Le fotografie aeree di Tom Hegen sono bellissime, questo è fuor di dubbio. La loro qualità estetica attira la nostra attenzione, ma l’argomento clou è un altro: mostrare dall’alto l’impatto delle azioni umane sulla superficie terrestre, irrimediabilmente trasfigurata. Quanto ancora può resistere il nostro pianeta?
La fotografia aerea, secondo il giovane autore tedesco Tom Hegen, è un genere esteticamente attrattivo che lui mette al servizio di una stringente urgenza collettiva: prendere coscienza degli interventi umani e degli effetti che questi causano sulla natura. Le immagini riprese dall’alto, infatti, sono quelle che meglio possono evidenziare gli stravolgimenti prodotti sull’ecosistema dall’agire dell’uomo. E questo indipendentemente dal fatto che a essere coinvolti siano il sottosuolo, i fondali marini, i ghiacciai, o le coltivazioni di arbusti e magari di ostriche, sui quali Hegen punta l’obiettivo ricercando inquadrature rigorosamente zenitali.
“Sono affascinato dall’astrazione che deriva dal cambio di prospettiva”, spiega Hegen, da noi raggiunto telematicamente per farci raccontare come vede la terra da lassù, dal cielo che “conquista” in aereo, in elicottero o affidandosi a un drone. Inoltre, vedere qualcosa di familiare da un punto di vista insolito fa apprezzare il soggetto con l’entusiasmo e la fascinazione che i bambini provano di fronte alle nuove scoperte.
Astrazione e valore estetico, quindi, sono i due “strumenti” che Tom Hegen riesce a utilizzare, integrandoli – e qui sta il punto – in un linguaggio visivo fortemente testimoniale. “Adopero questo metodo per ispirare le persone e offrire allo spettatore una connessione visiva con il soggetto, poiché in questo modo chi guarda avrà bisogno di più tempo per decodificare ciò che sta osservando”, ci ha confidato a microfoni spenti prima di rispondere alla prima domanda dell’intervista che segue. E proprio in quel tempo, aggiungiamo noi, potrà comprendere di essere parte di quelle bellissime e tremende trasformazioni che ha sotto gli occhi.
Tom perché hai iniziato a fotografare?
Studiando comunicazione visiva ho scoperto quanto il design sia fondamentale per trasferire informazioni utilizzando mezzi quali la grafica, l’illustrazione, il video e la fotografia. Ma ho scoperto anche la gioia che mi dava la fotografia in quanto strumento per raccontare storie e fare arte. Ho cominciato con il paesaggio, eseguivo composizioni classiche, inseguendo la luce perfetta. Ma presto mi sono reso conto che quegli scatti erano smielati e non rappresentavano l’ambiente reale. Ho iniziato quindi a mettere in discussione il termine landscape (paesaggio in italiano, n.d.r.) nel contesto fotografico: land significa terra, la radice del suffisso scape proviene dal tedesco schaffen (creare in italiano, n.d.r.) e si può anche tradurre con il verbo inglese to shape, ossia modellare, dare forma.
Quindi, secondo questa logica sono arrivato alla conclusione che in fotografia fare paesaggio vuol dire intervenire sulle caratteristiche visibili di un’area. Con queste premesse ho cominciato a leggere in modo nuovo il paesaggio che mi circondava. Di conseguenza ho iniziato a vedere la fotografia paesaggistica come un modo per documentare i luoghi trasformati dall’uomo, piuttosto che una semplice rappresentazione della natura incontaminata.
Oggi cerco di applicare i principi del design della comunicazione al mio modo di fare fotografia: documento l’impatto degli esseri umani sul Pianeta e lo faccio attraverso la fotografia aerea fine art. Con i miei progetti miro ad attirare l’attenzione su questioni alle quali probabilmente pochissimi farebbero caso.
Quali sono i tuoi strumenti?
Uso fotocamere medioformato ad alta risoluzione, nello specifico le Fujifilm della serie GFX, e mi servo di elicotteri, aeroplani, mongolfiere, per volare e fotografare dall’alto. In alternativa uso un drone per portare in cielo la mia fotocamera. Ho anche scattato dalla cima di un ponte, quindi per me non è sempre necessario essere a bordo di un velivolo: intendo dire mi concentro meno sulla tecnica e maggiormente sulla singola immagine, la serie e il concetto.
Cosa ricerchi fotografando dall’alto?
Mi interessa il concetto di antropocene, ossia l’attuale era geologica. Gli scienziati sostengono che l’uomo, negli ultimi secoli, è diventato uno dei fattori più importanti che influenzano i processi biologici, geologici e atmosferici sulla Terra. Alcuni dei mutamenti più significativi nell’antropocene includono il cambiamento climatico, il buco dell’ozono nell’Antartico, il rapido aumento del livello del mare e i cambiamenti del paesaggio causati dai movimenti dei fiumi o dal degrado delle materie prime. Nella mia fotografia esploro l’origine e la portata di tale concetto per comprendere le dimensioni dell’intervento dell’uomo negli spazi naturali e per provare a responsabilizzare gli esseri umani.
