Il ritratto che utilizzate su LinkedIn è più importante di quanto si creda: in media, il 71% dei reclutatori ammette di aver escluso almeno una volta (e il 38% di farlo regolarmente) un candidato proprio basandosi sulla foto del profilo, a prescindere dal curriculum. È questo uno degli aspetti curiosi emersi da un recente studio pubblicato da passport-photo.online, e relativo al ruolo delle fotografie nelle dinamiche del social network professionale per eccellenza. La ricerca ha coinvolto chi si occupa di selezione di personale (quindi titolari d’azienda, manager e responsabili delle risorse umane) e si basa su un campione di circa 200 risposte. L’82% degli intervistati concorda sul fatto che “un libro non si giudica dalla copertina”, ma all’atto pratico le cose vanno diversamente: a ritenere la foto-profilo un primario fattore di posizionamento del candidato è il 90% di chi possiede un’azienda, mentre sono meno influenzabili dal fattore immagine i manager (60%) e i professionisti HR (50%); solo questi ultimi, inoltre, non tendono a ignorare i profili privi di fotografia (lo fa solo il 33%, contro il 74% dei manager e l’88% degli imprenditori). Poco male se al 15% degli intervistati non piacciono i ritratti privi di sorriso, eccessivamente casuali (23%) o in cui sono presenti anche altre persone (28%), mentre conviene evitare le foto delle vacanze (sgradite al 49% dei selezionatori) e quelle nelle quali il volto è parzialmente nascosto (75%). Sebbene non tutti i reclutatori siano esperti di immagine, la qualità premia: per il 67% la bassa risoluzione è un campanello d’allarme, e più dell’87% degli intervistati giudica male i ritratti che non appaiono frutto di una ripresa professionale: un’informazione che i fotografi di mestiere faranno bene a utilizzare a loro favore.