Merano
Dal 7 ottobre 2023 al 28 gennaio 2024
Merano, nello spazio dedicato all’arte Merano Arte, rende tributo a Christian Martinelli, un artista inserito pienamente nella città altoatesina e tra la sua popolazione. Christian era un fotografo sicuramente non tradizionalista, un artigiano dell’immagine che ha saputo immergersi nel concetto di fotografia sia come linguaggio sia, come mezzo tecnico. Oltre a rendersi portavoce di un concettualismo visivo che ricorda quello di Luigi Ghirri possedeva un’estrosità manuale e una genialità intellettiva che lo fanno ricondurre, in una qualche maniera, ad Archimede Pitagorico. Le curatrici della mostra, Ursula Schnitzer e Anna Zinelli, ci raccontano l’esposizione e soprattutto la storia fotografica di Christian Martinelli.
Chi era Christian Martinelli e quale era il suo pensiero fotografico?
AZ: Christian Martinelli (Merano, 1970 – Innsbruck 2022) era un artista e un fotografo, prematuramente scomparso a poco più di cinquant’anni. Oltre ad aver realizzato reportage in tutto il mondo (dall’Europa dell’Est al Sudamerica, fino ad Haiti), si è dedicato parallelamente a una serie di progetti fotografici incentrati sui temi del viaggio, della memoria, della vulnerabilità, della relazione tra uomo e natura. Il suo pensiero fotografico era complesso e univa una dimensione di natura concettuale, con una serie di tematiche ricorrenti che lo hanno accompagnato per diversi anni, a una predisposizione costante per il “fare”: sperimentare diverse tecniche, costruire oggetti legati alla fotografia e non solo, ma anche condividere, divulgare, adottare pratiche collaborative e partecipative.
Il famoso Cubo, creato insieme ad Andrea Pizzini e Andrea Salvà nel 2009, è un esempio di questa sua ultima passione, del suo “fare” fotografico. Che invenzione è? E come si compone, anche dal lato pratico?
US: È proprio così: Martinelli era molto più di un fotografo. Era una persona curiosissima e piena di capacità manuali. Dal connubio di questi due aspetti, e con l’aiuto di Andrea Pizzini e Andrea Salvà, nel 2009, è nato il Cubo. Un’enorme macchina fotografica con la capacità di dare vita a foto di altissima qualità senza ingranditori e passaggio da un negativo a una stampa/riproduzione, quindi dei pezzi unici. Con il Cubo, la luce giunge tramite un grande obiettivo, direttamente alla carta fotosensibile posizionata all’interno dello stesso. La carta può raggiungere una dimensione di 1mx1m ed è di insuperabile fotosensibilità.
Dal 2011 Martinelli ha fotografato con questa particolare macchina fotografica sia paesaggi, sia ritratti, sia still life. Per lo sviluppo delle carte fotografiche non esistevano procedimenti standardizzati e il gruppo attorno a Martinelli è stato costretto a inventare dei procedimenti appositi. Per questa necessità, elaborarono un grandissimo fusto rotante che era in grado di spargere le sostanze chimiche per lo sviluppo e il fissaggio in modo omogeneo sull’intera superficie della carta fotografica. L’approccio teorico e pratico alla fotografia ha svolto, quindi, un ruolo importantissimo per Martinelli e ha portato a risultati unici in tutto il mondo.
Con il Cubo produsse una delle sue serie più iconiche, Confini. Cosa voleva trasmettere con questo lavoro e come si organizzò, anche logisticamente, per trasportare la sua immaginifica e voluminosa strumentazione?
US: Il Cubo era modulare e scomponibile in modo da poter trovare posto sia nella sua macchina sia nella sua roulotte. Martinelli poteva effettuare il montaggio anche da solo, e quindi muoversi in completa autonomia e fotografare con questo strumento ogni volta che si metteva in viaggio. I primi risultati di fotografie realizzate con il Cubo sono stati ottenuti nel giardino della sua casa. Successivamente l’ha utilizzato nel corso di diversi viaggi, e una volta l’ha portato su una spiaggia. La prima foto ottenuta in questa occasione, con un orizzonte del mare, lo ha colpito così tanto da portarlo a decidere di proseguire in questa direzione e dedicare una serie di scatti ai mari e alle coste italiane. Ha quindi percorso un lungo itinerario, dalla Liguria alle isole della Puglia e poi fino al Golfo di Trieste. Questo progetto, Confini (2014-2022), lo ha impegnato per anni e è diventato probabilmente il suo lavoro più importante.
Il concettualismo di Christian ha dei richiami al pensiero di Luigi Ghirri?
