L’umanità attualmente sul pianeta realizza oltre 61.000 fotografie al secondo, che significa circa 220 milioni in un’ora e quasi 5,3 miliardi in un giorno. Proiettando queste cifre sull’orizzonte di un anno si sfiorano i 2.000 miliardi di immagini.
Qui è mostrata la progressione della quantità di scatti annui a partire dal 2013 fino alla cifra prevista per la fine di quest’anno. La flessione con pausa nel biennio 2020-2021? È come se le restrizioni Covid avessero affossato la voglia di vedere per ricordare. Non vanno sottovalutate le restrizioni alle libertà personali di quel periodo. Successivamente la tendenza è tornata in crescita.
Scatti in accelerazione
La maggior parte dei numeri citati in questo articolo sono stime emerse da uno studio di Phototutorial. Una sorta di “fotografia della fotografia”. Si tramanda che la prima foto sia stata scattata nel 1826. Su lastra sensibile.
Il Novecento è stato il secolo della pellicola, gli Anni 2000 sono quelli del digitale prima e dello smartphone poi, che hanno determinato un’accelerazione non solo nella produzione fotografica ma anche – complice lo sviluppo di Internet – facilitato e velocizzato la distribuzione delle immagini.
Lo specchio di questa trasformazione è il numero di foto “trovabili” da Google: ecco un grafico che parte dal 2000 ed evidenzia l’esplosione avvenuta negli ultimi quindici anni. Eppure, badate, i 136 miliardi di immagini che Google può indicizzare rappresentano solo una minima percentuale del totale, dovendo escludere quelle residenti nel deep web e, ovviamente, quelle archiviate su dispositivi non connessi.
Parlando di numeri complessivi, nel 2024 circolavano nel mondo 14,3 trilioni (cioè miliardi di miliardi) di fotografie. Considerato il tasso di crescita stimato, la cifra potrebbe raddoppiare entro il 2030. Ovviamente al netto del potenziale contributo delle AI generative, aspetto che al momento è un’incognita.
Effetto smartphone
Già nel 2020 l’89% delle fotografie era realizzato con gli smartphone. L’anno scorso la percentuale era salita al 94% e questo significa che oggi la fotografia è soltanto in minima parte appannaggio di apparecchi progettati esclusivamente per questo (leggi reflex, mirrorless e compatte). Il fenomeno è destinato a orientare le scelte dell’industria e delle società di software.
E ancora a proposito di telefonini, secondo un’analisi Gigaom, nel 2015 gli utenti Android tenevano nei loro dispositivi in media 630 immagini e 24 video, ma quelli più attivi erano gli adepti di iOS, che in un mese scattavano oltre 180 fotografie contro le 111 dei fan del robottino verde. Nel 2024 l’archivio dei primi è arrivato a contenere in media 2.400 foto, quello dei secondi 1.900. E la crescita della capacità d’archiviazione dei dispositivi c’entra solo fino a un certo punto.
Il carburante dei social
Il motore dei social media sono le interazioni e sembra che nulla sia più efficace di un’immagine per favorirle. Instagram vale 1,3 miliardi di immagini condivise al giorno, Facebook 2,1 miliardi, Snapchat 3,8. Ma a schiacciare tutti, con 6,9 miliardi, è WhatsApp.
WhatsApp è concettualmente la “meno fotografica” fra le piattaforme citate perché dedicata alla messaggistica istantanea. Eppure parrebbe essere la più popolare e utilizzata per condividere le foto. A contare è l’istante. Instamatic era una serie di compattine Kodak poco costose lanciata negli Anni 60 del secolo scorso. “Macchinette” che consentirono a chiunque di scattare foto facilmente per poi condividerle, pur con i limiti della necessità di stamparle. In quanto al nome e alla filosofia, alla Kodak ci videro lungo.
La fotografia è democratica?
A questa domanda i numeri sembrano rispondere di sì, ma va considerato che nel globo c’è una valanga di persone che non ha gli strumenti per praticarla. Quindi i dati arrivano principalmente dal “primo mondo”, con gli USA in testa: da quelle parti, in un giorno si scattano 20 miliardi di immagini.
Gli altri inseguono: Asia e Oceania, America Latina, Africa e infine l’Europa, che in quest’ambito vale un quarto rispetto agli USA nonostante sia maggiormente popolata (circa 448 milioni di abitanti considerando i soli Paesi UE, contro circa i 331 milioni di americani). In ogni caso è ozioso e anche inquietante domandarsi quante di queste siano dei selfie e quante no, perciò per questa volta evitiamo.
Che valore hanno tutte queste fotografie?
C’è un detto secondo il quale se torturi abbastanza i dati, puoi far dire loro qualsiasi cosa. Ma al di là delle estremizzazioni, mettere sotto stress i numeri della fotografia permette di leggere fra le righe qual è il ruolo delle immagini nella società attuale e come si è modificata la percezione della fotografia stessa. È gioco, documentazione, arte, mestiere? Ed è ancora individuabile il confine fra questi ambiti? I professionisti che vedono ridursi i loro compensi se lo chiedono da anni. E i fotoamatori che non vivono di solo smartphone sono una specie di eroi che difendono la desueta e nobile concezione di consapevolezza profonda dello scatto.
Ma non facciamoci distrarre, perché il punto è un altro. L’aspetto da mettere a fuoco è la fine perlopiù ingloriosa che fanno le fotografie. La stragrande maggioranza di esse, diciamo una quantità oceanica, giace dimenticata fra cloud e unità di memoria digitali. Questo di certo non aiuta a percepire la fotografia come qualcosa che può avere valore. Forse neppure come ricordo. Magia e mistero men che meno. La contraddizione di nascere con la luce per poi non vederla più.
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