Al MABOS – Museo d’Arte del Bosco della Sila (CZ), la mostra dedicata a Mario Giacomelli espone un corpus fotografico, prodotto dal fotografo marchigiano in Calabria tra il 1984 e il 1985, mai visto prima d’ora. La serie Camera Oscura. Il canto dei nuovi emigranti, ispirata dalle parole del poeta calabrese Franco Costabile, ritrae una Calabria vibrante e dolorosa, uno stile proprio sia al fotografo che al poeta. Ci racconta il progetto la curatrice della mostra Katiuscia Biondi Giacomelli.
La mostra Camera Oscura. Il canto dei nuovi emigranti di Mario Giacomelli nasce un po' per caso, con un ritrovamento. Ce ne racconta la storia?
Mario Talarico, fondatore del MABOS, qualche anno fa, si ritrovò ad acquistare un gruppo di ventisette fotografie vintage gelatin silver print nel formato 30x40cm dedicate alla Calabria, ai suoi occhi davvero strane, estremamente intense e vivide, ma ineffabili nello stile di stampa. Gli sembravano foto piene di errori, quel bianco che si mangia la materia portandosi via il dettaglio e rendendo i corpi sagome, e quei neri che cancellano l’identità ai volti, e la grana che disperde la definizione. Tutto sembra levitare in un tempo eterno.
Solo in un secondo momento – grazie ai timbri dell’artista sul retro delle foto – Talarico capì che si trattava di opere di un grande artista, Mario Giacomelli, dedicate a un poeta calabrese, Franco Costabile. Per un po’ queste fotografie restarono conservate in un cassetto come qualcosa di prezioso, e solo un anno fa Talarico decise di contattare il nostro Archivio (Archivio Mario Giacomelli, n.d.r.) per richiedere l’autorizzazione di esposizione presso il suo museo.
Noi dell’Archivio capimmo la sua volontà di condividere, con la gente della sua terra, questa preziosa testimonianza di un comune sentire, quello di due artisti vicini per l’amore che entrambi nutrivano per la propria terra, una Grande Madre, una materia primordiale che li chiamava a sé. Costabile era di origini calabresi, Giacomelli era marchigiano, ma entrambi hanno condensato nella loro arte un imprescindibile sentirsi tutt’uno con le proprie radici.
Giacomelli, in queste immagini, non ritrae semplicemente la Calabria, la questione meridionale, il dramma dell’emigrazione, ritrae l’urlo accorato dell’Uomo, di ogni uomo, che per essere tale necessita di fiorire dalle sue radici, anche se questo provoca dolore. Se Giacomelli diceva di aver sentito ‘l’odore della terra dopo la pioggia’ solo dopo averla guardata attraverso la macchina fotografica, Costabile, dal canto suo, abbandonò la Calabria per gli studi e la carriera, ma essa rimase ferocemente dentro di lui a chiedergli continua attenzione, tanto da entrargli dentro e portarselo via.
Giacomelli conosceva già le poesie di Costabile prima di recarsi in Calabria? Cosa lo spinse ad affrontare il primo viaggio nel 1984?
Giacomelli fu condotto da amici a fotografare la Calabria. Per lui la fotografia era un’esigenza esistenziale, espressione dell’interiorità, per cui aveva bisogno di tempi lunghi per entrare in contatto con il soggetto, che non poteva essere scelto da altri, ma doveva vibrare dentro la sua anima. Aveva tutto un rituale per entrare in contatto con il soggetto, e lo scatto arrivava alla fine di un ‘rito di corteggiamento’, in un dialogo tra sé stesso e il circostante, senza interferenze esterne.
Dunque quando fu accompagnato in Calabria, per la prima volta, non trovò ispirazione, ma una sera a casa di amici, parlando di poesia, qualcuno tirò fuori Il canto dei nuovi emigranti di Costabile. Giacomelli ne restò rapito. Tornò l’anno dopo, con la poesia in testa. Si fece portare nei piccoli centri dell’entroterra citati dal poeta e fotografò il senso di vuoto e di mancanza che tanto rimbombava nell’urlo rabbioso e disperato di Costabile.
Quali città visitò per produrre Il canto dei nuovi emigranti?
Giacomelli percorse la Calabria passando per Tiriolo, San Giovanni in Fiore, Cutro, Santa Severina, Badolato, Seminara, Pentedattilo, Bova, Caraffa di Catanzaro, Amaroni; Cropani, Zagarise, Magisano, Vincolise, Cavallerizzo di Cerzeto, Sant’Andrea Apostolo allo Jonio, Cessaniti, San Marco, San Cono, Nao, Jonadi, Pernocari.
Cosa, secondo lei, mette in comunicazione la poetica di Costabile con le immagini di Mario Giacomelli?
L’amore per la propria terra, così viscerale da inglobare tutto, da far fondere il passato con il presente, da vedere le cose con il filtro del vissuto da cui non si riesce – o non si vuole – uscire, come un cordone ombelicale mai tagliato, da cui emerge un anelito di libertà, necessario come l’aria da respirare, che entrambi non possono fare a meno di esprime attraverso l’arte.
Anche nello stile esistono corrispondenze: il fotografo dà forma alla cruda concretezza della gente dell’entroterra con alti contrasti, assonanze e cesure, la gente che si dipana a fiumi per le vie è catturata da inquadrature così strette da farsi sagoma sospesa, parte di qualcosa di eterno nel suo essere sempre uguale a sé stesso; il poeta, parallelamente, rifugge da un verso cantabile e adotta il verso sciolto, piuttosto che le rime sceglie assonanze e consonanze, versi brevi, spezzati, ruvidi, disperati, aspri come la terra che descrive. In uno stile secco, febbrile, violento, spinge le parole su picchi emozionali, ecco il suo realismo. Parole come pezzi di reale, così come lo sono le fotografie di Giacomelli.
L’Archivio Mario Giacomelli ci riserverà ancora delle sorprese per il futuro, degli inediti che potranno aggiungersi al materiale già storicizzato?
Il lavoro dell’Archivio è fondato sulla cura delle opere del grande artista sia da un punto di vista della conservazione sia da quello della promozione, oltre al fatto che l’attività di un archivio deve votarsi a un continuo lavoro di ricerca. Giacomelli ha creato circa 40.000 fotografie, comprese le variazioni di stampa, tra cui una moltitudine di inediti che l’Archivio ha in progetto di mostrare al pubblico attraverso pubblicazioni mirate ad una conoscenza dell’artista sempre più completa e profonda.
A tal proposito, nel febbraio 2024, il museo MUFOCO – Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo (Milano) inaugurerà una mostra sull’ultima serie fotografica di Mario Giacomelli, Questo ricordo lo vorrei raccontare (2000). A pubblicare il libro della mostra è la casa editrice Skinnerboox. Nel 2025, poi, il centenario della sua nascita sarà l’occasione per mostrare un altro Giacomelli inedito, in un nuovo libro sulla sua arte e sulla sua visione della fotografia, e con esposizioni itineranti nei maggiori musei del mondo, partendo in primavera da Palazzo Reale di Milano.