Un giovane porta del cibo a sua madre, che vive nel villaggio di Manacapuru, nello stato di Amazonas, in Brasile. Il villaggio era un tempo raggiungibile in barca, ma a causa della siccità deve ora camminare per due chilometri lungo il letto asciutto del fiume Solimões per raggiungerla.
Bologna
Dal 4 al 30 novembre 2025
Nel suo viaggio itinerante che la porterà in diverse città d’Italia, la mostra del World Press Photo 2025, fa tappa a Bologna, dove resterà visibile dal 4 al 30 novembre 2025 grazie anche al sostegno di Fujifilm.
Come sempre accade per le mostre del WPP, siamo di fronte a una selezione di fotografie effettuata dal comitato organizzatore stesso, un fatto che rende omogenee le esposizioni a livello globale.
In mostra troviamo i vincitori del concorso per le singole foto e una selezione della sezione storie. La mostra del World Press Photo offre sempre uno spaccato della realtà contemporanea, in quanto le immagini che possono partecipare sono solo quelle dell’anno di competenza (anno 2024 per l’attuale mostra).
Droughts in the Amazon: un Rio delle Amazzoni che non avremmo mai pensato di vedere, raccontato da Musuk Nolte
Nel primo weekend di apertura della mostra, abbiamo avuto la possibilità di incontrare il fotografo Musuk Nolte, autore di uno degli scatti finalisti per il premio di “Foto dell’anno”, parte del suo progetto “Droughts in the Amazon”, premiato anche tra le storie del Sudamerica.
Si tratta di un progetto molto interessante, che ci racconta una realtà ben lontana dal nostro immaginario della regione amazzonica. In genere, i livelli dell’acqua nell’Amazzonia fluttuano tra la stagione delle piogge e quella secca. Tuttavia, la stagione secca dello scorso anno è stata particolarmente severa, provocando cali critici in tutti i principali fiumi del bacino amazzonico. Le ondate di siccità che stiamo sperimentando negli ultimi anni vanno al di là dei classici fenomeni naturali: sono strettamente legate al cambiamento climatico.
Secondo il servizio geologico del Brasile, all’inizio di ottobre il fiume Negro, nel porto di Manaus, misurava appena 12,66 metri, ben al di sotto del livello normale di circa 21 metri. Si tratta del livello più basso mai registrato da quando, 122 anni fa, sono iniziate le misurazioni.
Il progressivo abbassamento dei livelli dell’acqua minaccia la ricca biodiversità della regione e altera gli ecosistemi fluviali vitali. Le comunità locali che dipendono da questi fiumi per la pesca, i trasporti e altri mezzi di sussistenza stanno affrontando gravi difficoltà. Molte si ritrovano isolate, con le imbarcazioni arenate su vaste distese di sabbia.
Con l’intensificarsi delle siccità, molti abitanti si trovano di fronte alla necessità di abbandonare la propria terra e i propri mezzi di sostentamento per trasferirsi nelle aree urbane, modificando in modo permanente il tessuto sociale della regione.
Questo progetto rende visibili gli effetti del cambiamento climatico, che spesso possono sembrare astratti o difficili da rappresentare, trasformandoli in una realtà concreta e tangibile che modella il futuro delle comunità vulnerabili, strettamente legate al mondo naturale.
Come è nato il progetto Droughts in the Amazon?
Ho iniziato a lavorare sei anni fa a un progetto sull’acqua a Lima e da quel momento ho continuato a lavorare in diversi territori su storie legate all’acqua, passando dalla critica questione della contaminazione, causata dall’attività mineraria o dall’eccessiva presenza umana, alle problematiche ambientali come siccità e inondazioni. Lavoro principalmente nel territorio peruviano, che ha una geografia molto diversa e complessa, il che lo rende un luogo molto interessante per raccontare queste storie.
Per raccontare questa storia, però, ho iniziato a coprire un po’ più di territori e ho cominciato a lavorare in Brasile, perché proprio in quel luogo nel 2024 si è verificata la siccità più grave della storia da quando è iniziata l’attività di misurazione della portata dei fiumi in Amazzonia. E questo progetto è stato sviluppato proprio nella settimana in cui il livello del fiume ha raggiunto il suo minimo storico.
