Roma
Dal 18 ottobre 2023 al 10 marzo 2024
Prorogata fino al 17 marzo 2024
All’anagrafe era Helmut Neustädter, poi divenne Helmut Newton. La versione anglicizzata del cognome saltò fuori da una giocosa combinazione delle parole inglesi new e town – nuova e città – perché città nuova era la traduzione letterale di Neustädter. Di città Newton ne ha cambiate tante, e tante ne ha elette a teatro della sua iconica e rivoluzionaria pratica fotografica. Tra i suoi set a cielo aperto non mancano le strade di Roma, città che ospita la seconda tappa italiana della retrospettiva intitolata Helmut Newton. Legacy tra le sale del Museo dell’Ara Pacis.
Helmut Newton. Legacy: una mostra in dialogo con l'Italia
Ragionando sul valore di una sinergia tra la mostra e la città che la accoglie, i curatori Matthias Harder – direttore della Helmut Newton Foundation – e Denis Curti – direttore artistico de Le Stanze della Fotografia di Venezia – hanno scelto di includere nel percorso espositivo una selezione di fotografie made in Italy mai esposte prima, frutto di un’importante collaborazione dell’autore con l’editoria del Bel Paese e nello specifico con la rivista di moda Linea Italiana. Si tratta di una dozzina di scatti, sei dei quali tratti dalla serie Paparazzi, ambientata proprio nella capitale d’Italia.
L'inconfondibile stile di Helmut Newton
“Si guarda una sua foto e si capisce subito che è sua” ha detto Matthias Harder a proposito di Helmut Newton nella conferenza stampa di anteprima dell’esposizione. Memori delle sue parole, proprio nel corridoio della mostra che accoglie le stampe romane, gli abbiamo chiesto di descriverci brevemente la serie e dirci cosa rende quegli scatti immediatamente riconducibili al fotografo di moda più pubblicato di sempre. Di seguito la sua risposta in un breve video.
La serie “Paparazzi” di Helmut Newton raccontata da Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation
Storytelling nella fotografia di moda: la rivoluzione di Helmut Newton
La donna al centro della scena e la narrativa su cui la scena stessa è costruita sono, dunque, due dei tratti essenziali della fotografia di Helmut Newton. Newton non fu certo il primo a rivoluzionare la fotografia di moda, si trovò piuttosto a fare i conti con le già consolidate firme di colossi del calibro di Martin Munkácsi, Frank Horvat, William Klein e Richard Avedon, tutti abbastanza innovativi da intuire la necessità di slegare i loro scatti dalla didascalica descrizione di un abito e decidere di portare le modelle fuori dallo studio, tra le strade, nella quotidianità cittadina.
Tuttavia, il geniale fotografo tedesco seppe fare di più: non si limitava alle strade, ma entrava nelle case private, negli hotel, nei ristoranti altolocati, negli appartamenti signorili e in questi contesti di lusso sfrenato costruiva delle storie cariche di erotismo e mistero. Non c’è dubbio che Newton sia stato il primo a introdurre lo storytelling nella fotografia. Afferma Denis Curti: “In queste immagini, e qui sta la grande portata di innovazione, accade sempre qualcosa. Le modelle smettono di guardare in macchina e cominciano a recitare”.
Ed ecco che già sulla parete di una delle prime sale della mostra campeggia il racconto visivo di una donna perquisita alla frontiera franco-belga, una messinscena composta da otto fotogrammi confezionati per French Vogue, nel 1962.
Da lì si dipana un imponente percorso espositivo, costellato di donne che corrono lungo una pista d’atterraggio, donne sull’uscio in compagnia di un giaguaro, donne nude con una gamba ingessata, donne che parlano al telefono mostrando un’espressione contrita.
L’influenza noir, il cinema e le arti figurative
Queste fotografie cariche di mistero, dubbio e provocazione strizzano l’occhio all’iconografia noir, per la quale Newton aveva sviluppato nel tempo una sorta di ossessione, sfociata poi nella serie Yellow Press, diventata un libro che traeva ispirazione dalle fotografie di scene del crimine e fatti di cronaca nera. Denis Curti racconta l’abitudine di Newton di ritagliare dalle riviste popolari incentrate su questo genere, le immagini che più lo colpivano per poi conservarle nei suoi diari e utilizzarle a tempo debito come bozze per le sue produzioni.
