Al Museo della Macchina Fotografica Giapponese di Hanzomon (JCII Museum), nel cuore di Tokyo, è in corso una mostra dal titolo che potremo tradurre in “Cosa c’è di così sorprendente in questa macchina fotografica?”. In esposizione, una selezione di fotocamere fuori dal comune, che colpiscono per soluzioni tecniche insolite o per storie decisamente curiose. Ve ne mostriamo alcune.
Prodotta intorno al 1900 nei Paesi Bassi da un costruttore rimasto anonimo, questa fotocamera utilizza una piastra metallica circolare rivestita di emulsione che, dopo lo scatto, viene immersa in un contenitore chimico integrato, sviluppando l’immagine all’istante. Un piccolo laboratorio portatile d’altri tempi.
Nel 1929 Kodak lancia una fotocamera a soffietto per pellicole 127 dal concept decisamente fuori dal coro: la Kodak Ensemble viene venduta con un beauty case coordinato contenente anche rossetto e accessori per il trucco. Pensata per la donna moderna dell’epoca, fu uno dei primi esempi di marketing pionieristico.
Prodotta in Nord America, la Tom Thumb Camera Radio era una minuscola macchina fotografica per pellicole 127 nascosta in una radio a valvole. Un gadget ibrido per veri appassionati di musica e fotografia.
Sulla stessa linea della Tom Thumb, ma realizzata in Giappone nel 1959 da Kowa Optical Products (antenata dell’attuale Kowa), la Ramera era una fotocamera da 16mm nascosta in una radio a transistor. Un oggetto che racconta l’estro creativo dell’industria ottica giapponese del dopoguerra.
Era il 2000 quando Sharp lanciava in Giappone lo J-SH04, primo telefono cellulare al mondo con fotocamera integrata disponibile in commercio. Marchiato J-PHONE, operatore mobile dell’epoca, questo antesignano dello smartphone permetteva di scattare immagini da 110.000 pixel: una risoluzione ridicola per gli standard odierni, ma rivoluzionaria per l’epoca.
Nel 1991 Kodak presenta al mondo la Professional Digital Still Camera System DCS100, la prima fotocamera digitale a obiettivo intercambiabile. Basata su una Nikon F3 modificata, montava un sensore CCD da 1,3 megapixel che inviava le immagini a un disco rigido esterno tutt’altro che tascabile, collegato via cavo. Non proprio uno strumento da reportage leggero, ma un passo decisivo verso il futuro.
Nel 1971, la Shanghai Photonics Factory produce in Cina la Hongqi 20, una fotocamera a telemetro che fa inevitabilmente pensare a qualcosa di ben più celebre: la Leica M4. Il corpo macchina e le tre ottiche del kit — un 35mm f/1,4, un 50mm f/1,4 e un 90mm f/2 — richiamano da vicino il design e le caratteristiche delle gloriose ottiche tedesche dell’epoca. Un omaggio? Una replica? Una reinterpretazione? Ai collezionisti l’ardua sentenza.
Venduta all’estero come una compatta giapponese marchiata Olympus, la 35 EF era in realtà tutt’altro: un prodotto di alcune fabbriche del Sud America, privo di qualsiasi legame con la storica casa nipponica. A rendere ancora più ingannevole l’operazione, un adesivo contraffatto JCII Patent, normalmente riservato a fotocamere giapponesi che rispettavano standard tecnici e legali. Un falso ben costruito, che ha tratto in inganno non pochi appassionati.
Tra i pezzi più iconici in mostra spicca una Nikon F3 con una firma d’autore: quella del designer italiano Giorgetto Giugiaro. Celebre per aver disegnato alcune tra le automobili più famose del Novecento, Giugiaro è anche l’autore delle linee moderne e robuste di questa reflex storica, diventata un riferimento estetico e funzionale nel mondo della fotografia professionale a pellicola.
Chiudiamo questa rassegna con un modello che, più che sorprendere, ha anticipato il futuro. Presentata nel 1986, la Canon T90 nasce dal genio di Luigi Colani, designer industriale nato in Germania nel 1928 e noto per i suoi progetti improntati all’aerodinamica. Le superfici curve della T90 erano qualcosa di mai visto nel mondo delle reflex degli anni ’70 e ’80. Questa macchina non solo segna uno spartiacque formale, ma influenzerà profondamente il design del sistema EOS, ancora oggi evidente in molte fotocamere Canon.
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