Questa storia è stata realizzata a Manaus, che è una delle principali città dell’Amazzonia in Brasile. E se si guarda la mappa del Sud America, si trova proprio nel cuore del continente sudamericano.
Come entri in relazione con i soggetti delle tue foto e dov'è il confine tra la testimonianza oggettiva e la rappresentazione della realtà?
La posizione di testimone mi interessa molto, ma mi considero non solo un testimone che guarda e osserva, bensì un testimone che interpreta la realtà. Per me è molto importante la visione soggettiva, perché quella visione permette di trovare un modo singolare e unico per raccontare una storia. La realtà è la fonte, la radice, ma il racconto non è una semplice trasposizione della realtà.
Ognuno ha il suo modo di approcciarsi al racconto, con modi che possono andare dall’estetico, al simbolico, il tutto mediato dalle relazioni culturali che si hanno con questi temi e con le persone incontrate. Io lavoro nella regione in cui vivo e questo è importante perché offre una nozione molto più completa e complessa della realtà.
Ci sono volte in cui hai deciso di non scattare una foto oppure di scattarla e non pubblicarla?
Penso sempre molto alla dignità della persona che ritraggo, perché anche davanti a una tragedia, ci sono modi di più o meno rispettosi di approcciarsi.
Certo, è difficile dire chi stabilisce il confine tra ciò che è rispettoso e ciò che è non lo è, ma penso che essere consapevoli di questo problema nel quotidiano sia importante. Il fatto curioso è che questa è sì una tragedia, ma è una tragedia che avviene al rallentatore. Il fiume inizia a scendere, la gente inizia a vedere cosa sta succedendo e provare a reagire. Non è, ad esempio, come nel caso delle inondazioni che sono più improvvise, brusche e tragiche, e che comportano un immaginario più crudo. In questo caso, le persone hanno avuto l’occasione di adattarsi e prendere misure per non dover affrontare situazioni troppo tragiche.
Ciononostante, molti si sono trovati di fronte a decisioni difficilissime, come quella di abbandonare il luogo dove hanno sempre vissuto per migrare in città, perché ormai quel luogo non esiste più, sta cambiando radicalmente. È quello che ho provato a raccontare, anche con immagini come quella premiata tra gli scatti singoli (La foto che trovate in apertura, n.d.r.). È uno scatto quasi surreale, ma nel momento in cui vai a leggere la didascalia ti rendi conto della tragedia: quello che sembra un paesaggio desertico è in realtà il letto di un fiume, per altro di uno degli affluenti del Rio delle Amazzoni, un paesaggio che ci immagineremmo ben differente.
Proprio questo paradosso permette di raccontare in modo più efficace la storia. La fotografia offre una dimensione allegorica, rivelando “ciò che di solito non si può vedere” e creando un dislocamento rispetto all’immaginario comune dell’Amazzonia, generando un forte impatto e sorpresa.
I concorsi sono molto importanti per i fotografi, possono però essere una "trappola"? Ti capita di scattare con in mente più un contest che il progetto in sé?
Non è una cosa che mi capita, ma d’altro canto per me inviare i lavori ai concorsi è anche un esercizio di disciplina; non per il premio o il riconoscimento, ma per le porte che si possono aprire grazie ai concorsi. In questo caso, per il progetto della siccità, il premio mi ha aperto molte strade per poter continuare a lavorare su questo tema e questa per me è la cosa che conta di più, più del premio stesso. Inoltre, una particolarità che ha il World Press Photo è la massificazione e la visibilità che nessun altro concorso permette di avere e questo è fondamentale.
Sarebbe superfluo pensare a dei progetti solo in funzione della riuscita in un concorso, perché si snaturerebbe il senso stesso del raccontare storie.
