Straordinaria osservatrice del mondo, la fotografa romana Liliana Ranalletta sa condensare in un istante le vicende della vita con uno sguardo tanto puntuale, quanto sensibile. Con questo suo approccio si è conquistata un ruolo di primissimo piano nella fotografia italiana e internazionale.
Liliana non esce mai senza la macchina fotografica perché, si sa, tutti i giorni accadono cose che meritano di essere raccontate per immagini. Usiamo di proposito il termine “racconto”, poiché i fotografi migliori sono sempre dei bravi narratori, e hanno dalla loro la capacità di osservare e spiegare con una sintesi, un’efficacia e una forza che nessun testo scritto può pareggiare.
Liliana Ranalletta è una brava narratrice di storie sempre in movimento e veloce come il lampo. Perché a volte, una certa fotografia o la prendi in quei due, tre secondi in cui si svolge l’azione o non la prendi più. Sono magari dettagli, come l’espressione di un signore al tavolino del bar o un gabbiano che ti passa davanti e lo devi catturare al volo, immaginando lo scatto un attimo prima di realizzarlo. La vera essenza sta tutta qui, nel saper prevedere le cose. Un esercizio che richiede intelligenza ma soprattutto sensibilità per capire e raccontare col cuore ancor prima che con lo sguardo. Nel suo percorso autoriale, Liliana Ranalletta ha pubblicato anche il libro intitolato The fabulous destiny of Dainaly. Da qui cominciamo la nostra intervista a questa sensibile street photographer.
Liliana, raccontaci del tuo libro The fabulous destiny of Dainaly.
Si tratta di una raccolta di immagini relative a un progetto che ho realizzato a Roma, incentrato su Dainaly, una ragazza autistica nata e cresciuta in una famiglia circense. Questo lavoro mi ha permesso di rappresentare il circo attraverso gli occhi della protagonista degli scatti: quindi non i momenti dello spettacolo, ma la vita vera, quella che scorre celata dietro le quinte. Qui possono prendere vita gli eroi che Dainaly ama e che popolano il suo universo immaginario, come Spiderman, che è in realtà suo fratello. Qui la sua fantasia può tessere le sue trame, e solo qui Dainaly non è sola, essendo sempre circondata dall’affetto dei suoi cari. Il circo, quel mondo dove tutto appare finto, diventa l’universo del possibile teatro incontaminato in cui Dainaly riesce a declinare le impercettibili sfumature del suo immaginifico universo, così impenetrabile, a tratti indecifrabile e segreto, eppure fatto di disarmante fragilità e dolcezza. Da tre anni seguo Dainaly e, con pazienza e con l’aiuto dei suoi cari, sono entrata a contatto con la sua quotidianità, fatta di piccoli gesti, del suo rapporto speciale con gli animali e con altri componenti della famiglia. Sua madre mi ripete spesso che Dainaly è amore e riceve amore: l’amore che è l’unica chiave possibile per decifrare l’intricato tessuto del suo modo di relazionarsi con i suoi cari e con il resto del mondo.
Si è trattato di un’esperienza molto forte...
Certamente, un’esperienza che non si è, in realtà, mai conclusa, poiché sono diventata una di famiglia e questo mi gratifica molto. Presto ci sarà un festival del circo al quale mi hanno invitata, e dove verrà proiettato un documentario che comprende anche le mie foto. Sfogliando il libro, molti dei circensi ritratti si sono stupiti: avevo scattato alcune fotografie senza che si accorgessero della mia presenza, e questo è stato per me un grandissimo complimento. Ricordo una foto che ho realizzato mentre la veterinaria si accingeva a fare un prelievo di sangue a un elefante. Il proprietario del circo, Rony Roller, resosi conto che l’animale era spaventato, gli ha alzato un orecchio per sussurrargli le sue rassicurazioni e tranquillizzarlo. È stato un momento davvero commovente che contrasta con alcune diffuse convinzioni relative ai possibili maltrattamenti degli animali impiegati nei circhi: per esperienza personale posso confermare l’esatto contrario.
C’è molta postproduzione nelle tue fotografie?
A mio modo di vedere, la fotografia digitale risulta talvolta piatta nella sua perfezione, e pertanto la postproduzione è assolutamente necessaria. Tuttavia io non modifico le immagini in modo pesante, ma cerco di restituire il ricordo di come le ho viste e, soprattutto, la luce che le illuminava. Se all’inizio della mia carriera cercavo sempre di eliminare elementi marginali che mi sembravano stonare o distogliere l’attenzione dal soggetto, oggi la penso in maniera completamente diversa e lascio che la foto risulti esattamente come l’ho scattata. Per fare questo mi avvalgo di professionisti della postproduzione, come Claudio Palmisano e un suo allievo, ma ho convinto mio marito a frequentare dei corsi sull’argomento: un modo per condividere con lui questa mia passione.
Il tuo progetto più recente?
Si tratta del mio ultimo libro che ho presentato a settembre nell’associazione Offcine Fotografiche di Roma. È intitolato I sogni li spendo per strada, riguarda la riqualificazione di una periferia romana a opera del gruppo locale di Poeti e Pittori Anonimi: narra la trasformazione da luogo problematico e oggetto di degrado a esempio di bellezza, il tutto attraverso l’uso dei colori e l’arte dell’incontro. In questo libro, per la prima volta, ho deciso di inserire anche un mio scritto, oltre alla parte fotografica. Le fotografie sono state esposte in due mostre, una sempre nelle Officine e l’altra presso la Biblioteca Marconi di Roma.
Bio
Liliana Ranalletta è laureata in Lettere Moderne e ha studiato fotografia con Dario Coletti, Augusto Pieroni, Dario De Dominicis, Claudio Palmisano e molti altri noti docenti. Prima di avvicinarsi alla street photography ha esplorato diversi generi, e soprattutto la macrofotografia che, come lei ama sottolineare, l’ha “abituata a osservare i particolari”. Alla strada e alla gente che la popola, fonte inesauribile di stimolo, dedica gran parte dei suoi scatti. Ama viaggiare e ritiene che ogni angolo del mondo avrà un sapore diverso se visto attraverso l’obiettivo della sua fotocamera. Oltre che alla fotografia di strada si è dedicata ad alcuni lavori con tematica sociale. La fotocamera è la sua compagna inseparabile: la porta sempre con sé per non doversi mai pentire “di aver mancato una situazione interessante”.