E
se vi dicessero che nei prossimi anni la fotografia analogica
vivrà una nuova giovinezza?
Immaginate le vetrine dei negozi che poco a poco tornano a
dare spazio alle reflex analogiche, rigorosamente girate di
“schiena”, a mostrare orgogliose il vano pellicola.
Miracolosamente risorte, una di fianco all’altra, Minolta,
Contax, Zenza Bronica, ma anche tutte quelle che sono sopravvissute
al terremoto digitale e che continuano a cavalcarne l’onda.
E poi i frigoriferi di nuovo pieni di pellicole di alta qualità,
gli ingranditori in parata e le migliori carte baritate a
promettere la migliore stampa per i nostri negativi…
Come non pensare, poi, alla vetrina dell’usato dove
una Hasselblad non è più in svendita, ma mantiene
il giusto valore di un oggetto di precisione fatto a mano?
Una semplice provocazione estiva? Sì, ma non del tutto.
Non lo è perché voci sempre meno isolate e sempre
più autorevoli testimoniano di un mercato della fotografia
analogica in crescita, almeno oltreoceano. Non conosco bene
il popolo americano, in fondo sono solo uno dei tanti a non
condividerne pienamente il sistema. Però so che le
tendenze partono quasi sempre da lì e che presto o
tardi vengono fatte proprie anche dai popoli della vecchia
Europa, più o meno tutti pronti a inalarle senza filtro.
A quanto pare negli States la fotografia con la pellicola
non solo non è morta, ma conduce una commovente rimonta.
Ma prima di chiedermi se e quando questo accadrà anche
da noi, mi pongo un’altra domanda: come è possibile
che nel Paese dove è stato inventato il marketing asfissiante,
che esporta ogni scemenza perché è quello che
ne inventa di più, dove viene votato chi manda al macello
i giovani e dove accadono tante altre cose, come è
possibile che la fotografia tradizionale non solo abbia resistito
al digitale ma sia addirittura in crescita? A dirla tutta,
mi sorprendo anche della semplice sopravvivenza, salvo poi
comprenderla analizzando alcuni fattori. Se escludiamo i tipici
cittadini yankee che non si sono sporcati le mani neanche
con la terra del Central Park, gli americani sono un popolo
concreto, intraprendente, con grandi capacità artigiane,
con un forte senso di appartenenza e un’altrettanto
spiccata vocazione pionieristica. Non è storicamente
lontano il tempo in cui hanno dovuto costruire case e città
nei territori vergini che incontravano durante la loro espansione
verso l’ovest. L’ultima dozzina di generazioni
è fatta di uomini che sanno usare le mani e godere
di conquiste faticose. Il procedimento fotografico tradizionale
è lento, incerto, richiede grande cura, perizia e inventiva,
ma sa dare in cambio la soddisfazione di un prodotto unico
e di gran qualità: in fondo, è la metafora della
più sana e genuina filosofia americana (purtroppo,
a differenza di altri “valori”, non massicciamente
esportata…). Non è un caso che da quel territorio
proviene il maggior numero di fotografi dal talento universalmente
riconosciuto. Quantità e qualità dei fotografi,
quindi; ma anche organizzazione. Intorno a ogni branca della
fotografia tradizionale, paesaggio in grande formato in primis,
nascono e prosperano comunità attivissime sia dal punto
di vista artistico che commerciale: fotografi che fotografano
e che consumano macchine, pellicole, carta e tutto il resto.
Ecco perché, sebbene il digitale abbia straripato anche
nel nord America, non vi ha spento l’argento. Se il
rapporto tra la popolazione italiana e quella degli USA è
circa uno a quattro, quello tra i fotografi italiani e americani
è ancora più svantaggioso. E se qui una nicchia,
come può essere quella dei fotografi in grande formato,
è veramente un pugno di romantici, in America è
un piccolo esercito, abbastanza numeroso da giustificare l’esistenza
di una rete capillare di vendita e assistenza e persino di
riviste specializzate monotematiche!
Le cose non cambiano neanche se consideriamo l’eterogenea
Europa che, pur avendo una popolazione nel complesso ben superiore
a quella degli USA, solo di recente si è ritagliata
una fetta di mercato equivalente. L’onda, non certo
uno tsunami, della sempreverde fotografia analogica lambirà
anche le coste italiche? Sembra difficile: pochi e disorganizzati,
con l’arrivo del digitale abbiamo voltato pagina con
una rapidità sorprendente. Noi siamo un caso di studio
per gli analisti di mercato, rendiamo status symbol oggetti
che all’estero falliscono miseramente, riempiamo tasche
di cellulari, salotti di schermi al plasma e centri storici
di SUV. Forse perché in fondo abbiamo tanta paura e
non abbiamo una vera identità. Quanto vorrei essere
smentito! E non solo dai fotografi... |