Roma
Dal 1° al 31 marzo 2023
Dal 1° al 31 marzo la galleria BiancoContemporaneo di Roma ospita Fuori dal Mondo, una mostra fotografica di Marco Palombi fatta di scatti in grande formato. Le immagini sono incentrate sugli sguardi e sui ritratti di popoli costretti alla fuga dai propri territori a causa delle guerre, della fame, della siccità o delle calamità naturali, popoli le cui civiltà appaiono destinate alla dissoluzione. L’esposizione include anche una serie di fotografie di piccolo e medio formato.
Marco Palombi, fotoreporter freelance, inviato di Repubblica, La Stampa ed altre testate, dagli anni ’90 viaggia per raccogliere immagini per i suoi reportage dedicati alle minoranze etniche, ai popoli nomadi e ai contrasti tra Occidente ed Oriente.
La mostra è corredata da un catalogo/cartella d’artista a tiratura limitata di 50 copie: un bauletto con le foto delle opere esposte unitamente ai testi e la biografia dell’autore.
Di seguito alcuni testi che raccontano il lavoro di Palombi visto attraverso gli occhi di amici o colleghi.
“Che la fotografia sia una delle forme del racconto più astute e sfortunate nella lotta contro il tempo, lo ha già detto Leonardo Sciascia. Lo scatto che fissa un luogo, un volto, la scena di una gioia o di una tragedia, supera in abilità ed efficacia espressiva altri astuti e sfortunati modi di narrare: dalla letteratura al racconto della Storia. Si parla di astuzia perché c’è il tentativo, riuscito o no, di rappresentare un frammento di realtà per rappresentare un tutto: presente, passato, ma anche futuro. Si parla di sfortuna perché la foto, grazie all’immediatezza del suo messaggio, può vincere la gara con le altre forme del racconto. Ma la sua è una vittoria effimera. Marco Palombi, mio insostituibile compagno di esplorazioni nei Paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina, nel raccontare il complesso mondo della Cooperazione internazionale è riuscito, con il suo sguardo rapido ed empatico, a giocare la partita con il tempo, trasformando ogni scatto in un racconto fedele, a volte agghiacciante, ma sempre solidale, caldo e mai compiaciuto”.
“Nel 1970 la diga di Assuan ha dato elettricità alle famiglie egiziane e raddoppiato la superficie coltivabile del Paese, ma il prezzo di tutto questo è stato pagato dalle popolazioni locali costrette ad abbandonare le terre che abitavano da millenni e dall’ecosistema di tutta la regione.
Il grande lago Nasser, originato dallo sbarramento, ha sommerso interamente il territorio della Nubia, situata fra il Sudan settentrionale e l’Egitto meridionale e ritenuta una delle prime culle della civiltà. Per ospitare i Nubiani ad Assuan furono costruiti condomini, mai accettati dagli sfollati, abituati da millenni a vivere in villaggi organizzati in modo diverso dai moderni appartamenti occidentali. Quei popoli, non potendo ritornare nelle loro terre sommerse dalle acque, da allora vivono da sfollati ai bordi di quello che per millenni era stato il loro mondo.
Le tre dighe che sono state costruite negli ultimi anni in Etiopia stanno invece prosciugando il corso del fiume Omo e il Lago Turkana, costringendo le tante tribù, di agricoltori e pescatori (Hamer, Karo, Mursi) a lasciare le loro terre in cerca di acqua”.
“Chi se la sente si lascia dondolare, gli stivali calcati sui rami, come se felci e foglie che si aprono a raggiera ricoprissero una membrana elastica. Sotto c’è solo nero. E che non sia fango lo si capisce dall’odore di benzina: penetra nelle narici e dà alla testa. Sono neri di catrame anche gli stivali di Marco Palombi. Lui scatta, non si ferma un attimo: con una mano regge il cavalletto, con l’altra tiene la fotocamera. Siamo nelle terre dei Sekopai, e ancora in quelle del Secoya, dei Cofan e dei Waorani. Nativi dell’Amazzonia ecuadoriana afectados, vittime, di Chevron Texaco. La multinazionale petrolifera nordamericana ha lasciato dietro di sé torri arrugginite e piscine tossiche dalle quali partono tubi di scarico che portano greggio e scarti chimici direttamente nei corsi d’acqua. Ecco, Fuori dal mondo è forse il racconto di un altro mondo. Che resiste, non si dà per vinto. Attraverso la Union de Afectados por Chevron Texaco i Sekopai hanno fatto causa alla multinazionale e hanno visto riconosciuto da un tribunale dell’Ecuador il diritto a risarcimenti per nove miliardi e mezzo di dollari. Contro la sentenza si è scatenato però tutto il potere di pressione e condizionamento di Chevron e degli Stati Uniti. E il punto, lo testimoniano queste foto, non sono i soldi”.
“Fuori dal mondo, dal nostro mondo, ad ogni latitudine, ai margini di ogni grande città, nell’oscurità delle foreste, negli spazi sconfinati dei deserti o in quelli angusti delle riserve e dei campi profughi, vivono, o troppo spesso sopravvivono, popoli eredi di culture millenarie, e uomini, donne e bambini, costretti a fuggire dalla guerra, dalla fame, dalla siccità.
Il nostro mondo li tiene fuori, li nasconde e sembra volerli dimenticare fino alla loro inevitabile scomparsa. Gli occhi di Marco Palombi ci aiutano a squarciare quel velo di oscurità che li ricopre. Le sue fotografie raccontano un mondo che da un lato ci appartiene, nella memoria di questi popoli antichi ci sono le origini della nostra civiltà e le radici della nostra storia di esseri umani, dall’altro cerchiamo di evitare per non fare i conti con le cause che li spingono Fuori dal mondo. Le immagini di Marco Palombi restituiscono la dignità di esistere agli ultimi e ai dimenticati. Sono anche un invito a conoscere chi è solo apparentemente estraneo al nostro piccolo mondo, alla nostra quotidianità, quella conoscenza indispensabile per scegliere di agire e tentare di evitare che milioni di esseri umani siano definitivamente messi Fuori dal mondo”.
“Guardo uno a uno i volti ripresi da Marco e mi pento di averlo costretto – durante il nostro girovagare per le strade di Beirut, le arrampicate lungo i sentieri scoscesi dello Wadi Qadisha, le infinite perlustrazioni (rocchi di colonne, rilievi, monoliti…) tra i grandi templi di Baalbek –, di aver costretto il suo sguardo a soffermarsi su pietre e monumenti. Manufatti inanimati, osservabili e osservati da chi soffre – come il sottoscritto – della malsana passione per i resti del passato, ma incapaci di restituirci sguardi, espressioni. Ho sottratto, dunque, tempo e energia alla vera arte di Marco, che vuole far parlare, che pretende risposte: come quelle, spiazzanti, lanciate dagli occhi del pastore yemenita; o dal broncio, già velato da adulto scetticismo, di un piccolo abitante del campo profughi di Zaatari. Una volta visti quegli sguardi fuori dal mondo, il nostro non deve e non può più essere lo stesso di prima. Per quanto riguarda Marco, invece, mi consola l’idea che, forse, dovendo seguirmi per rovi e rovine, concedersi un po’ di riposo dalla fatica di quei troppi sguardi indagatori non sia stato poi tanto male…”.
Marco Palombi. Fuori dal Mondo
- Galleria BiancoContemporaneo, via Reno, 18/a, Roma
- dal 1° al 31 marzo 2023
- martedì-sabato, 16,30-19,30 e su appuntamento
- ingresso gratuito
- biancocontemporaneo.it