Il 13 aprile 2023 Boris Eldagsen ha rifiutato pubblicamente un Sony World Photography Award. La sua dichiarazione ufficiale, avvenuta nel cuore della cerimonia di premiazione dell’edizione 2023 del prestigioso concorso di fotografia, ha inevitabilmente conquistato l’attenzione della stampa internazionale e della comunità fotografica a proposito dell’attualissimo tema delle immagini generate attraverso l’intelligenza artificiale.
Durante la serata di gala Eldagsen è salito spontaneamente – e oseremmo dire inaspettatamente – sul palco per pronunciare un discorso che riportiamo integralmente di seguito.
“Grazie per aver selezionato la mia immagine e aver reso questo un momento storico, dato che per la prima volta un’immagine generata dall’intelligenza artificiale è stata premiata in un prestigioso concorso internazionale di fotografia.
Quanti di voi sapevano o sospettavano che fosse un’immagine generata dall’intelligenza artificiale? Qualcosa non va, giusto? Le immagini IA e la fotografia non dovrebbero competere tra loro in un premio come questo. Sono entità diverse. L’intelligenza artificiale non è fotografia. Pertanto non accetterò il premio.
Ho fatto domanda come una scimmietta impertinente, per scoprire se i concorsi sono preparati per individuare l’eventuale candidatura di immagini IA. Non lo sono.
Noi, il mondo della fotografia, abbiamo bisogno di una discussione aperta. Una discussione su cosa vogliamo considerare la fotografia e cosa no. L’ombrello della fotografia è abbastanza grande da invitare le immagini IA a partecipare o sarebbe un errore?
Con il mio rifiuto del premio spero di accelerare questo dibattito.
Essendo stato un fotografo per trent’anni prima di passare all’intelligenza artificiale, comprendo i pro e i contro della questione e sarò felice di unirmi alla conversazione.
In caso non sapeste cosa fare con il premio, donatelo al Fotofestival di Odessa, in Ucraina. Sarò felice di fornirvi i contatti necessari.
Grazie molte
Boris”
Boris Eldagsen e il suo Sony World Photography Award: la dinamica dei fatti
Facciamo un passo indietro per ricostruire, a grandi linee, la dinamica dei fatti. A dicembre del 2022 Eldagsen ha candidato un ritratto generato con l’intelligenza artificiale nella categoria Open Creative dei Sony World Photography Awards 2023. Nello specifico si tratta di una sezione del concorso alla quale è possibile partecipare con un’immagine singola e per la quale sono ammessi diversi approcci sperimentali. Sebbene il regolamento della categoria non escluda esplicitamente l’IA dagli strumenti utilizzabili, nelle linee guida della competizione Open si legge “[…] Judges are looking for good composition, creativity and clear photographs”.
Solo dopo esser stato informato di aver vinto nella categoria Open Creative Eldagsen ha comunicato a Creo (l’organizzazione del concorso, nata nel 2007 come World Photography Organisation) di aver fatto ricorso all’IA per confezionare l’immagine vincitrice, intitolata PSEUDOMNESIA/The Electrician.
Eldagsen sostiene di aver precisato, nella stessa mail, il suo intento di stimolare una discussione a proposito delle possibilità e dei rischi connessi ai generatori di immagini artificiali e invitava Sony a prender parte al dibattito.
Dal canto suo la World Photography Organisation ha specificato – in un comunicato ufficiale del 15 aprile integralmente pubblicato di seguito – che nella corrispondenza intercorsa con l’autore prima che egli fosse proclamato vincitore della categoria Open Creative Eldagsen ha sempre parlato di “co-creazione” dell’immagine con l’ausilio dell’intelligenza artificiale sulla base di una ventennale esperienza da fotografo, e che fornendo la garanzia richiesta dal regolamento della competizione avrebbe ulteriormente confermato di aver utilizzato un approccio sperimentale misto ammesso nella sezione creativa.
“Durante i nostri vari scambi prima che lo annunciassimo come vincitore della categoria Creativa nella competizione Open il 14 marzo, Boris Eldagsen aveva confermato la “co-creazione” dell’immagine con l’ausilio dell’intelligenza artificiale. Nella nostra corrispondenza ha spiegato come dopo “due decenni di fotografia, la mia attenzione artistica si sia spostata maggiormente sull’esplorazione delle possibilità creative dei generatori di intelligenza artificiale” e ha enfatizzato come la produzione di quella stessa immagine fosse fortemente dipesa dalla sua “ricchezza di conoscenza fotografica”. Come da regolamento del concorso, i fotografi forniscono delle garanzie al momento dell’iscrizione.