AZ: Assolutamente sì. In numerose fotografie di Martinelli ritroviamo quell’attenzione per le piccole cose, per gli oggetti semplici del quotidiano, che caratterizzava anche la poetica di Ghirri, e una comune attenzione per modelli pittorici, come la metafisica di Giorgio Morandi. Un progetto in particolare, Infinito (2003-2010), è un esplicito omaggio al grande fotografo emiliano. La sua serie omonima del 1974 proponeva trecentosessantacinque fotografie del cielo, una per ciascun giorno dell’anno. Martinelli rilegge questo approccio, adattandolo alla propria personale cifra stilistica e realizzando cento immagini di nuvole, provenienti dai luoghi del mondo più disparati. A questo riguardo ha affermato: “Forse troveremo dipinto nel cielo ciò che spesso dimentichiamo… l’immagine di noi stessi.”
In Wo willst du hin? un sacchetto rosso si staglia nei cieli di tutto il mondo. Ci parli di questo progetto?
US: Il protagonista della serie Wo willst du hin? (2009-2019) è un sacchetto di nylon rosso a tinta unita. Dovrebbe essersi trattato di un semplice sacchetto della spesa, ricevuto in Germania. Da allora, lo ha sempre portato con sé, come un compagno di viaggio, un abile ballerino, ma anche come personale contributo al dibattito sulla sostenibilità e sulla protezione dell’ambiente. A noi curatrici piace particolarmente per la sua trasparenza, la luce che si diffonde attraverso e attorno a lui e la leggerezza che ci fa ricordare la leggerezza di Martinelli quando si trattava di interagire con le persone e coinvolgerle nelle molteplici sfaccettature della fotografia.
Sembra che per Christian la sequenzialità del progetto avesse più importanza dell’immagine singola…
AZ: Molti progetti di Martinelli sono proseguiti per anni, anche decenni. Talvolta si sono basati sulla reiterazione di uno stesso motivo in contesti geografici molto lontani, come il sacchetto in Wo willst du hin? (2009-2019), le nuvole in Infinito (2009-2019), edifici e alberi isolati in Solitudini (2000-2022). Un’altra serie, quella che lo ha accompagnato più a lungo, si basava invece sul racconto della vita di quattordici persone. Per oltre due decenni, con Stories (1998-2022), Martinelli ha affrontato tematiche come la vulnerabilità, l’abbandono, l’intimità, la morte, la vicinanza.
Quali erano i suoi riferimenti culturali?
AZ: I riferimenti culturali di Martinelli erano molto ampi e diversificati: spaziavano dal concettuale di Luigi Ghirri e Franco Vaccari all’attenzione per fotografi e fotografe come Wolfgang Tillmans o Francesca Woodman. Un ruolo centrale era poi ricoperto da Nan Goldin, che lui stesso aveva definito in un’intervista come l’artista che amava di più, “perché onesta”. Inoltre, troviamo innumerevoli riferimenti pittorici, non solo legati ai suoi esordi artistici ma che emergevano con forza anche nelle sue fotografie: il cromatismo di William Turner, per esempio, era un importante riferimento per la serie Confini (2000-2022). Sempre guardando alla sua libreria, è interessante notare anche una vastissima bibliografia legata alle tecniche, alla camera oscura, allo sviluppo: una letteratura necessaria per le sue sperimentazioni e per i numerosi laboratori e incontri che era solito proporre.
In mostra anche parte del suo studio, con le varie strumentazioni, ingranditori, vasche, obiettivi, timer…
US: La camera oscura è parte integrante della mostra. Non è una riproduzione fedele del suo ambiente ma un posto dove far percepire il fascino di questa disciplina, dove incontrare la sua serie Verticali (2005-2017) e dove poter sperimentare e insegnare sviluppo e stampa analogica come piaceva fare a lui.
Come Christian Martinelli si rapportava al territorio tramite la pratica e la cultura fotografica?
AZ: La pratica e la cultura fotografica di Martinelli hanno svolto un ruolo centrale per il territorio altoatesino. La sua abitazione meranese, “Villa Dolores”, non era solo il luogo in cui ha vissuto e lavorato, ma un vero e proprio atelier fotografico, una sede laboratoriale ed espositiva in continua trasformazione, un punto nevralgico di incontri e scambi che ha animato la vita culturale di Merano e non solo.
Al contempo, attraverso numerosi suoi scatti, Martinelli ha portato avanti un discorso sulla labilità dei confini geografici e del concetto stesso di territorio. I luoghi raccontanti in Confini, con poetiche visioni di orizzonti, o i cieli di Infinito, ci mostrano quanto spazi geograficamente molto lontani possano essere simili tra loro, irriconoscibili, e al contempo sempre diversi e molteplici.
Per sapere di più della mostra Incontrare Christian Martinelli www.kunstmeranoarte.org
Incontrare Christian Martinelli
- A cura di Ursula Schnitzer e Anna Zinelli
- Kunst Meran Merano Arte, Via Portici, 163 – Merano
- dal 7 ottobre 2023 al 28 gennaio 2024
- martedì-sabato 10-18; domenica e festivi 11-18; lunedì chiuso
- intero 7 euro, ridotto 5 euro
- kunstmeranoarte.org