Per onorare Maurizio Rebuzzini su questo spazio e davanti a voi lettori ho atteso due giorni dalla sua morte, e se non fosse stato per un fatto inatteso probabilmente non l’avrei mai fatto. Pur conoscendolo da 30 anni, pur accomunandoci l’associazione a TIPA, pur avendo condiviso conferenze, viaggi, confidenze e poco più, non mi sono sentito autorizzato a darne notizia perché sarebbe stato un ennesimo annuncio, un pezzo di cronaca, gesto compiuto da troppi nelle poche ore seguenti la sua inattesa quanto tragica dipartita.
Il fatto inatteso è un testo scritto da Lello Piazza, uno dei pochi legittimati a parlare di Maurizio, un suo amico vero. Lello per me, negli anni 80, quando lavorava per Airone, è stato uno degli inneschi che hanno fatto esplodere la mia passione per la fotografia e vorrei che il suo ricordo di Maurizio stimolasse in voi un processo analogo. Dopo aver letto quello che Lello scrive di lui, cercate di Maurizio Rebuzzini dove più vi viene comodo, sul web, nelle librerie, nelle migliori emeroteche, dove certamente potrete trovare l’archivio di FOTOgraphia, la rivista che lui ha fondato tanti anni fa e che ha condotto fino al 17 settembre 2025. Maurizio ha lasciato un’eredità culturale fertilissima, non sprechiamola.
Emanuele Costanzo
Lamento per la morte di Maurizio
Se facessi Lorca di cognome, potrei cominciare così il mio lamento per la morte di Maurizio Rebuzzini, riprendendo e modificando leggermente, le parole del poeta che piangeva la morte dell’amico torero Ignacio Sànchez.
Il mio ricordo si brucia.
Ditelo ai gelsomini!
Non voglio vederlo!
La vacca del vecchio mondo
passava la sua triste lingua
sopra un muso di sangue
sparso sopra l’arena,
e i tori di Guisando,
quasi morte e quasi pietra,
muggirono come due secoli
stanchi di batter la terra.
Leggo i ricordi funebri su moltissimi giornali, ascolto addirittura la commemorazione che ne fa qualche televisione. Tutti ne parlano come il grande esperto di fotografia. Ma non era certo solo quello. Maurizio non sapeva soltanto di Fotografia, ma per me era e rimane il più grande esperto di fotografia del mondo.
Era anche un esperto di francobolli che parlavano di fotografia. Con quella raccolta di migliaia di esemplari, che amorosamente aumentava dopo ogni visita ai mercatini della vecchia Milano. Con quel suo straordinario progetto di un libro di mille pagine sui francobolli. Con quel suo lavoro di preciso certosino che consisteva nel fare una scansione di ogni francobollo, scontornandolo con Photoshop lungo la dentellatura, per aumentarne la definizione al fine di poterlo riprodurre a piena pagina.
Era anche uno stravagante raccoglitore di gadget fotografici, quegli oggetti carini ma inutili che vengono prodotti spesso per motivi commerciali, il cui possesso ci dà un momentaneo piacere ma che, il più delle volte, finiscono nella nostra spazzatura. Maurizio ne raccoglieva con amore un grande numero, ne possedeva, credo, più di ventimila. Sognava di farne un museo. Ma quando telefonava a chi poteva aiutarlo, non faccio nomi, riceveva nei migliori dei casi un rifiuto, nei peggiori, evitavano perfino di parlare con lui.
Era soprattutto il direttore di una rivista, la cui testata diceva FOTOgraphia, e guai a chi, citandola, non scriveva “Fotographia” mettendo le prime quattro lettere maiuscole. Chiunque la sfogliasse capiva subito che non era solo una rivista di fotografia. Maurizio poteva essere paragonato a Kant, per la lucida precisione e onestà intellettuale con cui parlava dei lavori dei fotografi. Poteva essere paragonato a Freud per i molti articoli pubblicati in cui parlava dell’Uomo. Avrebbe potuto essere paragonato a Gauss, per le rare ma intelligentissime pagine, che talvolta dedicava a calembour matematici che lo incuriosivano.
Sì, era il direttore – editore di FOTOgraphia, ma poteva essere considerato il più intelligente esperto di fotografia del mondo?
Mi sembra che non lo considerassero tale neppure le grandi case produttrici, molte delle quali da anni, gli negavano quell’aiuto, attraverso una pagina di pubblicità su ogni numero di FOTOgraphia, che gli avrebbe semplificato, almeno dal punto di vista economico, la vita. Una vita che, negli ultimi anni era diventata infelicissima, mortalmente infelice.
Molti di coloro che hanno scritto sui giornali di oggi affezionati ricordi di Maurizio, lo hanno amato. Tra i vari articoli cito quello che più mi è piaciuto, Addio a Maurizio Rebuzzini, lo studioso che Cartier Bresson aveva come amico, a firma Stefano Biolchini sul Sole 24 Ore. Ma, tra questi, non posso non ricordare, soprattutto a me stesso, di alcuni altri che preferivano stargli lontano.
Adesso siamo rimasti soli davanti ai ricordi funebri con cui i giornali gli rendono omaggio.
Tra gli ultimi ricordi funebri, dedicati ad altri importanti personaggi della fotografia, abbiamo insieme parlato brevemente di quelli dedicati a Gianni Berengo Gardin, mancato il 6 agosto 2025, e tanto amato da Maurizio. Commentandoli si rifletteva: «questi elogi parlano di chi li ha scritti, non di Gianni».
Questa riflessione rappresenta certamente un importante aforisma di Maurizio.
È importante ricordarne qualche altro.
«Una fotografia non è un’opera è un racconto».
Ricordando Ando Gilardi: «La gente crede di saper fare almeno tre cose nella vita: saper fotografare, saper parlare di fotografia, andare a cavallo. Ahimè solo il cavallo protesta».
«La fotografia italiana è equiparabile alla diligenza di Ombre rosse. In carrozza, c’è un microcosmo di varia natura (la prostituta che intende redimersi, il pistolero senza radici, il bancario che fugge con la cassa…). Comunque, gli indiani sono i critici: che sulla diligenza vogliono salire».
Ora devo chiudere. Il mago se ne è andato ma che ne sarà del suo Laboratorium artis magicae? Degli infiniti libri della sua biblioteca (cito pochi titoli, di immagini: Henri Cartier-Bresson – Images à la sauvette (1952), con dedica autografa; Robert Doisneau & Jacques Prévert – La Banlieue de Paris (1949); August Sander – Menschen des 20. Jahrhunderts; Diane Arbus: An Aperture Monograph (1972); Brassaï – Paris de nuit (1933); e di critica: Let Us Now Praise Famous Men di James Agee e Walker Evans (1941); Fotografia e società, di Gisèle Freund (1976); L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica di Walter Benjamin (1966).
Che ne sarà dei fumetti e di tutti quei meravigliosi oggetti da museo, legati alla fotografia, vecchi apparecchi, obiettivi, Polaroid?
Se di cognome facessi Lorca, pensando a Maurizio come a un elegante andaluso, così chiuderei, come chiudeva il poeta piangendo la morte di Ignazio.
Tarderà molto a nascere, se nasce,
un andaluso così chiaro, così ricco d’avventura.
Io canto la sua eleganza con parole che gemono
e ricordo una brezza triste negli ulivi.
Lello Piazza