L’era dei puristi della fotografia è conclusa, e anche l’esigenza di sbandierare l’autenticità delle immagini per nulla “elaborate” è sulla via del tramonto. Marianna Santoni, affermata specialista del digital imaging, scardina la cattiva nomea del fotoritocco e ci parla degli intenti e degli strumenti che definiscono il prestigio dello sviluppo digitale, passaggio ormai indispensabile del processo fotografico.
Basta un rapido scroll nella home page del sito mariannasantoni.com per essere trascinati nella sua magnetica realtà fatta di eccellenze nel settore del digital imaging. Competente, empatica, coinvolgente e innovatrice, Marianna Santoni è un concentrato di qualità che la fanno emergere e viaggiare sulla cresta dell’onda: nel campo della fotografia e del fotoritocco delle immagini digitali, è tra gli esperti con il più alto numero di riconoscimenti ufficiali al mondo. Dopo la video intervista in diretta Facebook del 24 aprile 2020 (record di visualizzazioni e commenti rispetto agli altri video prodotti da EIZO fino a quel momento), condotta dal direttore di FOTO Cult, Emanuele Costanzo nell’ambito degli incontri organizzati da EIZO Academy, abbiamo chiacchierato nuovamente con Marianna, focalizzandoci sulla sua vita lavorativa e sui percorsi che l’hanno resa la professionista che è oggi. Ecco cosa ne è emerso.
Come è iniziato il tuo rapporto con la fotoelaborazione?
C’era una volta una ragazzina che sognava di lavorare nel mondo della fotografia… Facevo ancora l’università, studiavo Antropologia Visuale. Portavo la fotocamera con me ovunque andassi e divoravo qualsiasi libro, rivista, opuscolo o sito Internet che parlasse di fotografia. Una fotografa americana, colpita dalla mia passione e dal mio occhio, mi aveva anche regalato i libri con i quali lei si era laureata in fotografia. In quello stesso periodo, grazie a una borsa di studio, mi imbattei in Adobe Photoshop: fu un colpo di fulmine e quel software, oggi noto anche fra i non addetti ai lavori, diventò subito un’ossessione per me. Ma non finì lì: due anni più tardi, il mio ragazzo dell’epoca mi disse che ero stata convocata proprio da Adobe per un colloquio. Mi spiegò che pochi giorni prima aveva visto nella home page del sito della softwarehouse un annuncio di ricerca di personale, e che aveva inviato il mio curriculum senza dirmi nulla.
Un’altra foto beauty realizzata con la modella Beatrice Risiglione ed esposta in molte mostre curate da Canson in tutto il mondo.
Ci stai dicendo che sei partita dal top?
Ero certa di non avere speranze, ma andai comunque: volevo sfruttare quella opportunità per capire come funzionasse un colloquio di lavoro. Non ne avevo mai fatto uno serio e speravo di poter imparare qualcosa da quell’esperienza. Mi chiesero di tutto: dagli aspetti più tecnici fino ad argomenti di cultura fotografica. Con sorpresa mi resi conto che conoscevo le risposte. Alla fine del colloquio mi dissero: “La richiameremo sicuramente”. Dopo un’ulteriore prova mi fu annunciato che ero diventata parte del gruppo ristrettissimo degli Adobe Guru: i massimi esperti italiani sui software Adobe scelti direttamente da Adobe. Su Photoshop eravamo solo quattro persone e io ero la più giovane. Avevo ventisei anni e da quel momento la mia vita è cambiata definitivamente.
Foto beauty della modella Selene Gnavolini, tra le muse preferite di Marianna Santoni. In questa foto si comprende al meglio il senso di una postproduzione che non appiattisce e omologa, ma cerca di valorizzare al massimo la bellezza di una pelle giovane e sana.
Quanto è importante conoscere il soggetto ripreso per chi si occupa di postproduzione?
