Potrei
sfruttare la guida mercato che domina questo numero e, partendo
dal fatto che le reflex in commercio sono 33 come gli anni
di Cristo, dissertare del Natale. Invece vi parlo di monnezza,
tanto per cominciare. Non di quella di Napoli, né di
quella di Palermo, ma di quella che nell'oceano Pacifico copre
una superficie pari a circa tre volte l'Italia. Si tratta
di una vera e propria discarica galleggiante aggregata dal
gioco delle correnti, in larghissima scala quel che accade
negli angoli delle piscine poco curate. La cosa è di
certo interesse, tanto che una giornalista americana free
lance propone al New York Times un reportage. Il
quotidiano si dice disponibile a pubblicarlo, ma non intende
coprire le spese di viaggio, una voce consistente visto che
l’area interessata si trova molto oltre l’arcipelago
delle Hawaii. Lindsey Hoshaw, questo il nome della giornalista,
non si perde d’animo e si rivolge a Spot.Us, un'organizzazione
no profit che ha lo scopo di trovare i fondi per la realizzazione
di reportage su argomenti inediti, di interesse generale,
ma trascurati dai poli di informazione classici. In sostanza,
sono i cittadini a sostenere i progetti da loro stessi proposti
o dai reporter che hanno idee irrealizzabili senza il supporto
pubblico. Come nel caso della pattumiera oceanica: la Hoshaw
pubblica sul sito il suo progetto e inizia la colletta. Sulla
base di una sorta di listino, viene stimato il costo per la
realizzazione dell'articolo. I contributi, per inciso, sono
di modica entità, normalmente pari a 20 dollari. Le
regole stabiliscono che nessuno può donare somme superiori
al 20% della somma prestabilita, ciò al fine di scongiurare
il pericolo che soggetti spinti da interessi particolari esercitino
pressioni sul giornalista. Da questa regola sono escluse solo
le "news organizations", cioè gli editori
locali i quali, a fronte di coperture finanziare più
corpose, che possono arrivare anche al 100%, acquisiscono
diritti temporanei di esclusiva. Se invece la copertura è
ottenuta solo con le sottoscrizioni dei cittadini, l'articolo
che viene realizzato è ceduto liberamente per la pubblicazione
a chiunque ne faccia richiesta. Il regolamento prevede ovviamente
diverse fattispecie volte a tutelare i sottoscrittori per
i loro contributi, i reporter per il loro impegno e le organizzazioni
private che dei lavori giornalistici si avvalgono. Tra le
varie possibilità previste da Spot.Us è da sottolineare
quella per i cittadini di collaborare con i reporter nei casi
in cui la mole di lavoro o la strategia operativa richiedano
il contributo di più persone. Spot.Us, che è
stata avviata anche grazie all'aiuto di diverse fondazioni
e agisce per ora limitatamente alla baia di San Francisco,
rientra in un movimento in espansione rapida detto crowdfunding,
che potremmo tradurre come mecenatismo popolare. È
strettamente legato al più generale crowdsourcing,
altro termine anglosassone che ci affrettiamo a tradurre in
risorse diffuse, un fenomeno che concretizza l'intelligenza
collettiva tramite internet.
Le potenzialità di questo nuovo modo di vedere il reportage
sono evidenti. L'informazione centralizzata e politicizzata
va annoverata tra le cause della crisi del giornalismo più
vero, partecipato e quindi interessante? Ebbene, questo può
risorgere dalla base. Se il problema dell'acqua in Italia,
tanto per fare un esempio, non viene affrontato dalle tv e
dai giornali più diffusi perché in un modo o
nell'altro sono tutti legati ai gruppi di potere che non vedono
l'ora di mettere le mani sull'oro blu, giornalisti capaci
e cittadini consapevoli possono incontrarsi su un piano diverso,
allineato, di interazione, e portare tutto alla luce. Nessun
giornalista e nessun cittadino proporrebbe un approfondimento
sull'ultimo reality o sul menisco del centrocampista. La società
civile potrebbe riappropriarsi del diritto a essere informata
su ciò che conta davvero, nessuna delega alla determinazione
dell'interesse, nessun controllo delle coscienze. Sono evidenti
tutti i problemi pratici che un progetto del genere su larga
scala può porre a chi volesse intraprendere la strada
di un'informazione veramente libera, a cominciare dalla selezione
dei giornalisti e dalla loro protezione passando per la scarsa
propensione tutta italiana all'acquisto di beni immateriali
come la cultura, ma non ci sono limiti insormontabili quando
c'è la volontà. L'ostacolo più grande
è, forse, proprio questo. Quanto questo sogno sia realizzabile
in un Paese cerebralmente rammollito come il nostro è
difficile a dirsi. Speriamo di restare sorpresi. |