Quali sono le tracce prodotte dall’uomo che cerchi nei tuoi paesaggi aerei?
A mio avviso la fotografia panoramica racconta molto del rapporto tra uomo e natura. Solo pochi posti sulla Terra sono rimasti intatti. La nostra spinta a scoprire, esplorare, acquisire e comandare il mondo spazia dalle vette più alte delle montagne agli abissi più oscuri del mare. I paesaggi che fotografo sono conseguenze del nostro agire collettivo. Pertanto, abbiamo tutti un legame diretto con quei luoghi. Credo che, in modo simile al formato panoramico, la fotografia aerea abbia la capacità di aiutare le persone a comprendere meglio il mondo in cui viviamo. Penso inoltre che la creatività e la narrazione visiva possano aiutare ad affrontare le sfide e le opportunità del ventunesimo secolo.
La preparazione prima del volo.
I miei progetti sono tutti preceduti da una lunga fase di ricerca sull’argomento che affronterò. Quando individuo un tema che mi interessa, inizio a indagarlo. Ci vogliono lunghi preparativi per portare a termine un progetto. Infatti, pianifico i miei lavori con cura prima della produzione vera e propria: la preparazione è molto importante quando si tratta di fotografia aerea, specie se voglio assicurarmi un risultato e se desidero che questo abbia successo. Per prepararmi, ad esempio, uso diversi strumenti e software che mi danno accesso a immagini satellitari per avere un’idea migliore del luogo prima di visitarlo.
Se dovessi scegliere tre progetti fra i tanti che hai realizzato, quali sarebbero?
Il primo è The Two Degrees Series in cui documento gli effetti del riscaldamento globale sulla calotta glaciale artica. Ho viaggiato in Groenlandia e, insieme a un pilota, ho volato per un paio di centinaia di chilometri alla ricerca di laghi e fiumi con acqua in disgelo. Questo progetto ha richiesto molto impegno e pianificazione. Il secondo è The Spanish Farmland Series ed è dedicato all’arte dell’agricoltura nelle terre aride della Spagna centrale. Infine, il terzo progetto che voglio citare riguarda The Geothermal Energy Series: l’ho realizzato di recente in Messico riprendendo, in questo caso da un aereo da turismo, il complesso delle centrali geotermiche di Cerro Prieto, uno dei più grandi al mondo.
Vivi di fotografia? Se sì, come vendi i tuoi lavori?
Sì, sono un creativo a tempo pieno. Vendo le mie immagini sotto forma di stampe d’arte in edizione limitata, attraverso gallerie e direttamente a collezionisti di tutto il mondo. Produco anche serie di foto destinate alla distribuzione tramite agenzia, e realizzo progetti fotografici e cinematografici commerciali.
Di recente hai avviato una collaborazione con la nota casa di moda tedesca Hugo Boss. Ci puoi raccontare come sta andando?
La collaborazione con Hugo Boss è arrivata grazie alla richiesta di un loro stilista. Dopo le trattative iniziali, abbiamo concordato un percorso da fare insieme e abbiamo pensato che il mix di tessuto e fotografie artistiche astratte avesse un grande potenziale per creare qualcosa di. In effetti, la collezione di moda che è stata realizzata per l’autunno si è rivelata molto bella ed è stata ben accolta dai clienti di tutto il mondo.
Il tuo prossimo progetto?
Negli ultimi anni ho pubblicato due libri. Al momento sto lavorando al terzo che potrebbe essere dato alle stampe l’anno prossimo. Ho anche viaggiato negli Stati Uniti per lavorare su alcuni nuovi progetti di fotografia aerea: questi usciranno entro la fine del 2021.
Bio
Nato nel 1991 a Königsbrunn, in Germania, Tom Hegen oggi vive a Monaco di Baviera. Dopo aver studiato Graphic Design all’Università di Scienze Applicate di Augsburg si è dedicato alla fotografia professionale, specializzandosi nelle riprese aeree. Con i suoi scatti documenta le tracce dell’uomo sulla superficie terrestre, spesso adottando un linguaggio visivo che sconfina nell’astrazione: evidente il fine di offrire spunti originali alla riflessione ambientalista.
Ha tenuto mostre personali e collettive in molti Paesi del mondo, quali Germania, Regno Unito, Italia, Belgio, Corea del Sud e Cina. Il suo lavoro, inoltre, gli è valso alcuni dei premi più prestigiosi a livello internazionale, tra i quali il Red Dot Design Award, l’International Photography Award, il Leica Oscar Barnack Award e il German Design Award. tomhegen.com