Essere
pessimisti a volte conviene, perché quando arrivano
le buone notizie si gode il doppio. Ci eravamo lasciati un
mese fa, alla vigilia del Photoshow milanese, senza speranze
di novità tecnologiche. E invece, tra la fine di marzo
e metà aprile sono arrivate ben tre reflex da Canon,
Nikon e ancora Olympus (l’unica a presentare una nuova
reflex anche al PMA). Niente di rivoluzionario, intendiamoci.
Piuttosto dei modelli aggiornati, la Olympus E-450, o arricchiti
dalla sempre più diffusa funzione video, Canon Eos
500D e Nikon D5000. Sinceramente siamo rimasti abbastanza
stupiti dalla tempistica di questi annunci: di solito si sfruttano
eventi internazionali di grandi dimensioni. Le tre reflex
non erano ancora ultimate per il PMA o è un segno dei
tempi che cambiano? È la potenza del web che abbatte
a colpi di (siti) flash gli antichi templi della fotografia?
Promettiamo di rifletterci. Nel frattempo, al di là
dei tre nuovi apparecchi, ci godiamo il successo della manifestazione
meneghina. Le statistiche parlano di circa sessantamila visitatori
nei quattro giorni di fiera. I numeri sono importanti, ma
fino a un certo punto. O, meglio, non dicono tutto. Del resto,
anche edizioni passate avevano visto affluenze simili, pur
non facendo sorridere gli operatori. Il perché va ricercato
nel tipo di visitatore. Negli anni di transizione dalla pellicola
al digitale, il calo di popolarità della fiera fotografica
nazionale era stato compensato con l’allargamento delle
categorie merceologiche. E i padiglioni erano stati riempiti
di “stranieri” attratti dal cellulare che, incidentalmente,
fa anche le foto, da scolaresche vocianti e poco interessate
(perché poco preparate da chi le accompagnava) e da
un variegato quanto folto pubblico di curiosi di ogni età,
dalla coppia di pensionati alla famigliola con passeggino
biposto. Poi la nube cosmica seguita al “big bang”
digitale ha iniziato a prendere forma, tanto che già
l’anno scorso, a Roma, avevamo intravisto un netto orientamento
del pubblico, segno di una confortante presa di coscienza.
Quest’anno a Milano il processo si è completato.
La gente vista tra i padiglioni gremiti dimostrava di aver
messo a fuoco l’argomento. Poche compatte e molte reflex
al collo, e non solo per la solita ostentazione dell’ultimo
modello o del tele più lungo. Gli stand che più
hanno avuto successo sono stati quelli in cui il personale
era tecnicamente preparato, pronto a soddisfare le curiosità
di chi muove i primi passi così come le questioni più
ficcanti di chi cerca il perfezionamento. Certo, non sono
mancate le attrazioni chiassose degli stand più grandi,
ma bisogna dire che molte di queste si prestavano ad essere
utilizzate come serio test per le fotocamere messe a disposizione
dei visitatori. Il desiderio di sperimentare e approfondire
percepito nell’ultima fiera romana e poi durante l’anno
dai vari operatori si è manifestato con la proliferazione
di corsi e tutorial, ripetuti ciclicamente nei quattro giorni
di fiera. Mi permetto un suggerimento: dotare i partecipanti
di cuffiette senza fili, come si fa nelle conferenze più
moderne, facilita la concentrazione degli astanti, evita il
rincorrersi nell’aere di centinaia di decibel e, non
ultimo, permette a noi di non sgolarci per salutare i nostri
lettori. Tornando all’evoluzione dei fotografi, movimento
che estenderei alla fotografia tutta, questa ha preso corpo
anche attraverso l’offerta di accessori. È la
diffusione della reflex a richiedere soluzioni intelligenti
e, tra riesumazioni con relativa spolverata e idee realmente
originali, rifiorisce il sistema.
Ma chi veramente può cantar vittoria sono gli operatori
del settore professionale. Sembra finalmente tornata tra i
fotografi di mestiere la consapevolezza che il cliente va
convinto con l’offerta di un differenziale qualitativo.
Questo va applicato innanzitutto allo stile, all’estetica
della fotografia. Ma non può più essere trascurato
l’aspetto tecnico. Se un committente nota che il professionista
cui vorrebbe affidare la realizzazione di un catalogo scatta
con la reflex che lui stesso usa in vacanza e utilizza un
parco luci modesto, probabilmente avrà la tentazione
di far da sé. E così sono spesso andate le cose
negli ultimi anni: molte aziende hanno allestito al proprio
interno delle piccole sale di posa, ottenendo nella maggior
parte dei casi risultati di mediocre qualità; fotografi
di buon talento, ma poco propensi agli investimenti, hanno
avuto il fiato corto, e chi è rimasto in piedi ha dato
vita a una battaglia dei prezzi che non ha avuto un vero vincitore.
Il caso vuole che proprio in questo numero testiamo una reflex
digitale medioformato. Datele un’occhiata se non è
chiaro quanto scritto fin qui. Attualmente la produzione annua
di apparecchi super-professionali è di circa seimila
pezzi, ovvero il numero di fotocamere prodotte in un sol giorno
da uno dei giganti della fotografia. Ma è un mercato
che ha margini di espansione. Da questa auspicata tendenza,
che avrebbe come base un rinvigorito settore professionale,
trarrebbe grande beneficio tutto il mondo della fotografia. |