Negli
ultimi mesi si sono succedute comunicazioni relative a cessazioni
di attività legate alla fotografia tradizionale. L’ultima
in ordine di tempo è quella di Durst, azienda di Bressanone
con più di settant’anni di storia. Già
da diversi anni cavalca bellamente l’onda del digitale,
soprattutto con macchinari da stampa, direi anche piuttosto
noti in certi settori (stampa Lambda tra tutti). Ma è
un marchio che deve la sua fama agli ingranditori. Sembra
proprio che abbia smesso di produrli. Parlando di questo fatto
dal barbiere, ho dovuto spiegare cosa fosse un ingranditore
a un paio di ragazzi sui vent’anni. In effetti loro
non erano ancora nati quando Durst ne vendeva a decine di
migliaia ogni anno, trasformando bagni, cantine e garage,
debitamente sigillati alla luce, in fucine di creatività
e oasi di relax per fotografi di ogni età e ceto sociale.
È la fine della camera oscura? Forse per chi vende
ingranditori, tank, bacinelle, carta e chimici. Non per chi
vuole continuare a stampare in casa e neanche per chi volesse
iniziare oggi. Nulla di ciò che serve in camera oscura
per stampare un negativo è monopolio dei fotonegozianti.
Ma è innegabile che l’ideazione, la produzione
e la diffusione di un’immagine oggi seguano strade diverse.
Seguono le strade segnate dalla nuova tecnologia digitale.
A partire dall’atto creativo, la consapevolezza di avere
tra le mani, e poi a casa, strumenti nuovi, predispone il
fotografo in modo nuovo verso la ripresa. Sa di avere un materiale
quanto mai duttile. La sua capacità di previsualizzazione,
che in era analogica si esprimeva quasi totalmente nell’atto
della ripresa, oggi si estende alla fase dell’elaborazione
o dell’ottimizzazione, se preferite. I più intraprendenti
vanno ancora oltre, sfruttando internet per realizzare nel
modo più capillare oggi possibile il fine ultimo della
fotografia, la comunicazione. È una rivoluzione o un’evoluzione?
Una tragedia o la salvezza della fotografia? Quello che è
accaduto alla fotografia, sebbene sembri segnare una frattura
dolorosa e irreparabile, altro non è che la rielaborazione
di un patrimonio culturale preesistente. Un fenomeno che,
all’interno del più ampio processo di digitalizzazione
dei media, costituisce la reazione a diversi decenni di comunicazione
a senso unico imposta in primo luogo dalla televisione. La
televisione si sta involvendo perché se non andasse
a solleticare i più bassi istinti dell’uomo con
i suoi programmi “spazzatura” avrebbe perso già
da tempo la battaglia con un mezzo di comunicazione molto
più potente: internet. Più della posta, più
del telefono, più delle riunioni di piazza, internet
può concretizzare l’ideale di intelligenza collettiva
che tanto spaventa i potenti. Conoscenze incomplete e complementari
sparse per il mondo possono istantaneamente generare cultura
compiuta e condivisa. Ogni intervento del singolo sulla rete
aumenta il bagaglio di informazione disponibile, ma soprattutto
concretizza il concetto di interattività che è
per definizione inapplicabile alla televisione. Sulla rete
si può non essere d’accordo con l’idea
dominante, si possono creare maggioranze di pensiero tante
quante sono le discussioni aperte. Non ci sono due greggi
di pecore bianche e nere in contrapposizione. Ma una moltitudine
di individui sottilmente differenti.
Non siamo ingenui e vediamo l’altra faccia della medaglia:
il potenziale del web non è sfuggito all’attenzione
di governi e grandi imprese commerciali che si insinuano nei
grandi portali di informazione cercando di trasformare in
televisione anche il monitor dei nostri computer. Non solo:
il web è un diluvio di informazioni testuali, audio
e fotografiche. Navigare al suo interno non è semplice,
serve esperienza, forse anche una base di cultura classica.
Saper selezionare le fonti e i giusti canali di interazione
è essenziale. E in questo tutti abbiamo ancora molto
da imparare. Cosa c’entra tutto questo con la fotografia?
Fotografia, cinema e televisione sono legati dalla storia
e dallo sviluppo tecnologico. Internet è la reazione
spontanea alla televisione, resa possibile, ancora una volta,
dalla tecnologia digitale. Se la fotografia non si fosse evoluta
al sistema binario probabilmente avrebbe segnato la sua propria
condanna. Al tempo stesso l’immagine digitale nelle
sue varie forme ha reso possibile sviluppare internet così
come è oggi. La fotografia nel suo stadio digitale
è un elemento cardinale dell’attuale rivoluzione
culturale. La nostalgia di nomi e strumenti che passano alla
storia ha motivo di esistere, ma il ruolo sempre più
forte della fotografia ai giorni nostri è ben più
che consolatorio. |