Numerosi, negli scatti Newtoniani, i riferimenti al cinema, ai film di Alfred Hitchcock, François Truffaut, David Lynch e Federico Fellini, nonché le rielaborazioni personali e attuali della pittura e dell’arte figurativa tutta. Tali rivisitazioni si concretizzano, ad esempio, nello scatto ispirato alla Venere di Velázquez, sdraiata nuda davanti a uno specchio. La cosiddetta versione Newton – la pratica, ideata nel 1981, di fotografare la modella nella stessa posa con e senza abiti – è invece riconducibile alla doppia versione della Maja (vestida e desnuda) di Francisco de Goya, mentre i Big Nudes, le imponenti gigantografie di donne nude, sono ispirati ai manifesti dei ricercati stampati a grandezza naturale dalla polizia tedesca negli anni Settanta.
E proprio a proposito di déshabillé, passeggiando tra le sale vale la pena di soffermarsi davanti al primo “nudo” mai pubblicato su un giornale, una fotografia a colori, abbastanza casta, scattata nel 1973 da un brillante Newton che seppe cogliere l’occasione di fotografare una modella con in dosso solo un impermeabile Burberry completamente trasparente.
L'importanza di una mostra
Organizzata in sei capitoli cronologici, la mostra Helmut Newton. Legacy offre agli avventori un’imperdibile occasione di assaporare oltre duecento scatti, riviste e documenti che raccontano a tutto tondo la storia di un’intramontabile leggenda della fotografia commerciale, un autore sorprendente, capace di rimanere sulla cresta dell’onda fino alla fine dei suoi giorni, accompagnato nel suo avvincente viaggio dalla moglie June Brunell, attrice poi diventata a sua volta fotografa con lo pseudonimo di Alice Springs. Ottanta gli scatti inediti esposti per la prima volta a Roma, tra i quali i primissimi autoritratti berlinesi scattati nello studio della celebre fotografa Yva, lo scatto parigino del 1976 che ritrae una coppia elegante in un albergo di lusso e le opere realizzate su commissione per Lavazza, oltre ai già citati fotogrammi italiani scattati tra Roma, Como, Capri e altre città.
Legacy
Il lascito (Legacy) di questo grande fotografo consiste nella sua capacità di riscrivere il vocabolario della fotografia di moda e di mettere in pratica un vero e proprio cambio di paradigma cogliendo sempre lo spirito del tempo, a volte persino anticipandolo. Oggi, a vent’anni dalla sua scomparsa, Newton è ancora in grado di stupire, di incollare l’osservatore alle sue immagini provocatorie che fanno leva su elementi che da sempre affascinano il genere umano: il doppio, il mistero, l’incompreso (e l’incompiuto), il surreale. Newton emana scosse che innescano, riflessioni e dibattiti, suscitano opinioni divergenti, e per questo si fa sempre più importante il ruolo giocato dalle mostre nella diffusione di una conoscenza approfondita e ben contestualizzata di autori di tale portata.
Accessibilità e massima fruibilità
Helmut Newton. Legacy è progettata per essere fruibile dal più ampio pubblico possibile. A tale scopo il percorso espositivo include audiodescrizioni, video LIS e disegni tattili, scaricabili anche online. Per tutto il periodo di apertura dell’esposizione è inoltre previsto un servizio di visite tattili e visite con interpreti LIS gratuite.
L’esposizione, curata da Matthias Harder e Denis Curti, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Marsilio Arte, organizzata da Zètema Progetto Cultura e Marsilio Arte, in collaborazione con la Helmut Newton Foundation di Berlino. Il catalogo è pubblicato da Taschen.
Helmut Newton. Legacy
- A cura di Matthias Harder e Denis Curti
- Museo dell’Ara Pacis, via di Ripetta, 180 – Roma
- dal 18 ottobre 2023 al 17 marzo 2024
- tutti i giorni, 9.30-19.30
- intero 13 euro, ridotto 10 euro
- arapacis.it