Gigante della fotografia di moda, Paolo Roversi ha scritto con la luce le più belle pagine sulla bellezza femminile degli ultimi quarant’anni. Ad aprile il Museo d’Arte della città di Ravenna celebra la sua arte con un’importante antologica realizzata in collaborazione con Christian Dior Couture, Dauphin e Pirelli.
E pensare che difronte alla prima fotografia della storia, quella che Nicéphore Niépce realizzò con ben otto ore di posa, dalla finestra del suo studio a Le Gras nel 1826, tutto il mondo accademico di Francia concordava nel definire quell’immagine un disegno automatico creato con la luce, nel quale non vi era pressoché intervento umano. Ci volle poi un bel po’ di tempo prima che la fotografia venisse definitivamente accettata e compresa come opera d’arte e non sterile riproduzione della realtà.
Eppure quel piccolo miracolo della luce era già una visione arbitraria e personale di un fotografo che ha deciso cosa mostrarci e soprattutto come. Paolo Roversi ha raccontato di aver dormito un’intera notte sotto quella finestra a Le Gras e di essersi sentito come dentro la capanna di Betlemme. Questo dice molto del suo pensiero sulla fotografia che è, per lui, non la rappresentazione della realtà, ma qualcosa di più profondo, che solo attraverso la luce è possibile rivelare.
Prendiamo ad esempio la fotografia di moda: sfogliando una rivista del settore vedremo quant’è diverso lo sguardo dei fotografi che ci mostrano le creazioni delle varie maison. I migliori sono come abili musicisti, non riproducono solo uno spartito, l’abito appunto, ma lo sanno interpretare; mostrandoci lo spirito e le emozioni di chi lo ha disegnato. Paolo Roversi è uno di questi, uno dei primi e pochi grandi maestri italiani ad affermarsi a livello internazionale nella fotografia di moda, e sua, quest’anno, è anche la firma del prestigioso Calendario Pirelli.
La supermodella Natalia Vodianova, all’epoca ventunenne, appare vulnerabile e misteriosa. L’immagine fa parte del servizio di copertina della rivista Egoïste, composto da una serie di nudi colti in pose semplici su un fondo scuro.
L'essenziale
Nato a Ravenna nel 1947, Roversi inizia a fotografare fin da giovanissimo durante un viaggio in Spagna. Al ritorno allestirà una piccola camera oscura in cantina; affascinato dalle molteplici possibilità del bianco e nero, sperimenterà come manipolare la luce per modificare i toni, il contrasto e le atmosfere. Sarà l’incontro con Peter Knapp, direttore artistico della storica rivista Elle, avvenuto a Brisighella (RA), nei primi anni Settanta, a casa del pittore Mattia Moreni, a cambiare definitivamente il corso della sua vita. Si trasferirà a Parigi nel ‘73 dove ancora oggi lavora nel proprio atelier di Rue Paul Fort, che ha chiamato “Studio Luce”. A parte rare eccezioni, lavora sempre lì, in uno spazio scarno ed essenziale come lo sono le sue fotografie, private di tutto il superfluo per vedere oltre le apparenze.
Negli anni Ottanta, Roversi sperimenta la pellicola Polaroid e la utilizza su un banco ottico a grande formato. Si tratta di una vera e propria rivelazione che aprirà la strada a una nuova estetica, che concorre a definire ulteriormente il suo stile.
Sfuggenti e indefinite, le modelle fotografate da Roversi interpretano una donna senza tempo a dimostrare che la moda, quando è tale, conserva fascino ed eleganza in ogni epoca.
Penso agli Impressionisti, che definivano “occhio innocente” la volontà di registrare con la pittura solo quello che appariva alla vista di un occhio privato della conoscenza, un’operazione che nella realtà è impossibile da realizzare poiché ciò che vediamo è sempre frutto della consapevolezza che abbiamo delle cose del mondo. Roversi con la sua tecnica inconfondibile, utilizza la luce per disegnare i suoi servizi di moda, i suoi ritratti o una natura morta, dando forma a un mistero antico che ha radici nella storia della fotografia. In ogni immagine riconosciamo l’atmosfera che il fotografo ha portato sino a Parigi nella sua personale valigia dei ricordi. Sono i contorni rarefatti di Ravenna, città pervasa dalla nebbia, silenziosa e tersa, interrotta qua e là dallo sfavillio spirituale dei suoi mosaici, quelli di Sant’Apollinare di San Vitale e Galla Placidia.
Alcuni hanno definito Roversi “pittore d’immagini”, per il suo stile pittorialista caratterizzato dal mosso e dallo sfocato.
Roversi in mostra
L’immaginario di Paolo Roversi è presentato in mostra a partire dalle prime fotografie di moda e i ritratti di colleghi fotografi come Robert Frank, Anton Corbijn e Peter Lindbergh che si alternano a fotografie di still life di sedie e sgabelli che l’autore ha trovato abbandonati per strada. In alcune fotografie vi è la Deardoff, la macchina fotografica a soffietto, realizzata in legno, con cui Roversi sin dall’inizio scatta gran parte delle sue fotografie. Alcune sale del Museo d’Arte della città di Ravenna ospitano i suoi lavori più recenti, come una selezione di scatti del calendario Pirelli 2020 e una serie di fotografie di moda inedite, frutto del lavoro decennale per brand quali Dior e Comme des Garçons e per il magazine Vogue Italia. La mostra, che si sviluppa sui tre piani, è curata da Chiara Bardelli Nonino con le scenografie di Jean–Hugues de Chatillon, ed è la prima esplorazione così approfondita di un universo visivo particolarmente ricco e complesso qual è quello di Paolo Roversi.
La straordinaria fisicità di Naomi Campbell, messa in risalto da un costume che rimanda a un immaginario circense e felliniano.
Un ritratto senza tempo, tipico dell’autore, nel quale è la luce a scolpire la figura umana.
Dal servizio fotografico Ursa minor, per il numero autunnale del 2018 della Dazed Magazine.
Le fotografie contenute in questo articolo fanno parte della mostra Paolo Roversi – Studio Luce
- MAR - Museo d’Arte della città di Ravenna
- dal 5 aprile al 5 luglio 2020
- A cura di Chiara Bardelli Nonino
- Scenografie di Jean-Hugues de Chatillon
- mar.ra.it/ita/