Branco di lupi artici (Canis lupus arctos) fotografati a -35 °C sull’ Isola di Ellesmere, Nunavut, Canada.
Dati di scatto: fotocamera Canon EOS R5, obiettivo Canon RF 24-105mm f/4L, 1/1250sec, f/11, ISO 2000
Il Wildlife Photographer of the Year gode di una salute di ferro. È arrivato alla sua sessantunesima edizione ed è la più importante vetrina a livello mondiale per i fotografi naturalisti, confermando che la qualità del loro lavoro e la loro competenza etologica continua a crescere. Ciò premesso, da qualche anno c’è qualcosa che mi turba non poco: la scelta dell’organizzazione di diffondere una manciata di scatti per anticipare la qualità e la potenza del concorso 2025. Poi a metà ottobre, quando saranno proclamati i vincitori assoluti e di categoria, ci sarà un nuovo annuncio, creando un duplice appuntamento mediatico: oggi e dopo.
Nel Parco Nazionale di Samburu (Kenya) tre giovani ghepardi (Acinonyx jubatus), sotto la guida della madre (fuori inquadratura), affinano le tecniche di caccia con un dik-dik di Günther (Madoqua guentheri): un passo decisivo verso l’indipendenza e la sopravvivenza.
Dati di scatto: fotocamera Canon EOS R3, obiettivo Canon EF 600mm f/4L, 1/1250sec, f/8, ISO 6400
È per il WPY una strategia relativamente nuova, introdotta nelle più recenti edizioni della competizione. Non ci si limita ad annunciare vincitori e numeri, ma si comincia a gestire la notizia, a costruire l’attesa, dando al pubblico e ai media più di un’occasione per parlare dell’evento. Devo dire che questo cambiamento, in un concorso rigorosamente british style, mi ha sconvolto la prima volta e in parte continua a farlo.
Un bradipo tridattilo dalla gola bruna (Bradypus variegatus) attraversa la strada e si aggrappa a un palo di filo spinato a El Tanque, San Carlos, Alajuela, Costa Rica. Con la frammentazione degli habitat, i bradipi sono sempre più spesso costretti ad attraversare zone antropizzate per passare da un albero all’altro della foresta. Per aiutarli, il governo e le ONG locali stanno creando corridoi biologici utili a facilitare i loro spostamenti.
Dati di scatto: fotocamera Canon EOS 5D Mark IV, obiettivo Sigma 24mm f/1.4, 1/1600sec, f/7.1(+0.33 e/v), ISO 800
Tornando a parlare di fotografia, il WPY è anche un concorso che nella sua storia ha assegnato una sola volta il titolo di Wildlife Photographer of the Year, il più prestigioso, ai nostri pur eccellenti fotografi naturalisti.
È accaduto nel 2005, quando il titolo è andato a Manuel Presti, con la sua fotografia dei cieli di Roma dove un falco pellegrino dà la caccia a una nuvola di storni che si difendono fuggendo. Un comportamento etologico che ha ispirato i lavori di Giorgio Parisi, premiato con il Nobel per la Fisica del 2021.
Vale la pena di ricordare che lo scatto di Presti è stato l’immagine di copertina del numero 18 di FOTO Cult, distribuito in edicola nel dicembre 2005.

Minuscole sfere riproduttive (1-2mm) di una muffa melmosa (Myxomycetes) su un tronco caduto: un paesaggio quasi alieno, con accanto persino un minuscolo uovo giallo di insetto. L’immagine è frutto di un focus stacking di settantotto fotografie scattate nel bosco Slindon Wood, West Sussex, Inghilterra.
Dati di scatto: fotocamera Canon EOS R5, obiettivo Canon MP-E 65mm f/2.8 1-5x Macro, 0,6 secondi, f/5.6, ISO 200
WPY 2025: alcune anticipazioni
Veniamo ora all’anteprima vera e propria, segnalando innanzitutto la regola con cui sono stati scelti gli scatti del portfolio. Vengono rese pubbliche solo alcune immagini scelte tra le highly commended (le menzioni speciali o menzioni d’onore). Al contrario le immagini dei vincitori di categoria (primo, secondo, terzo posto nelle varie sezioni, comprese quelle relative ai due titoli massimi, Wildlife Photographer of the Year e Young Photographer of the Year) sono tenute strettamente segrete fino alla cerimonia di premiazione che avrà luogo martedì 14 ottobre 2025 al Natural History Museum di Londra.
