Con
un bel 30, FOTO Cult compie tre anni. E tra cinque anni chissà,
magari saremo solo sul web. E in fondo non me ne importa un
granché. Il fatto è che, se una cosa del genere
la dico io, Lucio Mandarini sgrana gli occhi, chiama la neuro
e si licenzia; se la dice Arthur Sulzberger, editore del New
York Times, uno dei quotidiani più famosi del mondo,
succede un putiferio a livello mondiale. Un putiferio totalmente
ingiustificato nella forma e nella sostanza. Nella forma perché
la stampa che ha riportato la notizia si è fatta prendere
la mano come al solito, estrapolando frasi, decontestualizzandole,
accostandole in modo che dessero il significato al tempo stesso
più forte e fuorviante. Quel “pover’uomo”
non ha affatto detto che tra cinque anni il suo quotidiano
sarà solo su internet, ha solo detto che il quotidiano
su carta non è più uno dei punti nodali della
vita sociale come dieci anni fa. Tanto è vero che all’interno
di quella struttura editoriale esiste un dipartimento, in
verità composto da un manipolo di studiosi, che analizza
e compara i movimenti evolutivi della tecnologia legata all’informazione.
E alla fine, per semplificare, propone le soluzioni a lungo
temine più vantaggiose all’editore. Dobbiamo
anche considerare che oltreoceano la situazione dei quotidiani
è disastrosa, a differenza dell’Italia, dove
è solo molto preoccupante… E se tra le soluzioni
possibili c’è la migrazione dell’informazione
verso internet, giustamente l’editore non può
farsene un cruccio, da cui l’espressione “I don’t
care either” riferita al mezzo di divulgazione delle
notizie. Perché, notiamo bene, non si tratterebbe di
un’imposizione crudele, sadica e antiromantica, ma sarebbe
la risposta a una precisa tendenza del mercato dell’informazione.
E inoltre, venendo così a confutare nella sostanza
le notizie diffuse dai giornalisti nostrani, Sulzberger ha
tenuto a sottolineare che, qualunque cosa succeda, loro continueranno
a fare il loro mestiere, che non è quello di vendere
carta ma quello di divulgare la notizia, cioè a fare
i giornalisti. Un’affermazione che per un editore non
è così usuale. Però, siccome non abbiamo
la sveglia al collo, adesso facciamo noi qualche appunto.
Il bravo editore americano passerà su internet solo
quando i conti daranno ragione a questa eventualità,
ovvero quando avrà trovato un modo sicuro per farsi
pagare le notizie da scaricare e quando avrà convinto
gli inserzionisti, soprattutto quelli locali che tanto contribuiscono
alla raccolta pubblicitaria, a investire sulla testata elettronica.
Perché in particolare per i quotidiani l’introito
della vendita in edicola copre una frazione minoritaria del
costo di produzione. E prima che questo accada dovranno essersi
realizzate tante condizioni, tra le quali: internet dovrà
essere diffuso quanto il telefono, dovranno esistere mezzi
di visualizzazione elettronica portatili, leggeri, pieghevoli
e riutilizzabili per la lettura al di fuori dell’ambiente
domestico/lavorativo, dovrà essersi estinta quella
parte della popolazione più in là con gli anni,
grande consumatrice di “carta”, che con queste
tecnologie non può e non vuole avere nulla a che fare.
Pur conoscendo gli attuali limiti dell’informazione
su carta – cito solo l’impatto ambientale –
in fondo in fondo vorrei che alcune di quelle condizioni non
si realizzassero mai. Eppure anche FOTO Cult andrà
sul web, molto presto. Ma né in sostituzione programmata
né tantomeno in antagonismo. Piuttosto come strumento
complementare di diffusione, come mezzo di contatto più
universale tra redazione e lettori, come canale di divulgazione
che superi, ove necessario, il limite imposto dalla cadenza
mensile della testata cartacea.
È vero che “ogni scarafone è bello a mamma
sua”, ma vorrei continuare ancora molto a lungo a immaginare
i fascicoli della nostra rivista nelle vostre case, amichevolmente
poggiati su un comodino in camera da letto, aristocraticamente
adagiati su un bel tavolo in soggiorno e, perché no,
in pragmatica attesa nel portariviste della stanza da bagno. |