Simona Filippini, attualmente fotografa di professione e docente di fotografia, nell’agosto del 1989 incontra a Ravenna Paolo Roversi, già allora famosissimo fotografo di moda, che la saluta a fine serata, come è consuetudine e cortesia, con un invito ad andarlo a trovare nel suo studio a Parigi. Ravenna-Parigi: 899 km.
Detto fatto. Prendendo alla lettera le parole del Maestro la risoluta giovane fotografa si presenta alla porta di Studio Luce di Paolo Roversi nella capitale francese il settembre successivo e poco dopo diviene assistente del fotografo.
Lo sarà per due anni, due anni in cui ovviamente l’influenza di Roversi forgerà il linguaggio fotografico di Simona Filippini. La ritrattistica da studio, soprattutto per la moda, si alternerà ad una fotografia più sociale ed urbana, racconto della grande “Ville Lumière”.
Ma la permanenza di Simona Filippini nella capitale francese non le riserverà grandi incontri fotografici solo grazie al nuovo lavoro presso lo Studio Luce, ma anche tra le mura domestiche di quella che allora era diventata la sua “casa d’adozione”. Quando Simona si trasferisce a Parigi nel 1989 chiede rifugio ad una coppia di amici dei suoi nonni, Leo e Babette Jahiel. Da anni i coniugi Jahiel amavano essere partecipi del fermento intellettuale e culturale parigino e tra le loro molte frequentazioni c’erano anche Monsieur Brassaï e la moglie Gilberte.
Proprio quel Brassaï, precursore della fotografia umanista francese, che si rese, dagli anni Trenta, sublime narratore della Parigi notturna, soprattutto con uno dei suoi lavori più famosi: Graffiti. Un lavoro che documentava una Parigi non convenzionale, animata da graffiti e incisioni, e che divenne importante per la storia della fotografia come riferimento di fotografi del calibro di Cartier-Bresson, Doisneau, Ronis, Boubat e Weiss.
Alla fine degli anni Ottanta, quando Simona soggiorna nella casa di Leo e Babette Jahiel, Monsieur Brassaï è morto già da qualche anno, ma la giovane fotografa ha comunque il tempo di stringere un rapporto di fiducia e affetto con la moglie Gilberte, che le racconta molto del marito, dei loro viaggi, dello stimolo creativo che spesso trovò in Italia e della sua poetica fotografica. Simona è incuriosita e affascinata dalla figura di Madame Brassaï e dalla loro frequentazione scaturisce, oltre a una serie di ritratti, una sorta di intervista, intitolata Souvenir d’Italie. Piccola conversazione con Madame Gilberte Brassaï, commissionata nel 1991 da Il Venerdì di Repubblica ma poi mai pubblicata.