Con i primi caldi i social network sono stati invasi da volti di persone trasformate nei loro gemelli di sesso opposto: donne divenute uomini e viceversa. Il fenomeno ha coinvolto, volenti o nolenti, anche molti vip. "Sempre meglio dell'ondata di canizie che imperversò l'anno scorso", dirà chi ha già capito che ci stiamo riferendo all'ennesimo filtro proposto da FaceApp, la nota applicazione (gratuita salvo alcune funzioni particolari) per dispositivi Android e iOS.
Rilasciata nel 2017 dalla società russa Wireless Lab, FaceApp serve a modificare in modo realistico le fotografie di volti: invecchiamento, ringiovanimento, cambio di sesso, d'espressione, di pettinatura, o magari aggiunta di occhiali, barba e baffi, sono operazioni che richiedono pochi istanti. Per chi ha un minimo di pratica con Photoshop & C è inevitabile domandarsi se si tratti di un gadget divertente (si può anche salvare una GIF animata con l'immagine prima e dopo il "trattamento") o, magari, di un inquietante indicatore di quel che può fare l'intelligenza artificiale in ambito imaging. Ne abbiamo già scritto, ma l'evoluzione è rapida e vale un ritorno sul tema.
Il funzionamento dell'applicazione si basa su reti antagoniste generative (GAN, generative adversarial network), piattaforme AI utilizzate nel campo del machine learning. Quando scegliamo dalla galleria una foto da dare in pasto a FaceApp, questa viene trasferita su server remoti (la capacità di calcolo richiesta è fuori dalla portata dei nostri smartphone): della cosa si viene informati al momento dell'installazione, e d'altronde l'app non funziona in assenza di connessione internet.

Sopra potete vedere un esperimento di "cambio di sesso" di volti generati da un'altra GAN: quella del sito thispersondoesnotexist.com, che a ogni accesso crea una "persona" inesistente miscelando tratti somatici presi da uno sconfinato database.
FaceApp non ha rilevato anomalie e ha addirittura provato a ricostruire la porzione mancante di una delle immagini (quella con gli occhiali, nella quale si nota l'artefatto).

Digerito senza esitazioni anche il celebre dipinto American Gothic (1930) dell'artista statunitense Grant Wood: una volta individuati i volti del contadino del Midwest e di sua figlia, l'app ha chiesto su quale intervenire; di conseguenza, per completare l'opera sono stati necessari due processi distinti.
Al contrario, al tentativo di upload dell'emoticon smile, la popolare faccina gialla sorridente, o di Paperino, è comparso un alert che segnalava l'impossibilità di trovare un (vero) volto nella foto. Touché.
La leggendaria "macchina senziente" è dietro l'angolo? No, ma la strada è tracciata e il tema è caldo, anche perché FaceApp è stata spesso criticata per la poca trasparenza sull'utilizzo dei dati (antropometrici, oltretutto) che raccoglie. E forse non è un caso che proprio lo scorso 4 giugno la app abbia aggiornato la normativa sulla privacy (a questo link, in lingua inglese), chiarendo, fra molte altre cose, di trattenere le foto nei suoi server cloud per 48 ore al massimo, e di impiegarle soltanto per l'editing richiesto dagli utenti. Va da sé che i volti di questi ultimi sono merce fresca per allenare le reti neurali di Wireless Lab che, in effetti, funzionano alla grande. |