“Il fatto che riesca a deliziare l’occhio e la mentre allo stesso tempo, e a piantare il seme del dubbio è un segno della sua consumata abilità di artista”, scrive William A. Ewing, curatore di Essential Elements, “il” libro di Edward Burtynsky.
Edward Burtynsky fotografa il paesaggio ridisegnato dall’espansione industriale: cave, miniere, giacimenti petroliferi, specchi d’acqua, canali fluviali, tutti luoghi simbolo del progresso, scenari irrimediabilmente alterati a favore e per mano dell’uomo.
Cosa si estrae dalle miniere, dalle cave, dai pozzi in aree geografiche molto lontane dalle nostre città? Che forma ha la materia prima di essere trasformata e arrivare a noi? Da quei depositi naturali sono estratte le risorse della Terra poi trasformate in energia, strumenti tecnologici, oggetti della vita quotidiana che agevolano e facilitano la nostra esistenza.
Nelle immagini di Burtynsky, stampate molto spesso in grande formato, si evince la stretta relazione che esiste fra queste risorse, il modo in cui l’uomo se ne serve e anche sotto quale forma arrivano nelle grandi e affollate città (che pure Burtynsky fotografa), convertite in oggetti e servizi di uso quotidiano: guidiamo l’auto e voliamo in aereo grazie al petrolio, usiamo i sacchetti di plastica e fotografiamo con gli smartphone (che non si trovano sotto le pietre delle cave), la cui tecnologia è il risultato di una conversione iniziata proprio nelle aree industriali riprese dall’autore.
In questi luoghi si compie la prima fase di un ciclo “rivoluzionario” – nel senso che sovverte l’ordine costituito delle materie prime – che porta benessere all’uomo, progresso industriale, ma anche e conseguentemente un importante e irreversibile mutamento del paesaggio. Sia chiaro: nelle fotografie di Burtinsky non vuole esserci denuncia, sebbene le questioni trattate siano di particolare rilevanza, ambientale e sociale. L’autore, infatti, accede ai distretti industriali (per lo più attivi) che fotografa, non per condannare l’operato delle aziende – se così fosse non otterrebbe i permessi necessari – ma per rilevare quali siano le peculiarità di queste realtà dal punto di vista della produzione, delle infrastrutture e dell’impatto sul territorio circostante. “Queste immagini ci connettono con noi stessi, ricordandoci o meglio facendoci rendere conto da dove provengono gli oggetti che usiamo”, commenta Burtynsky.
La formula che il fotografo e film-maker canadese ha fatto sua è complessa e difficilmente emulabile, se non cadendo nella maniera: Edward estetizza il processo industriale, mettendo in evidenza pregi e ambiguità, attraverso un certosino lavoro sulla forma e sul colore. Inoltre, per garantire una visione d’insieme – fondamentale alla comprensione delle sue immagini – l’autore sa di dover guardare molto e da molto lontano con un punto di vista spesso zenitale. Per farlo si serve di riprese aeree e di un’ottica adeguatamente grandangolare montata sulla sua fotocamera medioformato.
Abbiamo raggiunto telematicamente Burtynsky che, pur non essendo particolarmente propenso a farsi intervistare, così ci ha risposto.
Estetica e contenuto: come ottieni l’equilibrio fra questi due valori nelle tue fotografie?
La stretta relazione fra forma e contenuto delle immagini svolge un ruolo molto importante nel mio lavoro. Da un lato, l’idea è quella di rendere le fotografie esteticamente gradevoli per attirare il pubblico dentro la scena e catturare l’attenzione. Mentre gli spettatori contemplano le mie foto, acquisiscono anche la piena consapevolezza di ciò che stanno veramente guardando; questo passaggio fornisce un’ulteriore profondità di significato alle immagini stesse.
Ti sei mai domandato quale sia la ragione di tanto interesse al cambiamento prodotto dall’uomo sul paesaggio nella contemporaneità?
Viviamo in un’era in cui nell’arco di poche generazioni l’influenza del genere umano sul destino del nostro pianeta è diventata pari a quella delle grandi forze della Natura. Quello che faranno le prossime generazioni determinerà il nostro futuro e la compatibilità del mondo con la vita come la conosciamo.
Sei nato in Canada e i tuoi genitori sono di origini ucraine. Qual è l’influenza delle tue radici sul tuo lavoro?
L’unico collegamento diretto col mio retroterra riguarda il lavoro che faceva mio padre in una fabbrica di automobili, la General Motors, nella città dove sono nato, St. Catharines, in Canada: è stato lì che, quando ero adolescente, ho riconosciuto la colossale grandezza e allo stesso tempo la spaventosità dell’industria, nella quale tra l’altro, anche io ho lavorato.
Fotocamera: quali scegli e perché.
La Hasselblad digitale da 60 megapixel è la fotocamera medioformato che uso attualmente. Questo formato mi permette di lavorare in modo rapido e di scattare molte immagini, il che è fondamentale quando si fotografa da un velivolo.
In Cina per fotografare ti sei servito di un elicottero telecomandato.
