Helmut Newton ha dedicato la sua intera carriera al ritratto femminile, firmando campagne pubblicitarie e servizi di costume per riviste spesso diversissime tra loro come Vogue e Playboy. Quando è scomparso, nel 2004, ha lasciato dietro di sé un’eredità di immagini ancora attuali e di ispirazione per le donne del terzo millennio.
Tra i vari eventi che nel 2020, a causa dell’epidemia di Covid-19, sono stati messi in secondo piano o posticipati, ci sono le celebrazioni per il centenario della nascita di Helmut Newton. Se da un lato Helmut Newton: The Bad and the Beautiful, il documentario di Gero von Bohem, è uscito un po’ in sordina, dall’altro la Helmut Newton Foundation di Berlino ha dovuto rimandare fino a ora l’apertura della grande retrospettiva che con circa 300 opere (molte delle quali esposte al pubblico per la prima volta) ripropone l’intera carriera del fotografo tedesco. Per chi non potesse andare fino in Germania per visitare la mostra è disponibile il catalogo a essa correlato, pubblicato dalla casa editrice Taschen, che ha da poco riproposto in edizione economica anche il famoso Sumo, il maxi libro la cui prima edizione risale ormai a venti anni fa.
Legacy
È fuor di dubbio che Helmut Newton sia un autore sul quale è possibile rintracciare online qualsiasi tipo di informazione, e proprio per questo è tra i fotografi di cui è più facile delineare l’eredità artistica. Infatti la mostra berlinese e il libro che l’accompagna si intitolano Helmut Newton. Legacy, dove la parola inglese legacy sta a significare un lascito più spirituale che materiale, un’eredità che si misura sulla risonanza delle intuizioni personali nel pensiero collettivo e sull’impatto che le opere dell’ingegno hanno avuto sulla cultura del tempo. Il termine suggerisce che quando si cerca di capire cosa Newton abbia lasciato dietro di sé non si tratta di individuarne gli emuli, ma di riconoscere l’eco delle sue fotografie nelle aspettative con cui ci si avvicina a un ritratto femminile, nei modelli di riferimento che si hanno in testa quando si sfoglia un servizio di moda in una rivista, nell’idea di bellezza che si coltiva quando ci si confronta con le sue innumerevoli manifestazioni nella storia dell’arte.
Ideale di donna
Detto semplicemente, nell’arco della sua lunga carriera Newton ha modellato un ideale di donna e lo ha poi consegnato ai suoi posteri, ma è solo confrontando i suoi scatti con i servizi di moda dei suoi predecessori e di molti contemporanei che si può apprezzare davvero la portata del suo lavoro. Infatti, fin dalle prime collaborazioni con Vogue nella seconda metà degli Anni ‘50, le sue figure femminili non si limitavano a essere belle e a indossare con grazia gli abiti di haute couture come se fossero manichini in carne e ossa. Già prima dell’avvento del femminismo le sue donne iniziavano a liberarsi, a togliersi di dosso il ruolo di oggetti passivi del desiderio maschile per iniziare ad assumere un’identità autonoma rispetto ai condizionamenti culturali e sociali. Ovviamente tale processo di emancipazione si svolse in modo più compiuto negli Anni ‘70 e ‘80, nonostante proprio in quel periodo Newton venisse accusato di essere misogino e sessista.
Le critiche più aspre e autorevoli gli vennero mosse nel 1979 da Susan Sontag (autrice nel 1977 di On Photography, un libro immancabile nella biblioteca di qualsiasi appassionato di fotografia) in un faccia a faccia nel programma televisivo francese Apostrophes.
La reazione del fotografo fu di indifferenza, quasi di scherno. D’altra parte non fece mai mistero del suo disinteresse per il buon gusto e per tutto il vocabolario edulcorato con il quale spesso si parla delle immagini di nudo. Parole quali “erotismo” e “sensualità” non lo entusiasmavano per niente: ciò che per lui contava maggiormente era mostrare, non disquisire su concetti astratti che esulassero dalla fisicità delle sue modelle. Forse anche per questo non amava lavorare negli ambienti anodini degli studi di posa, ma preferiva invece realizzare i propri servizi per strada, nelle camere degli hotel, nei salotti di ville lussuose e in vari altri spazi che lo aiutavano a rendere le sue donne abitanti di questo mondo anziché esseri di un altro pianeta.
Indipendenza
Le donne di Newton sono più difficili da descrivere di quanto si possa immaginare. Perché se da un lato sono dotate di una strabordante corporeità che le distanzia anni luce dalla bellezza eterea delle modelle di molti altri fotografi, dall’altro non si concedono mai allo sguardo dell’osservatore in modo docile: non si lasciano mai raccontare interamente dall’obiettivo, ma assumono pose ed espressioni che mantengono una carica di enigmaticità, quasi fossero state colte nel bel mezzo di un’azione interrotta dallo scatto dell’otturatore. In breve, sono di questa terra ma sono le protagoniste di storie che il fotografo non espose nella loro interezza, preferendo giocare con quell’ambiguità che emerge quando ciò che viene mostrato lascia intendere che c’è molto di non detto. Di sicuro però c’è che tutte quante appaiono indipendenti e autonome; prendendo a prestito un termine dal vocabolario della psicologia si potrebbe dire che non hanno bisogno che la loro presenza all’interno del fotogramma venga “validata” dallo sguardo maschile. Sono dunque figure femminili che non sono per niente in antitesi con le idee del femminismo e l’atteggiamento di Newton nei loro confronti, che per qualcuno potrebbe sapere di maschilismo, era in realtà quello di un autore che voleva celebrare la donna, esaltandone non solo la bellezza ma anche l’indipendenza dalle costrizioni sociali.
Le fotografie contenute in questo articolo fanno parte della mostra Helmut Newton. Legacy
- Helmut Newton Foundation – Berlino
- Dal 31 ottobre 2021 al 22 maggio 2022
- helmut-newton-foundation.org
Il catalogo correlato alla mostra è stato pubblicato dalla casa editrice Taschen, che ha da poco riproposto in edizione economica anche il famoso Sumo, il maxi libro la cui prima edizione risale ormai a venti anni fa.