
Sembrerà che tenti di rubare il mestiere al Prof. Pieroni
(che ringrazio pubblicamente per la perla di questo mese)
invitandovi a osservare la fotografia in questa pagina e a
riflettere su ciò che vedete. Acqua? Vi do qualche
indizio. Berlino, 15 giugno scorso… Presentazione mondiale
di una nuova fotocamera... Ammetto che la ripresa grandangolare
e la mediocre qualità dello scatto non facilitano l’analisi,
ma dall’atteggiamento delle persone che le si accalcano
intorno, in quella teca deve esserci un oggetto dall’enorme
valore. Ancora nulla? Va bene, sveliamo il “segreto”.
Il caso – credetemi – vuole che la pagina pubblicitaria
qui a fianco rappresenti l’oggetto misterioso. Intuisco
una certa perplessità in voi. Non è la prima
reflex 35mm a sfondare il muro dei trenta milioni di pixel,
non è neanche quella che scatta 20 fotogrammi al secondo
in AF continuo con riconoscimento del soggetto; non si vanta
di essere la fotocamera più compatta del mondo né
quella che cancella in un solo colpo tutti i problemi del
digitale. Ma allora da dove viene tutta la frenesia che questa
istantanea dimostra (e ne ho almeno un’altra decina
di senso coerente)? Escludiamo l’effetto della presentazione
che, lo dico francamente, non verrà ricordata per la
sua brillantezza (riconosco comunque agli organizzatori il
merito di non aver sfruttato qualche scontata venere teutonica
a mo’ di sostegno, fatto che ha concentrato l’attenzione
dei presenti sul giusto obiettivo). Né mi sembra di
scorgere nel capannello di curiosi solo giornalisti in erba
alla loro prima conferenza stampa, anzi… Aggiungo che
tutti sapevano che al mattino seguente avrebbero avuto a disposizione
la fotocamera e i suoi accessori per diverse ore, e che tutti
sanno che una foto “tecnica” a un oggetto al di
là di un vetro raramente ha un valore sufficiente,
figuriamoci se scattata alla cieca, a braccia tese…
Se infine escludiamo l’adulterazione delle birre (a
mio avviso quasi analcoliche) distribuite nell’attesa
della conferenza, non resta che ipotizzare un episodio di
follia collettiva. Facciamo un lungo passo indietro.
Circa due anni fa, in una delle tante piccole crociate con
cui occupo questa pagina, facevo luce sul vicolo cieco in
cui si stavano infilando i produttori, ostinati nella corsa
al megapixel senza levare l’ancora, costituita dalle
dimensioni ridicole dei sensori. Ipotizzavo macchinine tascabili
da 15 megapixel afflitte da rumore eccessivo, e così
purtroppo è stato. Con un fondo di ottimismo, però,
speravo nella nascita di un nuovo filone al quale avrebbe
fatto posto lo spostamento verso l’alto dell’intero
comparto reflex, lanciato verso i 20 milioni di pixel e sempre
più aiutato da un’elettronica sopraffina se non
da sensori di grossa taglia. L’evoluzione della reflex
digitale in quella direzione ha avuto luogo ed è ancora
in corso, lasciando sempre maggiore spazio a quel prodotto
che auspicavo: una fotocamera compatta dotata di stabilizzatore
di immagine e di sensore di medie dimensioni, con ottiche
progettate con un occhio alla compattezza grazie
a raffinati meccanismi di collassamento dei gruppi ottici.
Un apparecchio da intenditori, da fotografi che quando lasciano
la reflex a casa non vogliono scendere a compromessi.
Ecco il perché del trattamento da diva riservato alla
nuova Olympus. Evidentemente in questi due anni il desiderio
di qualcosa di nuovo si è diffuso, non solo tra i fotografi,
ma anche tra gli addetti ai lavori. Olympus, ideatrice insieme
a Panasonic del sistema Micro QuattroTerzi, per prima cerca
di soddisfarlo. Ha sfruttato la ricorrenza del cinquantesimo
anniversario del lancio della mitica Pen – una mezzo
formato a ottica intercambiabile utilizzata, per la sua qualità,
negli anni Sessanta e Settanta, anche da molti professionisti
– per presentare la nuova Pen digitale, E-P1 all’anagrafe.
Non è rivoluzionaria, ma innovativa; apre un filone
interessante e ricco di possibili sviluppi. Sento di potermi
lanciare in una previsione, stavolta davvero facile: la nuova
Pen non resterà sola. |