Tre
anni sono un periodo importante sia per una “giovane
rivista giovane” sia per tutti i suoi lettori, soprattutto
per quelli che hanno mosso i primi passi. Anzi, per loro i
primi tre anni sono fondamentali. Senza nascondere orgoglio
posso dire che sin dal primo numero sono arrivati attestati
di stima per il nostro lavoro, ma solo qualche giorno fa è
arrivata una lettera particolare, in cui il nostro lettore
Andrea C. ci ringraziava per averlo aiutato a trovare la sua
“identità fotografica”. Messaggi dalla
portata simile probabilmente erano arrivati anche prima, ma
non con questo tenore e questa chiara consapevolezza. Identità
fotografica… non sappiamo neanche che tipo di fotografie
faccia il nostro Andrea! Chissà quale dei tanti autori
che abbiamo pubblicato in questi anni l’ha ispirato,
chissà quale mostra trovata nei nostri calendari ha
affinato il suo occhio fotografico. Quel che conta è
che lui, oggi, al termine di un ciclo di tre anni, si ritenga
dotato di una identità fotografica. La sua lettera
vira poi verso contenuti tecnici, con domande relative a obiettivi
e fotocamere, con ciò eliminando ogni dubbio sulla
portata della precedente affermazione: non di semplice identità
tecnologica si tratta, intesa come “appartenenza”
a un marchio anziché a un altro, ma di vera e propria
padronanza del linguaggio fotografico. Comunicare attraverso
una fotografia e identificarsi in quella immagine, addirittura
farsi riconoscere attraverso un’immagine così
come al telefono un amico ci riconosce dal solo timbro della
voce. Questo periodo dell’anno, non a caso affronto
l’argomento, è denso di avvenimenti pubblici
legati alla fotografia. Iniziamo con il PMA americano, proseguiamo
con il nostrano Photoshow e concludiamo, per tacer del resto,
con il sempre più popolare Fotografia Festival Internazionale
di Roma. Sono manifestazioni che, prese nel loro insieme,
simboleggiano le due inscindibili metà dell’identità
fotografica. L’utilità di una fiera tecnologica
è chiara a molti. Ci si informa su una data fotocamera
leggendo una rivista, ci si districa tra i rovi della mala
informazione internettiana, si va in fiera per toccare con
mano la prescelta e, una volta acquistata, la si usa quanto
più possibile, per entrare in confidenza con i comandi,
per sfruttarne tutte le potenzialità, per capirne i
limiti e per trovare il modo di aggirarli, per trasformarla,
insomma, nell’ambita estensione dell’occhio di
bressoniana memoria. Questo è l’allenamento tecnico,
fondamentale ma prettamente muscolare. C’è poi
lo sviluppo della tattica, se vogliamo fare un parallelo con
una qualsiasi disciplina sportiva. Fuor di metafora, è
l’allenamento del cuore, che è un muscolo anch’esso,
ma che in questo caso eleggiamo a fonte delle emozioni. Le
“palestre” sono ovunque, oltre centoquaranta solo
al citato Festival di Roma e altre centinaia ogni mese in
tutta Italia, tante che la nostra rubrica dedicata non basta
mai a contenerle tutte. Sono spesso gratuite o costano pochi
euro e “allenano” in modo sorprendente. Ne vedi
una e forse quando esci ti ritrovi lo scarso fotografo di
prima. Ne vedi dieci e magari decidi di non scattare per due
mesi: non ne sei consapevole, ma qualcosa sta accadendo. Ne
vedi cento e un bel giorno, senza neanche sapere come e perché,
di fronte a un soggetto che ti si para innanzi scatta qualcosa,
scattano la tua mente e la tua fotocamera in un accordo che
non avevi mai sentito prima. È successo che hai imparato
a dosare i muscoli, a sfoderare lo scatto di fronte al traguardo
che conta. L’enorme archivio di immagini viste, apprezzate
o disprezzate, rinnegate o rivalutate, nel tempo si è
stratificato nella memoria, non intasandola come uno sciocco
hard disk, ma creando dei filtri personalissimi, frutto di
rielaborazioni più o meno inconsce. La fotocamera finalmente
perde il ruolo di fine e diventa un docile mezzo dell’ispirazione.
Fotografi e ti riconosci in quello scatto. E in quello scatto
puoi essere riconosciuto. Ecco la formazione e la manifestazione
dell’identità fotografica. Raggiungerla costa
tempo e fatica, ma è il vero elisir di lunga vita della
nostra comune passione. |