Ciononostante, credo sia importante partecipare ai concorsi perché siamo parte di un ecosistema e i concorsi sono un modo per poter continuare a lavorare, per poter costruire un lavoro a lungo termine, e in alcuni casi anche per proteggersi. So di alcuni casi di colleghi in cui la visibilità del premio è stata una protezione per le loro vite, e anche questo è un effetto collaterale che i concorsi di questo livello di legittimità hanno.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Il mio piano è continuare con progetti legati all’acqua, alla trasformazione del Pianeta e del territorio, principalmente in Amazzonia. Attualmente, però, sto lavorando a un libro sul conflitto armato interno in Perù – dove da dodici anni sto documentando la restituzione dei resti ossei alle famiglie delle vittime – e su un processo di violazione dei diritti umani che lo Stato ha commesso durante tale confitto. È un progetto che ha acquisito una certa rilevanza perché il governo peruviano, alcuni mesi fa, ha approvato una legge di amnistia per tutti i colpevoli dei casi su cui stavo lavorando. Questo accadimento è stato per me un incentivo, un motore per accelerare un po’ il processo di realizzazione del libro.
Promossa dalla Cineteca di Bologna in collaborazione con Foto Image e con il sostegno di Fujifilm, la mostra World Press Photo 2025 è anche l’occasione per appuntamenti molto interessanti dedicati alla fotografia.
- Incontri insieme ai fotografi al Cinema Modernissimo (ingresso libero), con ospiti internazionali come Musuk Nolte, Antonio Faccilongo, Aliona Kardash, Daniel Chatard, Monika Bulaj.
- Workshop formativi presso Foto Image (via delle Belle Arti, 19), tenuti dagli stessi autori, dedicati a temi come la narrazione documentaria, la fotografia come testimonianza e i progetti a lungo termine.
- Visite guidate alla mostra dedicate sia al pubblico sia alle scuole condotte da Fulvio Bugani; per prenotarsi scrivere a bookshop@cineteca.bologna.it per una di queste date: 4 novembre dalle 18 alle 19, 6 novembre dalle 18 alle 19, 8 novembre, dalle 11 alle 12, 13 novembre dalle 18 alle 19, 15 novembre dalle 11 alle 12, 20 novembre dalle 18 alle 19, 22 novembre dalle 11 alle 12, 24 novembre dalle 18 alle 19, 29 novembre dalle 11 alle 12.
Un calendario pensato per appassionati e non, che permette – soprattutto grazie agli incontri con gli autori – di scoprire maggiormente il contesto dei vari scatti e avere nuove chiavi di lettura dei diversi lavori.
Calendario eventi con il sostegno di Fujifilm Italia:
Talk – Cinema Modernissimo, Piazza Re Enzo (ingresso libero)
- Sabato 8 novembre, ore 18 – Fotografia, memoria e trasformazioni in America Latina – Incontro con Musuk Nolte.
- Sabato 15 novembre, ore 12 – Habibi: storie di speranza e resistenza – Incontro con Antonio Faccilongo.
- Sabato 22 novembre, ore 18 – Fotogiornalismo e storie di resistenza – Incontro con Aliona Kardash e Daniel Chatard.
- Sabato 29 novembre, ore 18 – Viaggio ai margini dell’umanità – Incontro con Monika Bulaj
Info e iscrizioni Talk: https://cinetecadibologna.it/programmazione/mostra/world-press-photo-2025/
Workshop – Foto Image, via delle Belle Arti, 19 (ingresso a pagamento)
- 9 novembre, ore 10–17 – Documentary & Art: tra visione e realtà – Musuk Nolte
- 16 novembre, ore 10–17 – Voce umana nel conflitto: raccontare storie ed emozioni attraverso le fotografie – Antonio Faccilongo
- 23 novembre, ore 10–17 – Long term project: fotogiornalismo e storie di resistenza – Daniel Chatard e Aliona Kardash
- 30 novembre, ore 10–17 – Ai margini del mondo: fotografia e spiritualità – Monika Bulaj
Info e iscrizioni workshop: fotoimage.it/workshop-wpp-2025
World Press Photo 2025
- Galleria Modernissimo di Bologna, Piazza Re Enzo – Bologna
- dal 4 al 30 novembre 2025
- lun, mer, gio, ven 14-20; sab-dom e festivi 10-20
- intero 14 euro, ridotto 11 euro
- cinetecadibologna.it
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