Tra
i tanti cambiamenti introdotti dalla tecnologia digitale applicata
alla fotografia c’è l’esponenziale incremento
di immagini scattate. È la tipica conseguenza della
disponibilità gratuita di una risorsa: la pellicola
costa e ogni scatto viene meditato, mentre la memoria di una
fotocamera digitale è praticamente a costo zero e se
ne può abusare. Alla crescita vertiginosa di fotografie
realizzate non ha però corrisposto un aumento di quelle
stampate. Anzi, dal 2001, anno in cui in Italia il volume
di fotografie stampate ha raggiunto quota 2,5 milioni, il
calo è stato drastico, giungendo a meno di 1,5 milioni
nel 2005. E ciò è accaduto nonostante in tale
periodo il numero di macchine fotografiche vendute sia cresciuto,
con il sorpasso delle digitali nei confronti delle analogiche
nel corso del 2003.
Quindi più fotocamere, più fotografie, ma meno
stampe. Scontato attribuire la responsabilità di questo
fenomeno al computer, enorme serbatoio trasparente sempre
accessibile, e a internet, mezzo di condivisione efficacissimo,
relativamente economico e più veloce di qualsiasi postino.
Ma sarebbe una conclusione generica e miope. Dobbiamo considerare
altri fattori. La maggior parte dei possessori di fotocamere
digitali della prima generazione non era costituita da veri
fotografi, attenti al dato della qualità, ma da impallinati
della tecnologia a vario titolo che non avevano nella stampa
delle proprie fotografie lo scopo principale. Inoltre non
è stato immediato associare alla fotografia digitale,
così rapidamente fruibile, la stampa, concetto più
vicino alla fotografia analogica in quanto unica via per osservare
e toccare con mano l’immagine latente nel rullino. Aggiungiamo
che il fotografo che qualche anno fa avesse deciso di donare
la concretezza di un supporto cartaceo al proprio file immagine,
si sarebbe trovato di fronte a una nebulosa di possibilità,
ben poco definite dal punto di vista qualitativo, pratico
ed economico. Le stampanti domestiche erano lente, molto costose
nell’esercizio e producevano stampe inaffidabili sotto
vari aspetti, durata innanzitutto; i laboratori esterni erano
nella fase di aggiornamento, tra incertezze filosofiche, tecnologiche
e meramente monetarie. La fasi di transizione finiscono, in
quanto tali. Cambia la tecnologia e cambiano i protagonisti
della fotografia. Ancora una volta è merito in gran
parte della reflex, sempre migliore e sempre più popolare,
ma anche delle fotocamere digitali più complete in
senso lato, che finiscono nelle mani di fotografi veri, che
non si accontentano di osservare i risultati dei propri sforzi
sul monitor del computer. E cambia anche la tecnologia. Si
evolvono le stampanti domestiche, ormai fonte di soddisfazioni
paragonabili a quelle vissute tra bacinelle e acidi. Si aggiornano
i laboratori e ancor più i minilab, offrendo prodotti
di qualità sempre migliore e nel giro di poche ore.
E tra queste due classiche vie si incuneano la stampa via
internet e i chioschi. Abbiamo quindi da una parte un popolo
di fotografi grande non più solo per numero, ma anche
per consapevolezza; dall’altra un’industria della
stampa che esce dal periodo buio con slancio rinnovato. Le
previsioni indicano il ritorno a 2 milioni di stampe per il
2011. In questa tendenza, però, la quota proveniente
dalla stampa domestica dovrebbe restare numericamente invariata,
scendendo dall’attuale 40% del totale a un modesto 20%.
Per noi, che del processo fotografico vorremmo pilotare ogni
fase con personalità, questa suona come una nota dolente.
Sappiamo bene infatti che, per quanto variegata, affidabile
e valida sia l’offerta degli stampatori esterni, soprattutto
nella forma dei minilab, i risultati ottenibili in proprio
sono imbattibili non solo per l’irrazionale gusto che
dà il prodotto fatto in casa, ma anche e soprattutto
per l’ineguagliabile corrispondenza alle proprie aspettative.
Il ritorno della stampa domestica a prodotto di nicchia, così
com’era avvenuto per la camera oscura, non avrebbe certo
benefici, né sullo sviluppo tecnologico né sull’abbattimento
dei costi. La stampa inkjet ha le qualità per vivere
da protagonista il prossimo roseo futuro della stampa digitale,
ma deve rendersi allettante come allettante è l’offerta
della stampa non domestica. Si deve iniziare dal vile denaro:
il principio, secondo cui un più alto prezzo d’acquisto
per la stampante è compensato da un più accettabile
costo per copia, non deve essere relegato alle stampanti professionali
di gran formato, ma deve essere esteso alle più popolari
inkjet A4, in spregio delle massificanti e diseducative campagne
di grande distribuzione. |