Come
avrete intuito osservando la copertina "ai raggi X",
in questo fascicolo trovate la prova altrettanto trasparente
e approfondita della Nikon D3, una reflex digitale professionale
molto innovativa per diversi aspetti. La descrivo con un certo
entusiasmo perché ha risposto senza incertezze alle
severe prove di un collaudatore pignolo come il sottoscritto.
Bella forza, direte voi. Una reflex da cinquemila euro non
deve porre limiti a nessuno. E non deve porne per diversi
anni dopo l'acquisto! Sante parole… Ma non sarà
proprio così. Probabilmente, tra tre anni la nostra
preziosa e ormai consunta D3 sarà stata sostituita
dalla mirabolante D4 e varrà la metà. Chi la
compra per usarla ne è cosciente e si comporterà
di conseguenza. Chi la compra sperando di essere un fotografo
migliore si sentirà defraudato. La sensazione di essere
"scippati" è piuttosto diffusa in questi
tempi. Lo era meno quando il digitale non esisteva. Allora,
una reflex ben costruita poteva durare decenni. Nessuna obsolescenza
programmata. La qualità delle immagini in epoca analogica
non dipendeva dalla macchina, ma dalla pellicola e dall'obiettivo.
Oltre che dal manico, ovviamente. In una reflex degli anni
'70 si può caricare la pellicola più moderna
e, davanti, innestare il "vetro" più tagliente.
Nonostante questa longevità connaturata al sistema,
anche ai tempi d'oro della pellicola c'era chi si lamentava
del "rapido" succedersi di modelli. Poi è
arrivata l'elettronica, invasiva oltre ogni immaginazione.
Infine il digitale. E la senescenza precoce si è appropriata
della fotografia. Se prima un fotografo su dieci si lamentava
della svalutazione della propria attrezzatura, in epoca digitale
questo disagio si è diffuso come un'epidemia.
I numeri non danno loro torto. Un po' come le automobili,
le reflex digitali perdono un quinto del loro valore appena
uscite dal negozio, e un'altra bella fetta nell'arco
dei sei mesi successivi. Prima di risultare totalmente indesiderabili,
arrivano a quotazioni pari a un quinto del prezzo iniziale.
Perché accade questo? E perché tanta differenza
rispetto al momento clou dell'argento? Perché
le varie generazioni di fotocamere a pellicola rappresentavano
delle ottimizzazioni di una tecnologia matura, poco suscettibile
di rivoluzioni. Le differenze tra un modello e l'altro
non erano tali da rendere "inutilizzabile" quello
appena uscito di produzione. Il digitale, invece, è
letteralmente partito da zero. I primi modelli producevano
immagini di qualità pessima, se confrontati anche con
le più semplici fotocamere a pellicola. Erano "esperimenti"
tecnologici che un giornalista doveva studiare, far conoscere,
ma non consigliare. E se i fabbricanti le hanno provate tutte
per vendere questi "prototipi" e così finanziare
la ricerca, non andrebbero demonizzati. Anche grazie a chi
ha fatto da cavia, ogni generazione ha letteralmente cancellato
la precedente. Il progresso è stato talmente veloce
che nel giro di pochi anni la qualità offerta dalle
reflex digitali ha raggiunto il livello dove era arrivata
la pellicola in un secolo e mezzo. Due anni fa portavo al
40x60 un file uscito da una reflex da 10 megapixel: una stampa
migliore di quanto fossi mai riuscito a ottenere da fotoamatore
dotato di ottima attrezzatura analogica. Questo è il
nocciolo della questione. Dal 2005 in qua, ogni fase dell'ottimizzazione
del digitale ha ampliato il divario con la pellicola, per
qualità e versatilità, eccedendo spesso le esigenze
dilettantistiche. Ciò rende totalmente ingiustificata
la continua rincorsa ai nuovi modelli, almeno per i fotoamatori
dotati di un normale potere d'acquisto. Se il professionista
deve disporre del meglio per conquistare e mantenere il cliente,
il fotoamatore, ora che può disporre di qualità
elevata con una spesa relativamente contenuta, deve muoversi
con maggior circospezione e saggezza. Trovo assurdo che un'attualissima
Nikon D200 già si trovi, "usata e immacolata",
a soli 700 euro su internet. La svende chi da un lato non
ha saputo resistere alla D300, e magari dall'altro ha
dato del "truffatore" al fabbricante. Ma le mani
in tasca se le è messe da solo. Poteva e doveva aspettare
la futura D400. È una delle regole non scritte del
digitale: saltare una generazione per sfruttare fino in fondo
le potenzialità della propria fotocamera e godere di
un sensibile miglioramento non con quella nuova, ma con quella
nuovissima. Una regola che non rende inutili le generazioni
intermedie: la D300 (ma l'esempio potremmo estenderlo
alle Canon Eos 30D, 40D e alla futura 50D, tanto per citare
un altro marchio) è soprattutto per chi oggi, per la
prima volta, sente l'esigenza di una fotocamera di quella
caratura. Non dovrebbe (non me ne vogliano i distributori)
finire nelle mani di chi non ha ancora sfruttato a fondo la
D200. A meno che non siano mani bucate…
Le aziende stesse, del resto, sanno che la crescita del mercato
delle reflex rallenterà entro il 2010. Ma non si lamentano
perché se la reflex digitale, così come la conosciamo,
è prossima all'apice della sua curva evolutiva
e commerciale, con l'ausilio delle nanotecnologie si
arriverà presto a traguardi inimmaginabili, a prodotti
rivoluzionari. Sarà giusto e stimolante stare al passo,
studiando e, se possibile, sperimentando. Noi ci saremo. Come
sempre, senza peli sulla lingua. |