Una femmina di leone (Panthera leo) fronteggia un cobra egiziano (Naja haje) prima di un drammatico scontro. Il cobra egiziano, raro nel Serengeti, rappresenta una delle specie di cobra più antiche e iconiche del continente africano.
Il Parco Nazionale del Serengeti, in Tanzania, ospita una delle più grandi popolazioni di leoni al mondo, con circa 3.000 esemplari. Questi predatori trascorrono fino a 20 ore al giorno a riposare, conservando energie preziose per la caccia.
Dati di scatto: fotocamera Fujifilm X-S10, obiettivo Tamron 150-500mm f/5-6.7 a 288 mm, 1/1600sec, f/5.6, ISO 250
Sguardo su alcuni scatti del Wildlife Photographer of the Year 2025
Mi limito a commentare brevemente solo alcuni degli scatti e rimandando, per gli altri, alle didascalie. Comincio dalla fotografia di Gabriella Comi (Italia), che ha immortalato l’incontro fra un leone e un cobra: una scena che ha in sé qualcosa di epico, simbolico, che va oltre il documento naturalistico per sfiorare quasi la mitologia, come se si trattasse di un incontro tra due divinità. Di tutt’altro tono è il ritratto di un branco di lupi artici ( in apertura di questo articolo) realizzato da Amit Eshel (Israele): animali sorpresi in un momento sociale, in un’immagine scattata in mezzo a loro che suscita empatia più che timore. A questo proposito è d’obbligo una citazione dedicata al più importante lavoro mai realizzato sul lupo artico, White Wolf: Living With an Arctic Legend (1988) di Jim Brandenburg, uno dei più grandi fotografi naturalisti di tutti i tempi, che è mancato nel mese di aprile di quest’anno poco prima di compiere ottant’anni.
Ad Ampara, Sri Lanka, un elefante asiatico (Elephas maximus) cerca cibo tra cumuli di rifiuti. La plastica ingerita è spesso fatale: un’immagine potente della fragilità della convivenza tra uomo e natura.
Dati di scatto: drone DJI Mavic 3 Pro + obiettivo Hasselblad L2D-20c 24mm f/2.8, 1/320sec, f/4, ISO 200
L’elefante tra la plastica di Lakshitha Karunarathna (Sri Lanka), testimonianza del degrado ambientale provocato dall’uomo, è invece agghiacciante mentre la colonia di pinguini in processione sul margine del pack antartico di Bertie Gregory (Regno Unito), fragile confine tra vita e abisso, offre un simbolo potente della precarietà degli ecosistemi polari.
Un fenicottero rosa (Phoenicopterus roseus Pallas, 1811) nell’atto di grattarsi la testa con una delle sue inconfondibili zampe lunghe.
Dati di scatto: fotocamera Nikon D810, obiettivo Tamron 150-600mm f/5.6, 1/500sec, f/6.3, ISO 250
L’inquadratura molto stretta, realizzata da Leana Kuster (Svizzera), disegna con il collo, il becco e la zampa di un fenicottero una figura astratta che unisce rigore formale e poesia del movimento naturale, mentre lo stormo di pipistrelli in volo che emerge dal buio – fotografato da Sitaram Raul (India) – svela la bellezza dell’oscurità.
Tutti questi scatti sono immagini eccezionali e di grande impatto visivo. Lo scatto del bramito di un cervo nobile, è una immagine molto vista, non certo speciale, e non avrebbe meritato di essere in questo portfolio se Jamie Smart (Regno Unito) il suo autore, non avesse meno di 10 anni!
