernst Scheidegger, Fritz Glarner nel suo atelier di Parigi, ca. 1955. © Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zürich; 2024, ProLitteris, Zurich
Fritz Glarner nel suo atelier di Parigi, ca. 1955. © Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zürich; 2024, ProLitteris, Zurich

Tra la produzione iniziale degli anni Quaranta e i ritratti d’artista degli anni Cinquanta, che lo resero famoso, si nota un cambio di rotta stilistico. A cosa è dovuto?

TB: Nel 1954 l’agenzia Magnum, con cui aveva iniziato a collaborare tramite il suo mentore Werner Bischof, aveva previsto di mandare lui in Vietnam, non Robert Capa, poi le disposizioni cambiarono e Scheidegger andò a fare un servizio in Egitto e Capa trovò la morte a Thai Binh. Questa vicenda condizionò moltissimo la sua vita, e soprattutto la sua attività di fotografo, considerando, inoltre, che il 16 maggio dello stesso anno morì anche lo stesso Werner Bischof. Dopo questi eventi traumatici, Ernst Scheidegger abbandonò l’approccio sociale e umanista della fotografia, continuando, comunque, a servirsene come linguaggio creativo, ma con declinazioni diverse, in un contesto più ampio, come regista, editore, grafico. Con questo rinnovato pensiero sulla fotografia come arte applicata diede avvio alla serie dei ritratti d’artista.

Uomo con palloncini, probabilmente fine anni Quaranta. © Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zürich
Bambini nel Sud Italia, ca. 1948. © Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zürich
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In che modo?

TB: Gli artisti che fotografava erano sempre persone con cui lui avevano un rapporto diretto, di amicizia, ma soprattutto professionale. Come dicevo prima, dopo gli anni Cinquanta, Scheidegger ampliò il suo panorama creativo, diventando anche editore, grafico e molto altro, di conseguenza per i suoi soggetti non era più solo un fotografo, ma un creativo in senso lato. Molti ritratti prodotti in quel periodo, ora qui in mostra, si inserivano, ad esempio, in progetti editoriali per libri o riviste o per la produzione di un film, e l’intento era quello di cogliere gli artisti nel loro ambiente di lavoro, nel pieno del loro fare artistico.

Donna con bassotuba all’esterno di un tendone da circo, ca. 1949. © Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zürich
Partita di hockey su un lago ghiacciato, primi anni Sessanta. © Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zürich
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Una sezione specifica della mostra riguarda i ritratti che Scheidegger fece ad Alberto Giacometti a Parigi, nel suo studio di Montparnasse. Il loro rapporto ebbe riflessi sulla produzione del fotografo?

TB: Tra gli artisti che Scheidegger ritrasse Max Bill fu, sicuramente, l’artista che più influenzò il suo pensiero e la sua ricerca visiva rigorosa, geometrica, costruttivista. Con Giacometti fu più un rapporto privato, portato avanti semplicemente per un sentimento di amicizia, oltre che di stima creativa.

TGV: Il lungo legame d’amicizia tra il fotografo e il pittore nasce nel 1943 in Val Bregaglia, in Svizzera, dove Scheidegger era arruolato e Giacometti risiedeva in quel momento, per poi spostarsi a Parigi dove entrambi si ritrovarono a vivere. Per un certo periodo, Scheidegger passava a trovare Giacometti quasi ogni giorno, nel suo atelier. Un privilegio che gli consentì di rubare scatti emblematici, come il ritratto che figurava sulla vecchia banconota svizzera da cento franchi. Fino alla morte di Giacometti, nel 1966, Scheidegger documenterà l’uomo, i suoi processi creativi e le sue sculture in una serie di immagini che rivelano il profondo e peculiare rapporto di fiducia instauratosi tra l’artista e il fotografo.

Ernst Scheidegger, Alberto Giacometti dipinge Isaku Yanaihara nel suo studio parigino, 1959. © Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zürich; works Alberto Giacometti © Succession Alberto Giacometti / 2024, ProLitteris Zurich
Alberto Giacometti dipinge Isaku Yanaihara nel suo studio parigino, 1959. © Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zürich; works Alberto Giacometti © Succession Alberto Giacometti / 2024, ProLitteris Zurich
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Faccia a faccia. Omaggio a Ernst Scheidegger

  • A cura di Tobia Bezzola e Taisse Grandi Venturi
  • MASI Lugano, sede LAC, piazza Bernardino Luini, 6 - Lugano
  • dal 18 febbraio al 21 luglio 2024
  • martedì, mercoledì e venerdì 11 – 18; giovedì 11 – 20; sabato,domenica e festivi 10 – 18. Lunedì chiuso
  • intero 20 CHF (circa 21 euro), ridotto 16 CHF (circa 17 euro)
  • masilugano.ch
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