Spesso si fa l’errore di pensare che la postproduzione serva a rendere una foto più bella e che consista in una serie di trucchetti. Per me la postproduzione non è niente di tutto questo e ha senso solo in relazione alla conoscenza profonda del soggetto e delle intenzioni del fotografo. Un mio collaboratore storico, che è anche un grande copywriter, Gaspare Grammatico, diceva spesso ai suoi studenti: “Per vendere qualcosa devi conoscerne almeno 70 particolari”. Questo secondo me vale anche quando postproduci una foto. Una volta venne da me il reporter Franco Pagetti. Mi chiese di dargli una mano a capire se potevamo salvare una serie di foto che aveva dovuto scattare in condizioni piuttosto critiche. Il soggetto era un candidato al Nobel per la Letteratura, António Lobo Antunes, non avevo mai letto nulla scritto da lui, né lo avevo mai ascoltato parlare. Passai tre giorni a documentarmi e a vedere sue interviste. Avevo bisogno di capire chi fosse, di cosa parlavano i suoi libri, la sua gestualità, il suo modo di abitare lo spazio fisico intorno a lui, le sensazioni che mi arrivavano. Più cose conosco e sento, più ne riesco a trasmettere con la postproduzione; anche solamente vedere come si muove un soggetto mi aiuta a rendere la foto molto più vera, più dinamica, più viva. Quando Franco vide la foto mi scrisse: “Tu sai leggere nel pensiero. Grazie”.
Un ritratto dell’attore Fabio Sartor: oltre che in varie pubblicazioni, è stato esposto in una stampa di oltre cinque metri all’ingresso di Photopia Hamburg, la fiera tedesca dell’imaging.
Per sviluppare al meglio un’immagine digitale, quanto conta il monitor?
Immagina un musicista in gamba, preparato, competente e sensibile che sia costretto a suonare uno strumento di bassa qualità non accordato: indipendentemente dalla sua bravura, la sua performance sarebbe compromessa. Lo stesso accade a un fotografo che usa un monitor di bassa qualità non calibrato. Un monitor non calibrato e/o di pessima qualità dice bugie su ogni pixel e quindi non è in grado di farci vedere un’immagine per quello che realmente è. Le conseguenze sono molteplici. Quando lavori con un monitor non calibrato, quello che stampi è diverso da quello che vedi a schermo, ma non solo, potresti anche accorgerti che hai dedicato tempo a rimuovere dominanti o difetti da una foto che in realtà non aveva problemi, si trattava semplicemente di un problema di visualizzazione. Tutto questo può farti perdere molto tempo, ma anche portarti verso una postproduzione che peggiora le tue foto invece di migliorarle. Postprodurre senza preoccuparsi di avere davanti ai propri occhi un monitor calibrato di buona qualità è un errore molto frequente e anche uno tra i più gravi. Questo è probabilmente uno dei tasselli che creano uno spartiacque netto tra chi si improvvisa e chi invece sa far bene le cose. Spesso i fotografi sbilanciano troppo i loro investimenti sulla fase di ripresa trascurando le strumentazioni essenziali per la postproduzione. A volte l’acquisto di un monitor di fascia alta può fare paura in termini di investimento, mentre si dovrebbe dare più peso all’impatto enorme che quel singolo impegno economico ha in termini di qualità dei risultati e velocità di esecuzione.
Uno scatto realizzato dal vivo dal palcoscenico del Tour Nazionale Elinchrom 2008. La foto è stata ispirata da una frase di Elizabeth Fishel “A sister is both your mirror – and your opposite”. Le modelle sono Veronica Fedolfi e Benedetta Tewoldeberhan.
Credi che la conoscenza della teoria del colore sia abbastanza diffusa tra coloro che si occupano di fotografia?
La teoria del colore è uno degli ambiti più vasti e spesso meno conosciuti nel mondo della fotografia. Il corretto uso dei colori riguarda una moltitudine di aspetti tecnici, simbolici, emotivi, psicologici. La composizione dei colori, la gestione dei profili colore, le armonie e i contrasti cromatici, come si ottiene una determinata tonalità, il significato delle tinte e cosa trasmettono, quale usare per far risaltare un elemento, come dare più significato a una cosa invece che a un’altra, sono tutti aspetti che possono arricchire sconfinatamente le possibilità creative ed espressive di un fotografo. Spesso la leva che mi spinge a studiare con passione qualcosa è proprio il desiderio di non accontentarmi di un compromesso tra ciò che vorrei e ciò che riesco a ottenere. Questa è la stessa molla che ritrovo in molti miei allievi.
C’è un colore che ti dà più filo da torcere rispetto agli altri?
Uno dei colori che richiede più mestiere ed esperienza è il rosso nelle sue diverse sfumature. È un colore forte, protagonista e primeggiante. È il primo che l’occhio umano intercetta e per millenni è stata la sola tintura che l’uomo ha usato. Oltre alle criticità compositive, il rosso crea anche diversi problemi tecnici nel senso che molte sue nuance non sono facilmente riproducibili fotograficamente.