Dalle rovine di uno degli antichi templi di Banda, Maharashtra, India (il tempio più significativo è il Bandeshwar Mandir, dedicato a Shree Bandeshwar, Śiva), emerge il volo dei pipistrelli della frutta del Vecchio Mondo (Pteropus medius). La fotografia, realizzata con l’aiuto di un flash Godox TT685 nel buio più totale, è un’immagine potente della natura che si riappropria di spazi che l’uomo ha lasciato.
Dati di scatto: fotocamera Nikon D750, obiettivo 24–120mm f/4, 1/250sec, f/8, ISO 800
Nell’ultimo decennio o poco più, da parte di un amante della fotografia naturalistica come me, c’è un altro riconoscente omaggio che mi sento di attribuire a Roberto Di Leo, presidente della Associazione Culturale Radicediunopercento che dal 2012 rende ogni anno possibile, ai milanesi, di godere delle 100 più belle immagini dei vari concorsi WPY. Le 100 foto fanno parte di una mostra itinerante che prevede annualmente decine di tappe in molti Paesi del mondo, tra cui Milano.
Pulcini di pinguino imperatore (Aptenodytes forsteri), che hanno smarrito la strada per la discesa più agevole verso il mare, camminano sul bordo della piattaforma di ghiaccio Ekström nella Baia di Atka, in Antardide. I pulcini finiranno col lanciarsi in acqua con un tuffo di quindici metri. L’episodio è osservato tramite un drone alzato a debita distanza
Dati di scatto: drone DJI Mavic 3 Pro con obiettivo Hasselblad L2D-20c 24mm f/2.8, 1/50sec, f/3.5, ISO 100
La storia degli appuntamenti milanesi inizia nel 2012 (con le foto del WPY 2011, cioè del concorso dell’anno prima) presso il Museo Minguzzi, sede dell’Archivio dello scultore Luciano Minguzzi (Bologna 1911 – Milano 2004) e continua ininterrottamente (salvo il salto del 2020 causa Covid) fino ad arrivare nel 2024 alla sua sede attuale, il Museo della Permanente di Milano, in via Filippo Turati 34. Presso La Permanente, dal 15 novembre 2025 al 25 gennaio 2026, saranno dunque esposte le 100 immagini vincitrici del 2025, selezionate tra le 60.636 candidature, all’interno di un itinerario espositivo che fonde coinvolgimento emotivo, precisione scientifica e forza visiva.
Un maschio di cervo rosso (Cervus elaphus) emette un potente muggito durante la stagione degli amori a Bradgate Park, Regno Unito. Le corna del cervo, ricresciute dopo la caduta primaverile, hanno perso lo strato di pelle detto “velluto” che le ricopriva durante la fase di crescita.Dati di scatto: fotocamera Nikon Z9, obiettivo Nikkor Z 800mm f/6.3, 1/800sec, f/6.3, ISO 450
Prima di congedarmi un affettuoso Caveat! al lettore. Nelle didascalie delle immagini che pubblichiamo leggete anche le info tecniche. E poi confrontatele con le info tecniche dello scatto di Charles Victor Robert Dowdeswell, primo vincitore del titolo di Wildlife Photographer of the Year nel 1965. L’immagine premiata (a colori nella realtà) mostra un allocco che porta la preda ai suoi piccoli. È stata scattata con pellicola Kodachrome II (25 ISO!), utilizzando una Mamiya Prismat NP, una delle prime fotocamere reflex, con obiettivo impostato a f/11, utilizzando un flash costruito personalmente. Scattare questa foto con quell’attrezzatura e, soprattutto, con quegli ISO era difficile come tirar frecce con l’arco di Ulisse.
La foto riassume il carattere della remota natura selvaggia della penisola di Kamchatka, nell’Estremo Oriente russo. Lo scatto ritrae un grizzly (Ursus arctos beringianus) che passeggia sulla riva di un lago, mentre sullo sfondo compare vulcano sorvolato da un gabbiano.
Dati di scatto: fotocamera Nikon Z8, obiettivo Nikkor Z 100-400mm f/4.5–5.6 a 100mm,1/4000sec, f/4.5 (+0.3 e/v), ISO 1000, beanbag
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