Luisa Dörr, con le sue immagini, è solita raccontare il mondo femminile, soffermandosi sulle sue tradizioni e i suoi costumi. L’abbigliamento di una popolazione per lei significa storia, significa provenienza e radici, e seguendo questa specifica ricerca si è imbattuta in un collettivo femminile boliviano, le ImillaSkate, che ha raccontato nel suo progetto Imilla, esposto fino al 14 aprile a Mantova alla Biennale della fotografia femminile.
Le ragazze, appartenenti a questo gruppo di giovani boliviane, sfrecciano per le strade di Cochabamba con i loro skateboard, indossando delle tipiche gonne indigene, le “polleras”, come atto di rivendicazione e di libertà espressiva. Luisa usa la loro storia per parlare della società indigena boliviana, delle sue donne, nello specifico, di quelle tradizioni che grazie alla ImillaSkate non verranno perdute nella vastità del panorama contemporaneo. Abbiamo intervistato Luisa Dörr per farci raccontare il suo progetto.
Ci racconti la storia delle “ImillaSkate” e come sei venuta in contatto con loro?
Le ImillaSkate di Cochabamba, in Bolivia, sono un gruppo di ragazze che rivendicano le proprie radici indigene indossando le polleras (ampie gonne utilizzate principalmente nelle feste tradizionali e nel folklore in tutta l’America Latina di lingua spagnola) mentre fanno skateboard, promuovendo l’inclusione e l’accettazione della diversità. Il collettivo è stato creato nel 2019 e vi entrai in contatto tramite Instagram.
Guardando le immagini del profilo di questo gruppo di ragazze ho sentito subito il bisogno di saperne di più. È proprio la mia curiosità, solitamente, la spinta iniziale dei miei progetti, un intimo bisogno di espandere il mio piccolo universo personale. Inoltre, ho pensato che un lavoro fotografico su di loro sarebbe stato una buona occasione per trattare alcune questioni rilevanti: giovani donne, minoranze, identità, etnografia, sport, politica, patrimonio culturale, autenticità, raccontandole secondo una narrazione non stereotipata.
Le ragazze non indossano le polleras durante l’intera giornata, ma solo quando usano lo skateboard, perché?
Le polleras boliviane sono state, per decenni, simbolo di unicità ma anche oggetto di discriminazione. Solitamente vengono indossate quotidianamente dalle donne, come principale stile di abbigliamento; le ImillaSkate, invece, le riservano alle occasioni speciali, per spettacoli, interviste e altri eventi volti all’emancipazione delle donne e alla promozione di un messaggio di inclusione e accettazione della diversità. Attraverso la loro scelta deliberata di quando e come indossare queste gonne, affermano la loro autonomia e apportano all’identità indigena un’interpretazione moderna, che abbraccia la tradizione e allo stesso tempo sostiene il progresso sociale e l’uguaglianza di genere.
Quanto è importante, nella tua documentazione, la resa estetica di queste ragazze?
Il mio progetto serve a rendere manifesto un concetto di bellezza non stereotipato, non secondo i canoni occidentali. In Occidente non c’è spazio per altri tipi di bellezza, ci sono modelli da seguire che non investono solo l’estetica dei volti, dei capelli, il volume del corpo, ma anche la moda e il modo di vivere. ImillaSkate è stato un ottimo strumento per promuovere alcune bellezze tradizionali, e non conformi al gusto standardizzato, che per anni sono state escluse dalla vetrina del mondo. Quindi, sì, il mio progetto ha una resa estetica pronunciata, per dare la giusta voce anche ad altre forme di mode e gusti, ad altre identità che non hanno perso le loro tradizioni e le loro radici.
Il tuo progetto sulle ImillaSkate vuole essere anche una panoramica più estesa sulla condizione delle donne indigene boliviane…
La società indigena boliviana è una delle società matriarcali più forti che abbia mai osservato: le donne hanno una grande rilevanza sociale e vengono rispettate, svolgono lavori faticosi, che solitamente in Europa vengono affidati a uomini, come project manager nei cantieri o autisti di camion.
Nella società boliviana, però, i popoli indigeni – e dunque anche le donne – sono tutt’oggi soggetti a discriminazioni ed esclusioni, retaggio dell’epoca dei conquistadores. Solo di recente, con l’aiuto e il lavoro di Evo Morales [sindacalista ed ex presidente della Bolivia, in carica dal 2006 al 2019, n.d.r.], queste persone stanno finalmente recuperando potere e dignità.
ImillaSkate è, emblematicamente, un effetto collaterale di tutto questo cambiamento. Le sfide, che la popolazione indigena deve ancora affrontare sul territorio boliviano, persistono, e io vorrei dare il mio apporto illuminandone la bellezza e la resilienza in mezzo alle avversità. Le donne indigene boliviane non sono solo i soggetti delle mie immagini, ma fari di ispirazione per una società più inclusiva ed equa.
In generale, nei tuoi progetti, riservi molta attenzione alla rappresentazione dei vestiti tradizionali di culture differenti. Cosa simboleggiano?
Il mio sguardo si concentra solitamente sull’universo femminile, letto con un punto di vista etnografico. Indipendentemente dalla popolazione di appartenenza, i vestiti delle donne, per me, sono contemporaneamente avatar e armature, e questo mi affascina molto. La maggior parte di loro li usa come messaggio pubblico rivolto agli altri, per raccontare delle storie, per esprimere un pensiero. D’altronde, anche le persone che non si preoccupano affatto di come si vestono stanno già facendo una dichiarazione. Nel mio caso particolare, per la mia ricerca fotografica, mi interessano gli abiti tradizionali ed etnografici perché raccontano storie sulle persone che li indossano e anche storie sul contesto sociale.