Foto ispirata alle atmosfere del secondo dopoguerra. Nello scatto, la camaleontica Selene Gnavolini. In questa immagine i colori sono stati completamente cambiati utilizzando una specifica palette di colori scelta da Marianna e applicata in postproduzione.
La separazione delle frequenze è molto diffusa nella fase di ritocco della pelle. Condividi questa scelta tecnica?
Di sicuro è un escamotage molto utilizzato, anzi, abusato. Marchi e riviste di fascia alta spesso si accorgono se viene utilizzata e chiedono specificamente di evitarla, perché dà all’immagine un aspetto dozzinale. Quando una qualsiasi tecnica di postproduzione è facilmente smascherabile io la evito, preferisco usarne altre, meno riconoscibili. Per me la postproduzione è un velo di magia che sottostà all’immagine e che la sorregge, ma non deve primeggiare né svelarsi. Mi capita, piuttosto, di usare la separazione delle frequenze nelle foto di still life, in particolare su pellame e metalli. Nel ritratto la limito a rari casi specifici: ad esempio la impiego su alcune porzioni di pelle dei neonati.
Lavori con molti autori importanti del panorama internazionale della fotografia, tra i quali George Tatge. Come è cominciato il tuo rapporto con lui?
La storia tra me e Tatge è molto bella, è cominciata con un lavoro ed è poi diventata un’amicizia importante. Ero agli inizi. Avevo cominciato appena un anno prima a studiare Adobe Photoshop e a usare fotocamere digitali. Un cliente con cui già lavoravo coinvolse Tatge per un bel progetto fotografico con il banco ottico all’interno dell’azienda e chiesero a me di postprodurre quegli scatti. Di fatto fu il primo vero lavoro di postproduzione che mi fu commissionato. Tatge e l’azienda ne furono entusiasti e questo mi incoraggiò molto. Di lì a pochissimo mi presentai, del tutto inconsapevole, al colloquio con Adobe di cui ho raccontato all’inizio.
Pro e contro delle mode della postproduzione.
Come tutte le mode, hanno molto a che fare con il consumismo, con l’omologazione e con ciò che è temporaneo. Per questo non vedo troppo di buon occhio un rapporto stretto della fotografia con il concetto di moda del momento. Per me la fotografia è una forma d’arte, anche nelle sue accezioni più commerciali. In quanto tale dovrebbe avere a che fare con l’unicità e con la durata sul lungo tempo. È certamente inevitabile che ci siano mode anche nella fotografia ed è inevitabile che certi stili, soggetti, effetti e colori richiamino il tempo al quale appartengono, ma spesso ho la sensazione che certe tendenze siano solo una scorciatoia per cercare di rendere più piaciona una foto semplicemente debole.
Marianna Santoni nella sua aula durante un corso di Photoshop a Milano. Foto: © Claudia Melchiorri.
Bio
Marianna Santoni, nata a Foligno nel 1978, è Guru, Evangelist e Ambassador per brand del calibro di Adobe, EIZO, Canson ed Elinchrom, per citarne alcuni. Nel campo della fotografia digitale e del fotoritocco è tra gli esperti al mondo con il più alto numero di riconoscimenti ufficiali, ricevuti dai più importanti marchi del digital imaging e dalle più alte realtà governative. Da quasi 20 anni è un punto di riferimento a livello nazionale e internazionale per chiunque desideri ottenere il massimo con le immagini digitali: dalla fase di scatto, alla postproduzione, fino alla stampa. Ha tenuto docenze in 15 diverse università e istituti tra cui la Sorbona di Parigi. È autrice di oltre 70 pubblicazioni, tra cui la prima guida al mondo su Lightroom commissionata da Adobe nel 2006. È stata il primo esperto italiano, eletto da Adobe, come “Miglior Adobe Guru” per Photoshop e Lightroom e il primo ritoccatore in Europa a ricevere il riconoscimento di Wacom Evangelist, il prestigioso gruppo dei maggiori esperti al mondo sull’uso delle tavolette grafiche professionali.
Quella con Marianna Santoni rientra nel piano di interviste d’autore realizzate da FOTO Cult con il prezioso supporto di EIZO Academy. L’iniziativa di alto valore tecnico e culturale voluta da EIZO vede protagonisti studiosi dell’imaging e professionisti di fama internazionale. Per restare sempre aggiornati sui prodotti e sulle iniziative EIZO è possibile iscriversi alla newsletter. Via mail verranno comunicate tutte le novità relative ad attività, prodotti, contenuti formativi ed eventi speciali.