La categoria Creativa del concorso Open accoglie vari approcci sperimentali alla creazione di immagini, da cianotipie e rayografie a pratiche digitali all’avanguardia. Pertanto, in seguito alla nostra corrispondenza con Boris e alle garanzie da lui fornite, abbiamo ritenuto che la sua iscrizione soddisfacesse i criteri per questa categoria e abbiamo sostenuto la sua partecipazione. Inoltre, non vedevamo l’ora di impegnarci in una discussione più approfondita su questo argomento e abbiamo accolto con favore il desiderio di dialogo di Boris preparando domande per un apposito Q&A con lui per il nostro sito web.
Poiché ora ha deciso di rifiutare il premio, abbiamo sospeso le nostre attività con l’autore e, in linea con i suoi desideri, lo abbiamo rimosso dalla competizione. Date le sue azioni e la successiva dichiarazione che rileva i suoi deliberati tentativi di fuorviarci, invalidando le garanzie che lui stesso ha fornito, non ci sentiamo più in grado di impegnarci in un dialogo significativo e costruttivo con lui.
Riconosciamo l’importanza di questo argomento e il suo impatto sulla creazione di immagini oggi. Non vediamo l’ora di esplorare ulteriormente questo argomento attraverso i nostri vari canali e programmi e accogliamo con favore conversazioni riguardanti l’argomento. Sebbene gli elementi delle pratiche di intelligenza artificiale siano rilevanti nei contesti artistici della creazione di immagini, i premi sono sempre stati e continueranno a essere una piattaforma per promuovere l’eccellenza e l’abilità di fotografi e artisti che lavorano nel mezzo”.
I più curiosi potranno leggere nel dettaglio l’intera versione dell’artista tedesco a proposito dei suoi scambi con Creo sul suo sito ufficiale. In questa sede ci limitiamo a riportare il disappunto dell’autore, secondo il quale la proposta di lavorare coralmente al fondamentale dibattito sul rapporto tra fotografia e IA non sarebbe stata debitamente accolta da Creo.
Ma per qualcuno l’IA può essere considerata fotografia
Si legge sul sito di Eldagsen che sarebbe stata Deborah Klohko, capo curatore del Museum of Photographic Arts di San Diego, a selezionare la sua immagine come vincitrice della sezione Open Creative. Klohko avrebbe esortato il mondo della fotografia a non demonizzare o censurare l’evoluzione del mezzo e a comprendere che la definizione di “fotografia” sta cambiando radicalmente ed è in costante mutamento sin dal momento in cui è la fotografia stessa è stata inventata. Secondo la curatrice, PSEUDOMNESIA/The Electrician può essere considerata a tutti gli effetti una fotografia e avrebbe tutto il diritto di essere esposta all’interno di una mostra fotografica.
Quanto contano le categorie?
Non possiamo sapere se le dichiarazioni di Klohko sarebbero rimaste invariate di fronte all’ipotetica candidatura di un’immagine prodotta con intelligenza artificiale per una categoria diversa da quella creativa, così come non è dato sapere (almeno finora) perché Eldagsen non abbia osato “sfidare il sistema” proponendo la sua PSEUDOMNESIA/The Electrician nella categoria Open Portrait piuttosto che nella sezione più tollerante della competizione. Certo è che al di là della sacrosanta evoluzione e modernizzazione del mezzo fotografico sarebbe paradossale, per un concorso strutturato in una moltitudine di categorie dettagliatamente descritte e regolamentate, glissare proprio sulla definizione di fotografia, trasformandola in un concetto pericolosamente sfumato.
Non chiamatele fotografie
Eldagsen rimarca proprio l’importanza di etichettare le immagini generate con l’IA in modo diverso rispetto alle fotografie intese in senso tradizionale. Come dargli torto? Sebbene l’intelligenza artificiale rappresenti per certi versi una forma espressiva alternativa alla fotografia sarebbe assai improbabile – specialmente in determinati ambiti strettamente connessi all’informazione e alla divulgazione – imbattersi in uno spettatore poco interessato a sapere se si trova di fronte a un’immagine artificiale. È altresì vero che non è sufficiente sapere di trovarsi di fronte a una “fotografia” per potersi fidare del suo contenuto: lo insegna la storia e un intero filone di riflessione filosofica e di saggistica incentrato sull’aspetto ingannevole e menzognero dell’immagine fotografica propriamente detta.
In fin dei conti qual è il punto?