Quando stavo lavorando al progetto Water ho realizzato immagini aeree scattate nei modi più disparati, dagli aeroplani agli elicotteri, dalle benne di escavatori ai droni. Soprattutto in Cina mi sono spesso avvalso di un drone perché le regole sul volo nello spazio aereo cinese sono estremamente restrittive.
Avendo fotografato per quasi quarant’anni il dilemma della difficile relazione dell’uomo nel suo ambiente nel bel mezzo dell’era della globalizzazione, che idea ti sei fatto del futuro di questo Pianeta?
Considerato il tasso di crescita demografica e industriale che stiamo vivendo, per lo più senza riguardo per gli effetti ecologici, direi che abbiamo intrapreso un percorso irreversibile e disseminato di grandi sconvolgimenti nell’economia mondiale, che non sarà più in grado di sostenere la produzione di energia, cibo e altri materiali di consumo. A meno che non si cominci a prendere decisioni estremamente coraggiose e a cambiare il modo di considerare, apprezzare, valutare e adoperare le risorse e l’integrità del nostro pianeta. Ho sempre sostenuto che un pianeta in rovina è un male per gli affari. Io sono nettamente e dichiaratamente a favore di uno sviluppo sostenibile e responsabile.
ESSENTIAL ELEMENTS
Durante un incontro avvenuto nel maggio scorso in occasione del Photo London 2016, la fiera internazionale di fotografia organizzata ogni anno alla Somerset House di Londra, Burtynsky ha presentato l’ultimo progetto editoriale in ordine di tempo, il colossale Essential Elements. Abbiamo chiesto al curatore William A. Ewing di parlarcene.
Volevo che il libro fosse un complemento ad altri suoi progetti editoriali, qualcosa di diverso, ma che risultasse interessante anche per le persone che hanno già gli altri suoi libri. Non siamo incappati in grossi problemi perché abbiamo permesso al tempo di aiutarci: la maggior parte dei fotolibri oggi non sono altro che raccolte di immagini proprio perché non c’è il tempo necessario per lasciare marinare i contenuti”.
“Circa cinque anni fa ero da Ed per un altro lavoro, la giuria dello Scotiabank Prize, premio che ha contribuito a creare. Il tempo trascorso insieme mi ha fatto pensare che avrei voluto curare un libro sulla sua opera, ma da una prospettiva insolita, vale a dire mescolando tutti i soggetti in modo da scoprire l’estetica più profonda del suo lavoro. A Ed l’idea è piaciuta. Così ho iniziato a lavorarci scegliendo le immagini che interessavano a me e non perché non fossero mai state pubblicate. È capitato comunque che molto materiale scelto fosse inedito, circa il 60% del libro. Una volta selezionati circa 500 scatti, ho cominciato ad accoppiarli come si vede nel libro. Ho cercato di fare abbinamenti dinamici e sono arrivato un po’ alla volta alle 350 immagini pubblicate nel libro. La selezione è un’attività che svolgo lentamente…
Nel corso della lavorazione del progetto ho visto Ed ogni sei mesi e il tempo trascorso fra un incontro e l’altro ci ha dato modo di pensare a come potevamo migliorare il libro. Mentre ci lavoravo, mi sono anche reso conto che erano stati divulgati molti importanti articoli sulla sua opera, così ne abbiamo scelti trentasei da pubblicare insieme alle foto.
Titolo Essential Elements
Fotografie Edward Burtynsky
A cura di William A. Ewing
Formato 27,5x33cm
Fotografie 148
Pagine 202
Prezzo 46 euro
Editore Themes & Hudson
Bio
Il fotografo e video-maker Edward Burtynsky è nato a St. Catharines, in Canada, il 22 febbraio 1955 da genitori di origini ucraine. È uno dei fotografi più stimati a livello mondiale. Consegue la laurea in arti grafiche presso il Niagara College.
Nel 1985 fonda la Toronto Image Works, un servizio di noleggio della camera oscura, laboratorio fotografico specializzato in digital imaging e centro polivalente per la formazione a tutti i livelli della comunità artistica di Toronto (Canada).
Sue fotografie appartengono alle collezioni di oltre sessanta fra i musei più importanti di tutto il mondo tra cui la National Gallery of Canada, il Museum of Modern Art, il Guggenheim Museum di New York e il Museo Reina Sofia di Madrid. Fra i suoi progetti principali: Water, Oil, China, Manufactured Landscapes, Mines, Quarries, Urban Mines. Sue foto sono state pubblicate su numerosi periodici tra cui Canadian Art, Flash Art, Blind Spot, Sabato Notte, National Geographic, New York Times. Ha esposto in molte sedi, fra queste il New Orleans Museum of Art & Contemporary Art Center, New Orleans (Louisiana), la Corcoran Gallery of Art di Washington DC, la Howard Greenberg Gallery e la Bryce Wolkowitz Gallery di New York. Le prossime mostre: Aqua Shock presso la Borusan Contemporary di Istanbul (Turchia), fino al 19 febbraio, e presso la Kunst Haus Wien di Vienna (Austria), dal 23 marzo al 3 settembre. Per informazioni su queste esposizioni: www.admiraphotography.it