Nella Parigi della Bohème si aggirava un individuo dalla vita tanto spericolata da ispirare a Jules Verne il protagonista del suo celebre racconto Dalla terra alla Luna. Si trattava di Félix Nadar, una delle figure più intraprendenti e ricche di sorprese della storia della fotografia.
Il bicentenario della nascita di Gaspard-Félix Tournachon, passato alla storia con lo pseudonimo di Nadar, offre l’occasione per riscoprire una delle figure più affascinanti degli albori della fotografia. Molti sanno che a Parigi, sua città natale, aprì un grande studio di posa in Boulevard des Capucines: uno spazio con una vetrata affacciata sulla strada su cui campeggiava, enorme, un’insegna con il suo nome d’arte scritto in rosso, come il colore dei suoi capelli. E si sa anche che in quello studio immortalò i più grandi uomini di lettere, compositori, attrici, scienziati e intellettuali francesi dell’Ottocento, divenendo così il primo fotografo di celebrità.
Vita spericolata
Non tutti sanno che quella di Nadar fu una vita da bohémien con tanto di risvolti rocamboleschi. Lo raccontò lui stesso in un libro di memorie pubblicato nel 1899 (edito in Italia da Abscondita con il titolo Quando ero fotografo), ma una sua biografia più accuratamente contestualizzante si trova nel catalogo che venne pubblicato in occasione della mostra al Musée d’Orsay di Parigi del 1994. Tra le altre cose vi si legge che patì spesso la fame, che finì in carcere per i suoi debiti, che fu fatto prigioniero in Prussia quando tentò di unirsi ai polacchi in rivolta contro la Russia, che rischiò di perdere la vita quando con il suo pallone aerostatico precipitò al suolo, e che più di una volta sfidò a duello qualcuno da cui si era sentito offeso. Si legge pure che fece causa al fratello Adrien, anch’egli fotografo e allievo del già celebre Gustave Le Gray, per mantenere l’uso esclusivo dello pseudonimo Nadar e, quindi, molto probabilmente fu il primo fotografo a preoccuparsi di questioni quali il copyright e la propria immagine professionale. Ma la battaglia per vedere riconosciuto legalmente il diritto d’autore non fu l’unica pagina della storia della fotografia che iniziò a scrivere per primo.
Avanti tutta
Nadar scattò i suoi primi ritratti di parenti e amici nel 1854 e dopo soli quattro anni dimostrò di avere una grande ambizione associata a un vivace spirito imprenditoriale. Infatti nel 1858, approfittando della propria passione per i voli in mongolfiera, produsse la prima foto aerea e successivamente registrò il brevetto per il procedimento che aveva utilizzato (c’è da dire però che egli stesso riconobbe che era un processo troppo difficile da eseguire in quanto le emanazioni gassose del bruciatore del velivolo deterioravano il collodio sulla superficie fotosensibile delle lastre). Inoltre, nello stesso anno realizzò i primi scatti avvalendosi dell’illuminazione artificiale, cui fece ricorso tra il 1861 e il 1862 per fotografare le catacombe di Parigi. Nel corso dei suoi esperimenti utilizzò sia la polvere di magnesio, sia rudimentali batterie; ma più che i dettagli tecnologici va sottolineato che fece fare un salto concettuale alla fotografia, mettendone in discussione la sua stessa essenza, vale a dire la dipendenza dalla luce solare. Parallelamente, Nadar la estese anche nella sua dimensione spaziale, dimostrando che si poteva praticare sia dal cielo sia sottoterra.
Tre scatti di Fulvio Magurno tratti dal progetto Confessionali (senza data).
Uomo da primato
L’originalità di Nadar non si ferma alle innovazioni tecniche e alle intuizioni di carattere legale, ma comprende anche l’ideazione di un genere fotografico del tutto nuovo. Infatti, nonostante il ritratto fosse praticato da molti suoi colleghi in attività già prima di lui, nel 1886 egli ne inventò una nuova declinazione. In quell’anno intervistò il chimico Eugène Chevreul in occasione del suo centesimo compleanno, e durante la conversazione scattò alcuni ritratti di sé stesso e dello scienziato seduti a un tavolo. Nel settembre successivo le immagini e il dialogo tra i due furono pubblicati nel settimanale Le Journal Illustré, divenendo così la prima fotointervista dell’epopea del giornalismo moderno. Anzi, a voler essere un po’ più generosi si potrebbe dire che con questo progetto Nadar anticipò tutti coloro che, successivamente, si sarebbero serviti dell’obiettivo per raccontare una storia.
Festeggiamenti sottotono
Dunque, a due secoli dalla sua nascita vale la pena riscoprire la figura innovatrice di Nadar, e stupisce un po’ che non ci siano stati molti eventi di rilievo a lui dedicati. In Francia è stata emessa una serie di francobolli commemorativi ma, a parte questo, sembra che il bicentenario di una figura così di spicco per la storia della fotografia sia passato inosservato.
Per quanto riguarda l’Italia, salvo contrattempi causati dall’attuale situazione sanitaria, a gennaio 2021 sarà inaugurata presso il Centro Culturale di Milano una mostra comprendente settanta opere e documenti provenienti dalla collezione del fotografo Fulvio Magurno, che parallelamente esporrà dieci propri scatti tratti dal progetto intitolato Confessionali. Quest’ultimo è un lavoro sulle grate che dividono i confessori da coloro che confidano i propri peccati, per cui viene così a crearsi un legame tra i due autori, dato che Nadar cercava sempre di entrare nella sfera psicologica di chi posava per lui al fine di ottenere dei ritratti che ne delineassero la personalità oltre che le fattezze. Tanto che, proprio mentre Sigmund Freud muoveva i primi passi, ebbe a dire che “per produrre una fedele rappresentazione della sua interiorità anziché un banale ritratto, che non è altro che il frutto del caso, si deve entrare subito in intimità con il soggetto per catturarne i pensieri e la vera individualità”.
Le fotografie contenute in questo articolo fanno della mostra Nadar. La curiosità dell’amicizia – Alle origini della fotografia
- Centro Culturale di Milano
- fino al 20 aprile 2020
- centroculturaledimilano.it