Sorvolando in merito all’appropriatezza del metodo scelto da Eldagsen per esortare Creo a intavolare un dibattito, cerchiamo di esporre quello che ci è parso il punto di vista dell’autore e che al di là di tutto crediamo che l’organizzazione del concorso possa condividere: che si tratti di fotografie o di immagini generate dall’IA è importante che si percepisca e che si combatta il rischio di alimentare la crescita esponenziale di produzione e diffusione di materiale visivo fuorviante, capace di generare disinformazione e condizionamento del pensiero. Si rende sempre più necessaria, in tal senso, un’indicazione esplicita e ben visibile circa la natura e l’autore di qualsivoglia immagine che sia fruibile da un osservatore, a prescindere dal suo contesto di pubblicazione. Proprio su questa certezza si basa, ad esempio, l’adesione di FOTO Cult alla Content Authenticity Initiative.
Non c’è da allarmarsi tanto, perché le immagini generate dall’intelligenza artificiale sono imperfette, posticce e senza cuore. O no?
Parte della comunità cui lo stesso Eldagsen fa più volte riferimento definisce le immagini generative artefatti facilmente smascherabili, prodotti senz’anima tutt’altro che paragonabili alle vere fotografie.
Riguardo il livello qualitativo delle immagini artificiali ci sentiamo di dubitare che l’ottimizzazione dei software tarderà a mettere in crisi anche i più esperti conoscitori di immagini fotografiche. Sul fronte creativo e comunicativo, tuttavia, ci preme tornare sulla visione di Deborah Klohko per condividerne l’inclinazione a non demonizzare l’evoluzione tecnologica e valutare, piuttosto, l’enorme potenzialità di uno strumento diverso dalla fotografia, ma non necessariamente destinato a occupare una posizione di inferiorità rispetto a quest’ultima.
Immaginiamo che un Edgar Martins del futuro realizzi Our War con l’IA
Come pubblicato nel nostro articolo dedicato ai vincitori dei SWPA 2023, il fotografo portoghese Edgar Martins ha conquistato il titolo di fotografo dell’anno grazie alla sua serie Our War, un lavoro dedicato ad Anton Hammerl, caro amico di Martins e fotogiornalista sequestrato e ucciso dalle milizie governative il 5 aprile 2011, durante il conflitto civile in Libia. Frustrato dalla mancanza di progressi nelle indagini per trovare i resti mortali di Hammerl, Martins si è recato in Libia per cercare, incontrare e fotografare persone in qualche modo connesse al suo amico. Martins ha rimarcato più volte le complessità realizzative di un progetto finalizzato a ritrarre una storia distorta dall’assenza e durante la conferenza stampa tenutasi a Londra la mattina del 13 aprile ha definito le sue sessioni fotografiche dei veri e propri momenti terapeutici e catartici per tutte le persone coinvolte nel suo lavoro e collegate alla spietata realtà della guerra.
Siamo certi di poter affermare che il coraggio, la risolutezza e la spiccata sensibilità di Martins siano stati, tra i tanti, gli ingredienti fondamentali per conquistare il plauso della stampa e il favore della giuria del concorso. E se un ipotetico Edgar Martins del futuro – una persona di altrettanto spessore – realizzasse un progetto analogo in tutte le sue fasi di ideazione e produzione a contatto con le persone ritratte dando istruzioni a un software di intelligenza artificiale (più evoluto dei sistemi attualmente in circolazione) anziché premendo il pulsante di scatto di una fotocamera?
Potremmo davvero escludere la capacità di tale lavoro di emozionarci tanto quanto Our War?
Ciò che conta veramente
Non sarebbero forse il tatto dell’autore, la sua idea, il suo approccio umano a smuovere, ancora una volta, l’animo del suo pubblico? Messa in chiaro da subito la genesi delle immagini per una pura questione di trasparenza e correttezza etica, spetterebbe esclusivamente alla capacità creativa e all’intento comunicativo degli autori fare la differenza qualitativa e sostanziale tra un lavoro e l’altro e non di certo al medium impiegato.
Svincolata l’IA da un ruolo di minor prestigio rispetto alla fotografia non resta che lavorare alle possibili vie percorribili per garantire al pubblico una costante tutela sotto forma di chiarezza e autenticità. Continueremo a seguire eventuali sviluppi della vicenda Eldagsen su entrambi i fronti, anche se arrivati a questo punto pare si possa escludere definitivamente la possibilità che si apra un dibattito tra le due parti. Ad ogni modo, se il risoluto artista tedesco decidesse di snocciolare qualche sano e prezioso consiglio tramite qualsiasi altra piattaforma accessibile al pubblico, la comunità fotografica non potrebbe che essergliene grata.