La
fotografia è in continua evoluzione, sia dal punto
di vista stilistico che tecnologico. E in vario modo i due
aspetti mutano con regolare alternanza, influenzandosi. Cambiamenti
nello stile hanno ripercussioni sullo sviluppo degli strumenti
di ripresa così come innovazioni tecniche di rilievo
possono indirizzare lo stile. Da questo interscambio le carte
escono sempre ben rimescolate e va avanti nell’arte
come nel mestiere solo chi è stato capace di tenere
il ritmo o, ancor meglio, di andare più rapido. Nell’ultimo
decennio l’accelerazione dello sviluppo tecnologico
legato alla fotografia digitale è stata talmente dirompente
da aver pesantemente caratterizzato lo stile della maggior
parte dei fotografi, anche dei più originali. L’era
del pixel, nel rivoluzionare il modo di pensare e fare fotografia
ha prima destabilizzato e poi ravvivato il mondo della fotografia
amatoriale, ma ha anche dato uno scossone di forza inaudita
a quella professionale. Un vero terremoto, con conseguenze
apparentemente e almeno per il momento nefaste. Cerchiamo
di capire per sommi capi cosa è successo e cosa potrebbe
accadere. È accaduto che un LCD sul dorso di una piccola
fotocamera e la possibilità di ripetere immediatamente
lo scatto non corretto hanno fatto provare l’ebbrezza
dell’indipendenza a una fetta sempre più consistente
della clientela abituale dei fotografi professionisti. Tra
l’altro questo “miracolo” si è innestato
in un processo di più ampia portata, originato dal
computer, che vorrebbe ognuno di noi perfettamente autonomo
e capace di risolvere i mille piccoli problemi della vita
semplicemente possedendo lo strumento, senza tanto badare
alla capacità di usarlo compiutamente. Ma tant’è,
la domanda di fotografia professionalmente realizzata si è
ridotta e molti fotografi di mestiere sono andati a spasso.
È accaduto anche che un’altra parte dei fotografi
ha dovuto confrontarsi con le nuove leve dotate di partita
IVA, quindi formalmente professionisti. Questi, con la stessa
supponenza degli ex clienti abituali neoindipendentisti, hanno
messo a frutto la propria maggiore elasticità mentale
concessa dall’età, hanno appreso i rudimenti
dell’elettronica applicata alla fotografia e hanno inquinato
ulteriormente il mercato, offrendo in saldo una fotografia
prêt-à-porter che non deve fare i conti con il
prezzo dell’esperienza. E via un’altra fetta di
professionisti che va a curare l’orto dietro casa.
Il rinnovo generazionale sarebbe anche una cosa normale, nonché
positiva, se avvenisse con gradualità. Ma in questo
il digitale, con la sua velocità non solo operativa,
ci ha messo lo zampino. Sebbene le tante cassandre prevedessero
in tempi non sospetti l’affermazione del digitale, molti
fotografi professionisti con esperienza radicata nell’analogico
non hanno voluto o saputo ascoltarle: l’onda di piena
dei pixel ne ha trascinati via tanti, pochi sono riusciti
ad aggrapparsi alle sponde solo per vederne altri - pochi
in verità - cavalcare bellamente i flutti. Con la conseguenza
pericolosa che si è in gran parte interrotta la tradizione
del mestiere. Il ruolo dell’assistente, che ogni vero
fotografo ha in qualche modo rivestito, non si è certo
estinto, ma è ora limitato nella sua portata. Una formazione
completa, e quindi gli strumenti del mestiere, i fotografi
in erba possono averla, oltre che dalle rare e costose scuole,
solo dai pochi professionisti che hanno avuto il coraggio,
la forza e la capacità di stare al passo con i temp
i. Gli altri ancora in attività possono tramandare
un’esperienza valida ma parziale e probabilmente non
hanno tanto lavoro da giustificare anche un solo paio di assistenti.
Ci troviamo quindi di fronte a una situazione complessa. Da
un lato i fotografi, navigati o giovani, che hanno saputo
affiancare alla conoscenza del mezzo fotografico classico,
della luce e magari anche della storia, quella dell’elettronica,
del ritocco, del digitale e delle sue peculiari regole. Vanno
avanti con il vento in poppa. Dall’altro i fotografi
che definiamo benevolmente nostalgici, troppo ancorati alla
fotografia di ieri e anacronisticamente sul piede di guerra
per ottenere la creazione di un albo, di uno sbarramento al
professionismo facile, di una certificazione che dichiari
con voce più forte della loro che sono abili alla professione
di fotografo. Rischiano di andare alla deriva. Infine i nuovi
professionisti, lasciati orfani da molti maestri di ieri;
hanno enormi capacità, sapranno esprimerle se comprenderanno
che la qualità che contraddistingue un vero professionista
non si ottiene al computer, ma innanzitutto in ripresa; andranno
avanti quindi, se impareranno il mestiere. Per ora navigano
in una notte senza stelle. Hanno bisogno del faro antico della
conoscenza e di chi lo mantenga. |