Dura
la vita dei fotografi... Non bastasse il problema dei soldi
in tasca che perdono valore, della rivoluzione tecnologica
e del trauma che ne deriva per chi nasce con la pellicola,
negli ultimi anni si va inasprendo una questione antica, quella
della tutela del diritto all'immagine. Per il nostro ordinamento
giuridico, ognuno è libero di dare o meno il consenso all'esposizione
o alla pubblicazione della riproduzione delle proprie sembianze.
Per tutelare questo diritto, appartenente a quelli della personalità,
esistono diverse norme. Non volendo trasformare questa pagina
in un compendio di diritto, possiamo comunque provare a sintetizzare
i contenuti delle disposizioni che riguardano molto da vicino
tutti i fotografi (ad esclusione degli appassionati di macrofotografia
e dei cultori dell'autoritratto.) e che hanno ripercussioni
non solo sull'uso della fotografia, ma sulla sua stessa realizzazione.
La legge vieta la pubblicazione o l'esposizione dell'immagine
della persona ritratta a meno che questa non abbia prestato
il suo consenso, implicito o esplicito, o che la pubblicazione
o l'esposizione non siano giustificate in uno dei casi previsti.
Le eccezioni previste dalla legge non sono in spregio del
diritto alla riservatezza, ma privilegiano l'esigenza sociale
della conoscenza dell'immagine della persona. Il più noto
è forse il caso della persona famosa, il cui diritto all'immagine
si restringe all'ambito della vita privata, che neanche il
più spregiudicato dei reporter dovrebbe violare. La legge
prevede anche il caso della persona che ricopre un ufficio
pubblico di rilevante importanza, purché l'immagine riguardi
l'esercizio dell'ufficio stesso. Ci sono limiti al diritto
all'immagine anche in presenza di necessità di giustizia o
di polizia (il caso dello scomparso da casa o dell'evaso,
la cui effigie viene affissa su ogni muro e mostrata in tv).
Importante è il caso in cui la pubblicazione dell'immagine
persegue scopi scientifici, didattici o culturali: in questo
caso il diritto all'immagine della persona ritratta si attenua,
ma bisogna prestare attenzione a non allargare troppo l'interpretazione
del concetto di "scopo artistico", anche se a noi fotografi
farebbe molto comodo. Infine, il senso dell'individualità
deve cedere quando la riproduzione dell'immagine è legata
a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o comunque
svoltisi in pubblico. In ogni caso, a sottolineare la differenza
tra il diritto all'immagine e quello all'onore, le eccezioni
previste dalla legge al divieto vengono meno qualora il contesto
della pubblicazione o dell'esposizione rechi pregiudizio al
decoro o alla reputazione del soggetto ritratto. La legge
e le sue poche eccezioni danno luogo a una moltitudine di
combinazioni applicabili ai casi concreti, oggetto di controversie
legali e di approfondimenti di illustri giuristi. Buona parte
dei fotografi è consapevole dei propri doveri inerenti la
fase della pubblicazione, ma lo è molto meno dei propri diritti
nella fase della ripresa. Pochi sanno che la legge non considera
illegittima la semplice registrazione su pellicola o sensore
dell'immagine stessa (salvi i casi in cui si lede comunque
un interesse superiore). Se il ritratto non varca le soglie
della pubblicità, l'ordinamento non ravvisa alcun comportamento
da inibire. Eppure è esperienza diffusa la diffidenza che
si incontra qualora ci si trovi a fotografare in pubblico.
Molti, per il comprensibile timore che il semplice mugugno
della persona inquadrata si trasformi in altro, rinunciano
allo scatto, fatto che, dal nostro punto di vista, è inaccettabile.
I motivi: alla preoccupante ignoranza della legge, peraltro
favorita da un corpo normativo smisurato, si somma l'effetto
dei recenti mutamenti socio-economici, che vedono in internet
e nei suoi abusi (pedopornografia), nell'immigrazione associata
alla clandestinità, nelle odiose misure di controllo e catalogazione
della popolazione (giustificate con la prevenzione del terrorismo)
e nella destabilizzante paura di essere perseguibili per avere
infranto in buona fede almeno una delle leggi vigenti, la
causa di molti "garbati dinieghi" alla ripresa della propria
immagine. Due semplici esempi: provate a fotografare la gente
in un mercato o in un parco pubblico. Vi potreste sentire
in pericolo o, nel caso meno grave, degli spioni pervertiti.
Ancora una volta, le limitazioni alla libertà di espressione
nascono da un'aberrante etica della fotografia e dalla pochezza
della cultura dell'immagine. Una questione su cui i lettori
di FOTO Cult, ne siamo certi, avranno molto da dire. |