Caratterialmente spigoloso, lo dicono in molti, William Eggleston è considerato oggi uno dei grandi rivoluzionari della fotografia a livello mondiale. Il museo olandese FOAM ne celebra il colore.
William Eggleston è nato a Memphis, Tennessee, settantotto anni fa, cammina e parla lentamente, le sue abitudini sono sempre state anticonformiste, al limite della tollerabilità. Fuma molto, è sposato ma non ha mai fatto segreto del suo gusto per le belle donne, ha uno spiccato interesse per le armi da fuoco e se ha qualcosa da dire non si fa scrupolo. È quel che si dice uno spirito libero.
Sprito libero
William Eggleston è nato a Memphis, Tennessee, settantotto anni fa, cammina e parla lentamente, le sue abitudini sono sempre state anticonformiste, al limite della tollerabilità. Fuma molto, è sposato ma non ha mai fatto segreto del suo gusto per le belle donne, ha uno spiccato interesse per le armi da fuoco e se ha qualcosa da dire non si fa scrupolo. È quel che si dice uno spirito libero.
Giudizio affrettato
Un tantino spocchioso, Eggleston, eppure dopo la sua prima grande mostra al MoMa di New York nel 1976 (anche la prima in assoluto con scatti a colori ospitata dal noto museo americano), la stampa lo criticò aspramente, per poi scusarsi per il giudizio affrettato e poco “Modern” sulle sue immagini ritenute noiose, come fu scritto sul New York Times. Meglio sarebbe stato se i giornalisti si fossero interrogati sulle ragioni che avevano spinto l’allora direttore della sezione fotografica del MoMa, John Szarkowsky, a credere tanto in lui. Cosa fotografava (e fotografa tuttora) Eggleston per farsi giudicare monotono? La vuota banalità di tutti i giorni, riempita di vibrante colore. La rivoluzione del suo modo di vedere la realtà però non si ferma qui.
Scattare a colori
William, nato in una famiglia benestante, ha cominciato a fotografare in bianconero appena ventenne e da autodidatta, in un periodo (fine anni Cinquanta) in cui tutti i grandi fotografi americani scattavano con Rolleiflex o Leica e sempre in bianconero, tratto distintivo della fotografia che allora rientrava nei ranghi dell’arte. Poi arriva lui che, non solo si mette a scattare a colori – sviluppando con il Dye Transfer, un processo che permetteva possibilità interpretative infinite a livello cromatico, molto costoso e brevettato negli anni Quaranta dalla Kodak – ma sceglie pure soggetti banalissimi della quotidianità e li trasforma in sofisticati strumenti di osservazione sulla realtà americana. Il suo scatto più famoso, tanto per intenderci, è un soffitto rosso con una lampadina al centro.
Un "pop"
Nel film The Colourful Mr. Eggleston (2009), l’autore racconta il suo modo di lavorare, definito da molti elegante e subitaneo, ed esprime tutta la sua radicale maniera di concepire la fotografia: “Certi autori”, sostiene “scattano tante immagini dello stesso soggetto per poi scegliere la migliore: questo è ridicolo!”. In effetti, lui era come si dice un fotografo “one-shot”, una foto, un pop – come lo definisce il regista David Lynch – e via, gli occhi su un’altra cosa.
Altro che banali, insomma: le fotografie di Eggleston sono incredibilmente nostalgiche nella loro manifestazione del quotidiano e, dopo averle guardate, ciò che permane è una forte sensazione di apprensione e di vuoto.
Le fotografie contenute in questo articolo fanno parte della mostra William Eggleston – Los Alamos
- Foam Museum
- fino al 7 giugno 2017
- www.foam.org